Norberto
Bobbio (1909) individua l'originalità del “pacifismo” kantiano
nell'allargamento del discorso giuridico al piano politico: i regimi
democratici nei singoli stati sono la garanzia della pace fra gli stessi stati.
Le considerazioni di Kant non soltanto hanno avuto grande diffusione nel XIX
secolo - come mette in evidenza Bobbio -, ma possono offrire spunti di
riflessione anche ai nostri giorni; si pensi che tutte le guerre di questo
secolo (a partire dai “Quattordici punti” di Wilson durante la Prima guerra
mondiale) hanno avuto giustificazioni etiche (e ideologiche): la difesa della
democrazia contro i totalitarismi.
N.
Bobbio, Prefazione a I. Kant, Per la pace perpetua
Lo
stato dispotico è un bersaglio costante di Kant: lo stato dispotico inteso materialiter
come naturale degenerazione dello stato paternalistico, in cui il sovrano,
cominciando a considerare i suoi sudditi come figli minorenni, finisce spesso
con il trattarli come fossero schiavi; e formaliter come lo stato in
cui, non esistendo alcuna separazione dei poteri e non essendo il potere
esecutivo subordinato a quello legislativo, regna l'arbitrio piú assoluto è e
come tale è quindi una forma di stato opposta allo stato secondo il diritto, o sub
lege, che è invece lo stato ideale di Kant.
Allo
stato dispotico, come forma cattiva di stato, Kant contrappone quindi come
forma buona, la repubblica, intesa come l'antitesi della monarchia, ma anche
come la forma di governo che, applicando il principio della separazione dei
poteri - in particolare del potere esecutivo dal potere legislativo è, evita il
vizio piú grave dello stato dispotico, in cui la volontà pubblica (espressa
dalla legge) viene sostituita dalla volontà privata del sovrano.
A questo
punto non sarà mai sottolineato a sufficienza il rilievo che la critica
antidispotica di Kant assume anche nella formulazione del progetto per la pace
perpetua. ” da questa critica che infatti deriva la tesi piú originale, cui
viene attribuito il rango di “Primo articolo definitivo” del trattato Per la
pace perpetua, che suona cosí: “La costituzione civile di ogni stato
dev'essere repubblicana”, dove per costituzione repubblicana Kant intende in
questo contesto una costituzione fondata sui tre princípi che sono la libertà
dei cittadini (la libertà esterna e la libertà negativa), la dipendenza dei
cittadini da una unica legislazione ispirata all'idea del contratto originario,
e l'uguaglianza (beninteso soltanto formale o giuridica) fra tutti i cittadini.
Questa
tesi rappresenta, per un verso, una ulteriore limitazione dell'estensione del
modello giusnaturalistico dai rapporti fra individui ai rapporti fra gli stati,
in quanto pone una condizione preliminare è assente nel modello è alla
stipulazione dell'accordo, una condizione che riguarda lo status
giuridico degli stessi soggetti dell'accordo: per cui non ogni accordo fra
stati sovrani può condurre al risultato proposto, ma soltanto l'accordo fra
stati sovrani aventi una costituzione tale che già di per se stessa li renda
disponibili al ripudio della guerra; per un altro verso, proprio questa
correzione costituisce una tacita risposta alla critica fondata sulla non
esatta riproduzione del modello, in quanto, se è vero che il patto di pace è
soltanto un pactum societatis tra eguali, cui non segue un ulteriore
patto di soggezione di tutti a un potere superiore, è anche vero che l'accordo
avviene fra stati che per la loro stessa costituzione sono al loro interno meno
proclivi ad avventurarsi in imprese belliche. In uno stato repubblicano,
infatti, in pieno contrasto con lo stato dispotico, accade che laddove è
richiesto l'assenso dei cittadini per decidere l'entrata in guerra “nulla è piú
naturale del fatto che, dovendo decidere di far ricadere su se stessi tutte le
calamità della guerra [...], essi rifletteranno a lungo prima di iniziare un
cosí cattivo gioco”.
Vi
sono varie forme di pacifismo, che si distinguono l'una dall'altra sulla base
del diverso modo con il quale esse spiegano l'origine della guerra. Il pacifismo
di Kant è preliminarmente un pacifismo giuridico, in quanto esso individua la
principale causa delle guerre nello stato di anarchia internazionale, e di
conseguenza affida la loro eliminazione alla istituzione di una comunità
giuridica fra gli stati. L'“idea razionale di una comunità perpetua pacifica
[...] di tutti i popoli della Terra che possono vivere tra loro in rapporti
effettivi” cosí si esprime Kant “non è tanto un principio filantropico (cioè un
principio etico), quanto un principio giuridico”.
Ma
attraverso la richiesta che condizione preliminare per un accordo efficace sia
la forma repubblicana degli stati contraenti, la dottrina kantiana apre la
strada alla corrente del pacifismo politico, che avrà vasta eco lungo tutto il
XIX secolo: secondo questa dottrina, in virtú dello stesso argomento è cioè la
guerra vista come prodotto esclusivo dell'arbitrio e talora del capriccio e
degli interessi dei principi che ne fanno ricadere sui loro sudditi i tristi
effetti -, l'avvento dell'età della pace perpetua, ovvero della fine della
guerra come modo di risolvere le controversie internazionali, dovrebbe
coincidere con la trasformazione degli stati assoluti in stati fondati sul
rispetto della volontà popolare.
(I.
Kant, Per la pace perpetua, Editori Riuniti, Roma, 1992, pagg. xviii-xx)