Kerenyi, Il mitologema

Il mitologema è un materiale mitico che viene continuamente rivisitato, rimodellato e plasmato, come un fiume di immagini senza fine.

 

K. Kerenyi, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, trad. it. A. Brelich, Boringhieri, Torino, 1983,  pagg. 15-17

 

Esiste un materiale particolare che determina l’arte della mitologia: un’antica massa di materiale tramandata in racconti ben conosciuti che tuttavia non escludono ogni ulteriore modellamento, – “mitologema” è per essa il migliore termine greco, – racconti intorno a dèi, esseri divini, lotte di eroi, discese agli inferi. La mitologia è il movimento di questa materia; qualcosa di solido e tuttavia mobile, materiale e tuttavia non statico, bensí suscettibile di trasformazioni.

Il paragone piú appropriato – che io devo sempre ripetere per illustrare quest’aspetto della mitologia – è quello con la musica. Mitologia in quanto arte e mitologia in quanto materiale sono fuse in un unico e identico fenomeno, nella stessa maniera in cui lo sono l’arte del compositore e il suo materiale, il mondo sonoro. L’opera musicale ci mostra l’artista quale plasmatore e nello stesso tempo ci fa vedere il mondo sonoro nell’atto di plasmare se stesso. Nei casi in cui non ci sia in primo piano nessun modellatore di spirito particolarmente eccezionale, come nelle grandi mitologie degli Indî, dei Finni e degli Oceaniani, si può parlare con ancor maggiore ragione di una siffatta relazione; di un’arte cioè che si manifesta nel plasmare e di un particolare materiale che si plasma, come di unità inscindibile di un unico e identico fenomeno.

Il modellamento, nella mitologia, è immaginifico. Scaturisce un fiume di immagini mitologiche. Uno scaturire che nello stesso tempo è un esplicarsi: fissato, come i mitologemi sono fissati nelle sacre tradizioni, esso è una specie di opera d’arte. Vi possono essere diversi sviluppi dello stesso tema fondamentale, uno accanto all’altro o uno dopo l’altro, simili alle diverse variazioni di un tema musicale. Benché, infatti, il flusso stesso si presenti sempre in immagini, il paragone con le opere musicali conserva la sua validità. Sempre, intanto, con opere: vale a dire con qualcosa di obiettivato, qualcosa che è già diventato oggetto autonomo che parla da sé, qualcosa a cui non si rende giustizia con interpretazioni e spiegazioni, bensí tenendolo presente e lasciando che pronunci da sé il proprio senso.

Nel caso di un mitologema autentico questo senso non è una cosa che si possa esprimere altrettanto bene e completamente anche in un linguaggio non mitologico. La mitologia non è soltanto una maniera d’espressione al cui posto si potrebbe sceglierne un’altra, piú semplice e piú comprensibile che tutt’al piú non si sarebbe potuta adottare in quella data epoca perché in quella la mitologia sarebbe stata l’unica maniera d’espressione conforme ai tempi. Conforme o meno conforme ai tempi può essere la mitologia, esattamente come la musica. Vi sono forse epoche che solo in musica possono esprimere la loro piú alta idea. Ma quella piú alta idea è, in questo caso, qualcosa che non potrebbe essere espresso se non, appunto, in musica. Cosí è anche per la mitologia. Come la musica ha anche un aspetto pieno di significato, il quale soddisfa nello stesso modo in cui una totalità piena di significato può soddisfare, cosí succede per ogni mitologema autentico. Se tale significato si traduce cosí difficilmente nel linguaggio della scienza, è appunto perché esso non può venir espresso completamente se non in forma mitologica.

Da quest’aspetto immaginifico-significativo-musicale della mitologia deriva che l’unico giusto modo di comportarsi nei suoi riguardi è quello di lasciar parlare i mitologemi per se stessi e prestar loro semplicemente ascolto. La spiegazione deve rimanere in questo caso sullo stesso piano che occupa la spiegazione di un’opera musicale o, tutt’al piú, poetica. Che questo richieda un particolare “orecchio”, esattamente come occuparsi di musica o di poesia, s’intende da sé. “Orecchio” significa anche qui un vibrar insieme, anzi un espandersi insieme. “Colui che si spande come una sorgente, viene conosciuto dalla conoscenza” (Rainer Maria Rilke). Dove è però la sorgente della mitologia? In noi? Soltanto in noi? Anche al di fuori, o soltanto al di fuori di noi? È questa sorgente che va cercata. Ne troveremo piú facilmente la via se partiremo da un altro aspetto della mitologia, da un suo aspetto che qui va esaminato piú diffusamente di quanto sia stato nei miei lavori precedenti.

 

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. V, pagg. 129-130