E certamente uno dei capitoli più famosi e più discussi della
Fenomenologia, nonché del pensiero hegeliano in generale. Nel trattare le
figure del servo e del padrone Hegel ha voluto dare un esempio del movimento
dialettico insito nella coscienza. 'La coscienza è l'assoluta inquietudine
dialettica', aveva affermato; ciò vuol dire che nella sua propria costituzione
e formazione, la coscienza entra in rapporto con se stessa e con altre
coscienze, in un gioco di conflitti e superamento di conflitti che vengono
descritti in termini non psicologici, ma storico-culturali, come descrizione di
figure e momenti della storia dello spirito umano. Nella figura
dell'autocoscienza non è più la conoscenza, ma è la condotta pratica ad essere
oggetto di analisi dialettica. È in tale dimensione che l'individuo avverte
realmente se stesso, come distinzione di sé dagli altri. Ma tale distinzione
avviene anche negli altri. Così, il primo momento di tale processo si manifesta
come lotta, conflitto. Fra due coscienze in lotta prevale quella che sa sfidare
la morte, sa vincere la paura della morte, come ciò che la nega, e riesce,
quindi, proprio attraverso la vittoria sul negativo, a diventare autocoscienza.
L'altra coscienza, invece, che ha avuto timore della morte, che non riesce a
vincere il momento della negazione, non raggiunge lo stadio dell'autocoscienza,
ma resta ferma al livello della coscienza naturale e diviene serva dell'altra,
che s'insignorisce. Il rapporto servo-padrone è una 'lotta per il riconoscimento',
dove ciascuna figura tende ad avere la meglio sull'altra. E dove viene a
capovolgersi, grazie al lavoro, il rapporto di subordinazione del servo al
signore. Ma, nel contesto della Fenomenologia, le raffigurazioni storiche
esprimono - allo stesso tempo - ciò che avviene all'intemo
dell'autocoscienza, riguardano cioè non tanto (o non solo) una lotta di
classi contrapposte, quanto due aspetti della coscienza stessa che si dibatte
fra dipendenza e indipendenza per conquistare la propria libertà. Marx si
servirà delle categorie di servo e padrone - egli veramente parlerà di
salariato e capitalista - per elaborare la dialettica della liberazione del
proletariato.
PISTA DI LETTURA Nella descrizione che Hegel fa del rapporto signore-servo: • il signore dapprima domina il servo, come strumento con cui operare
sulle cose; • il signore, però, si limita a consumare le cose, cioè a negarle,
conseguendo un'autocoscienza immediata, non mediata dal riconoscimento
dell'altro e di sé attraverso l'altro; • il servo, al contrario, nel lavoro acquista consapevolezza di sé,
supera lo stadio della coscienza naturale, conquista un orizzonte superiore
di oggettività, di libertà. |
Il signore è la potenza che domina l'essere, mentre questo essere è la
potenza che pesa sull'altro individuo[i], così, in questa disposizione sillogistica,
il signore ha sotto di sé questo altro individuo. Parimente, il signore si
rapporta alla cosa in guisa mediata, attraverso il servo: anche il
servo, in quanto autocoscienza in genere si riferisce negativamente alla cosa e
la toglie; ma per lui la cosa è in pari tempo indipendente; epperò, col suo
negarla, non potrà mai distruggerla completamente ; ossia il servo col
suo lavoro non fa che trasformarla[ii].
Invece, per tale mediazione, il rapporto immediato diviene al
signore la pura negazione della cosa stessa[iii]:
ossia il godimento; ciò che non riuscì all'appetito, riesce a quest'atto del
godere: esaurire la cosa e acquietarsi nel godimento [...].
Il signore che ha introdotto il servo tra la cosa e se stesso, si
conchiude così soltanto con la dipendenza della cosa, e puramente la gode; peraltro
il lato dell'indipendenza della cosa egli lo abbandona al servo che la elabora[iv].
[...]
Così si e prodotto un riconoscere unilaterale e ineguale. La coscienza inessenziale
è, quindi, per il signore, l'oggetto costituente la verità della certezza di se
stesso. E chiaro, però, che tale oggetto non corrisponde al suo concetto: è
anzi chiaro che proprio là dove il signore ha trovato il suo compimento, gli
è divenuta tutt'altra cosa che una coscienza indipendente[v];
non una tale coscienza è per lui, ma piuttosto una coscienza dipendente: egli
non è, dunque, certo dell' esser-per-sé come verità, anzi la sua verità
è piuttosto la coscienza inessenziale e l'inessenziale operare di essa
medesima. La verità della coscienza indipendente è, di conseguenza,
la coscienza servile[vi].
Questa da prima appare bensì fuori di sé e non come la verità dell'autocoscienza.
Ma come la signoria mostrava che la propria essenza è l'inverso di ciò che la
signoria stessa vuol essere, così la servitù nel proprio compimento diventerà
piuttosto il contrario di ciò ch'essa è immediatamente; essa andrà in se stessa
come coscienza riconcentrata in sé e si volgerà nell'indipendenza vera.
[...] Mediante il lavoro, essa [la coscienza] giunge a se stessa. Nel momento
corrispondente all'appetito nella coscienza del signore, sembrava bensì che
alla coscienza servile toccasse il lato del rapporto inessenziale verso la
cosa, poiché qui la cosa mantiene la sua indipendenza. L'appetito si è
riservata la pura negazione dell'oggetto, e quindi l'intatto sentimento di se
stesso. Ma tale appagamento è esso stesso soltanto un dileguare, perché gli
manca il lato oggettivo o il sussistere. Il lavoro, invece, è
appetito tenuto a freno, è un dileguare trattenuto; ovvero: il lavoro
forma[vii].
