La preoccupazione di Karl
Friedrich Göschel – massimo esponente della “Destra hegeliana” – è sí quella di
difendere la dottrina del maestro, ma anche e soprattutto quella di mettere in
evidenza l’accordo totale fra la dialettica filosofica e politica di Hegel
(universale/particolare, stato/individuo) con la dialettica cristiana
(Dio/uomo).
K. F. Göschel, Hegel e il suo tempo
1 Tutto è luce poiché tutto è pensiero! La
prima parola della creazione è: Sia la luce! L’oscurità è, essa stessa, solo in
quanto la luce l’ha in sé e sta in connessione con essa: l’oscurità è il nulla
da cui è fatto il mondo, e solo in quanto è il nulla è come il momento
immanente dell’essere.
2 Perciò tutta la filosofia si mostra come
logica, la logica come ontologia, il pensiero come reale, il reale come
pensiero, il noûmenon [l’oggetto intelligibile, il “noumeno”, la “cosa
in sé”] è óntos ón [l’“essenza dell’essere”], mentre il non-reale
consiste nella particolarità separata dalla totalità del pensiero.
3 Ciò che inoltre troviamo come esterno al
pensiero, abbiamo prima e ritroviamo dopo – la Natura e lo Spirito, la
creazione e Dio –, è lo stesso pensiero nei suoi diversi momenti, che, solo in
quanto sono estraniati rispetto all’originaria natura logica, sono come
separati dalla totalità ed integrità del pensiero, dalla connessione logica.
Per questa astrazione logica, che scinde l’uno dall’altro i fluenti momenti del
pensiero e li trasferisce in questa scissione, per questo irrigidimento lo stesso
Dio, Dio anzitutto, è per noi divenuto un particolare per sé, un qualcosa di
scisso, di separato; Dio che, in quanto assoluta individualità, è cosí connesso
con la creazione che questa non c’è senza di lui.
4 Ancora una volta! Tutto è luce poiché
tutto è pensiero. Ciò che non è luce, in quanto è particolare per sé, non è;
anzi si nega, e la negazione della luce è solo in quanto momento della luce,
che non astrae da questa; ma, in quanto ne astrae, non è reale.
5 Per preparare ad una intelligenza fondamentale
della filosofia è, però, necessario, qui, spiegare ancora una cosa, alla quale
non si presterà mai abbastanza attenzione. La filosofia attuale proclama sia
l’identità dell’essere e del pensiero che l’identità della realtà e della
ragione. Ma entrambe le unità sono ancora identiche, cioè, una cosa sola; esse
sono ciò che non bisogna trascurare, diversi gradi della stessa, cioè la
seconda cosa, onde già si è detto che l’una segue dall’altra, di modo che la
seconda già è contenuta nella prima, come nella seconda è contenuta la prima.
6 Che l’essere, comunque sia, appartenga al
pensiero, è propriamente già asserito in ogni giudizio secondo il quale il
particolare non è semplicemente un particolare per sé, bensí è anche un
universale, e tutti e due, attraverso il pensiero, sono congiunti come unità.
Tuttavia non possiamo capire che nelle cose materiali e nelle individualità
spirituali non ci deve essere ancora qualcosa di piú del pensiero, che c’è al
contrario qualcosa di meno – la mancanza della continuità – onde per sé o per
noi pervengono all’impenetrabilità che ripugna al pensiero. Che l’immediato
sentimento in connessione con l’intelligenza sensibile si ribelli, invece, a
questo e [...] dimostri ad oculos [a prima vista, immediatamente]
l’opposto, non prova altro che i momenti del pensiero si dividono e che sono
congelati nella loro continuità, quindi estraniati. In questo rapporto è senza
dubbio, con il mondo del pensiero, intervenuta una alterazione, per la quale
c’è bisogno di una nuova corrente di vita, del potamós [“fiume”], della roé
[“corrente”] di Eraclito, per affrancare la piú impietrita costruzione del
pensiero dalla sua cristallizzazione. In realtà, anche, ogni tempo è percorso
da un oscuro annuncio della redenzione e del riscatto alla luce della verità,
un annuncio che nel Cristianesimo è portato a compimento e trasfigurato nella
verità.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1971, vol. XVIII,
pagg. 701-702)