Popper
esamina le teorie cospiratorie utilizzate per spiegare certi fenomeni sociali e
ne dimostra l’infondatezza. Egli osserva inoltre che ad “azioni umane
intenzionali” seguono spesso “ripercussioni inintenzionali”.
K. R. Popper, La società aperta e i suoi
nemici, vol. II, trad. it. di D.
Antiseri, Armando, Roma, 1973-1974, pagg. 125-129
Alla fine di chiarire questo punto, illustrerò brevemente una teoria che è largamente condivisa, ma che presuppone quello che considero precisamente il contrario del vero fine delle scienze sociali: quella che chiamo “La teoria cospirativa della società”. Essa consiste nella convinzione che la spiegazione di un fenomeno sociale consista nella scoperta degli uomini o dei gruppi che sono interessati al verificarsi di tale fenomeno (talvolta si tratta di un interesse nascosto che dev'essere prima rivelato) e che hanno progettato e congiurato per promuoverlo.
Questa concezione dei fini delle scienze sociali deriva, naturalmente, dall'erronea teoria che, qualunque cosa avvenga nella società – specialmente avvenimenti come la guerra, la disoccupazione, la povertà, le carestie, che la gente di solito detesta – è il risultato di diretti interventi di alcuni individui e gruppi potenti. Questa teoria ha molti sostenitori ed è anche piú antica dello storicismo (che, come risulta dalla sua forma teistica primitiva, è un derivato della teoria della cospirazione). Nelle sue forme moderne esso è, come lo storicismo moderno e come un certo atteggiamento moderno nei confronti delle “leggi naturali”, il tipico risultato della secolarizzazione di una superstizione religiosa. La credenza negli dèi omerici le cui cospirazioni spiegano la storia della guerra di Troia è morta. Gli dèi sono stati abbandonati. Ma il loro posto è occupato da uomini o gruppi potenti – sinistri gruppi di pressione la cui perversità è responsabile di tutti i mali di cui soffriamo – come i famosi savi di Sion, o i monopolisti, o i capitalisti o gli imperialisti.
Io non intendo affermare, con questo, che di cospirazioni non ne avvengano mai. A1 contrario, esse sono tipici fenomeni sociali. Esse diventano importanti, per esempio, tutte le volte che pervengono al potere persone che credono nella teoria della cospirazione. E persone che credono sinceramente di sapere come si realizza il cielo in terra sono facili quant'altre mai ad adottare la teoria della cospirazione e a impegnarsi in una contro-cospirazione contro inesistenti cospiratori. Infatti la sola spiegazione del fallimento del loro tentativo di realizzare il cielo in terra è l'intenzione malvagia del Demonio che ha tutto l'interesse di mantenere vivo l'inferno.
Cospirazioni avvengono, bisogna ammetterlo. Ma il fatto notevole che, nonostante la loro presenza, smentisce la teoria della cospirazione, è che poche di queste cospirazioni alla fin fine hanno successo. I cospiratori raramente riescono ad attuare la loro cospirazione.
Perché si verifica questo? Perché le realizzazioni differiscono cosí profondamente dalle aspirazioni? Perché ciò è quanto normalmente avviene nella vita sociale, ci siano o non ci siano cospirazioni. La vita sociale non è solo una prova di forza fra gruppi in competizione, ma è anche azione entro una piú o meno elastica o fragile struttura di istituzioni e tradizioni, azione che provoca – a parte qualsiasi contro-azione consapevole – molte reazioni impreviste, e alcune di esse forse anche imprevedibili, in seno a questa struttura.
Cercar di analizzare queste reazioni e di prevederle per quanto possibile è, a mio giudizio, il compito essenziale delle scienze sociali. È il compito di analizzare le inintenzionali ripercussioni sociali delle azioni umane intenzionali, quelle ripercussioni la cui importanza è trascurata sia dalla teoria della cospirazione che dallo psicologismo, come abbiamo già indicato. Un'azione che si attui in piena armonia con l'intenzione non crea problemi per la scienza sociale (a meno che non si imponga la necessità di spiegare perché in quel determinato caso non si siano avute ripercussioni inintenzionali di alcun genere
K. R. Popper, Logica della ricerca e
società aperta, Antologia a cura di D. Antiseri, La Scuola, Brescia, 1989,
pagg. 165-167