Il rapporto negativo verso l'oggetto diventa forma dell'oggetto stesso,
diventa qualcosa che permane; e ciò perché proprio a chi lavora
l'oggetto ha indipendenza. Tale medio negativo o l'operare
formativo costituiscono in pari tempo la singolarità o il puro
essere-per-sé della coscienza che ora, nel lavoro, esce fuori di sé
nell’elemento del permanere: così, quindi, la coscienza che lavora giunge
all’intuizione dell’essere indipendente come di se stessa. […]. Così,
proprio nel lavoro, dove sembrava ch'essa fosse un senso estraneo, la
coscienza, mediante questo ritrovamento di se stessa attraverso se stessa,
diviene senso proprio.
Hegel, Fenomenologia dello spirito, trad. it. di E. De Negri, La
Nuova Italia, Firenze 1973
[i] È appena il caso di sottolineare la complessità e la difficoltà del testo, come d'altra parte di tutta la Fenomenologia , La figura del signore e quella del servo operano, reciprocamente, in modo sia immediato che mediato, Il primo è un rapporto diretto con la cosa, con l'oggetto, e si esplica in forme sensibili, quali il desiderio, l'appetito, Il secondo, invece, è un rapporto riflessivo, pensato, In questa fase, il signore è indipendente, ossia non riconosce il servo e consuma semplicemente il prodotto che questi ha lavorato, Domina la cosa e questa, a sua volta, domina il servo, costretto a lavorarla, Signore _> essere della cosa _> servo: Hegel vede in questo rapporto una specie di sillogismo, mediante il quale il signore giunge a dominare il servo attraverso la cosa, In realtà, non si tratta di deduzione sillogistica, poiché la relazione si configura in modo oppositivo, quindi dialettico, di negazione reciproca dei tre momenti: signore, cosa, servo.
[ii] Ma la vera chiave di volta del
passaggio dialettico sta nella diversa relazione
degli individui con la cosa: è grazie a questa che potrà svilupparsi il
rovesciamento e il superamento di entrambi in una nuova figura, Il servo,
negato dalla cosa, nega a sua volta la cosa, cioè la trasforma mediante il
lavoro, Questa mediazione produttiva, operosa, si traduce in una presa di
coscienza del servo, il quale riconosce se stesso nella propria attività
sulla cosa, È su questa presa di coscienza del produttore attraverso il
lavoro (coscienza di sé, di coloro che si trovano
nella sua stessa condizione e del rapporto con il padrone) che Marx — alcuni
decenni più tardi — costruirà la sua teoria della coscienza di classe del proletariato,
andando ben al di là degli intenti di Hegel.
[iii] Per il signore le cose stanno
diversamente, Mentre il rapporto del servo con la cosa è di mediazione,
cioè è di trasformazione _ attraverso il lavoro _ della cosa che inizialmente
lo negava, nel signore il rapporto con la cosa è di mera immediatezza, di pura
e semplice negazione attraverso il consumo, il godimento, e non di
trasformazione della cosa.
[iv] II signore nega la cosa consumandola,
cancellandola in sé, Un oggetto desiderato e subito consumato, dunque immediatamente
negato, appaga il desiderio, ma non restituisce alcunché a quel movimento del
pensare, Il servo trova, invece, la cosa davanti a sé come realtà indipendente,
si misura con essa, esercita su di essa le proprie capacità e così le scopre a
se stesso, diviene cosciente di se stesso, come soggetto dotato di potenzialità
e autonomia.
[v] Ma, così, la coscienza del signore è tutt'altro che
indipendente, Limitandosi a negare la cosa consumandola, il signore si priva di
quel processo di ogget_tivazione che è necessario per pervenire ad un'autentica
autocoscienza, Mentre prima l'essenziale stava nel prevalere di un individuo
sull'altro e l'inessenziale stava nell'accettare questo dominio _ da parte del
servo _, ora inessenziale è la coscienza del signore, che _ nel suo
parassitismo ozioso _ non comprende ciò che non fa e, per questo, è coscienza
dipendente, dipendente dalla cosa e dal servo stesso, Prima la coscienza
del signore era indipendente, adoperava il servo per far sua e consumare la
cosa (e dipendente era quella del servo); ora, invece, privata del rapporto con
la cosa, essa non è un per_sé, un'autocoscienza, ma un in_sé, una
coscienza in sé chiusa.
[vi] II rapporto si è completamente rovesciato: ora indipendente
(perché autocosciente) è il servo che,
col suo operare, elabora la materia e la forma, anzi la tras_forma
e fa sì che la soggettività divenga forma della cosa, un'oggettività che
permane e che _ come tale _ viene riconosciuta dal servo, dal soggetto, Il
servo trasforma la propria coscienza, superando la "paura della
morte", Il lavoro compiuto sull'oggetto dal servo è comunque un dileguare,
ma trattenuto, poiché egli pensa l'oggetto; il suo, quindi, è anche
un lavoro del concetto e ciò gli consente quella corrispondenza fra senso
estraneo e senso proprio che è sconosciuta al signore.
[vii] La coscienza — attraverso il lavoro _ giunge all'intuizione del suo essere indipendente, della propria singolarità:
l'essere_per_sé; ma affinché questa intuizione divenga ragione,
ossia la certezza di "essere ogni realtà", ha bisogno di superare
altre prove, esemplificate da Hegel nelle figure
storiche dello Stoicismo, dello Scetticismo e della coscienza
infelice.