Dopo aver
messo in evidenza la dimensione soggettiva della conoscenza, Rosmini conclude
osservando che l’idea dell’essere non proviene dalle sensazioni. Appare
evidente il confronto con la kantiana “rivoluzione copernicana”.
A. Rosmini, Nuovo saggio sull’origine delle
idee
DIMOSTRAZIONE I
CAVATA DAL PRIMO ELEMENTO DELL'IDEA
DELL'ESSERE, CHE COSTITUISCE IL SUO PRIMO CARATTERE, L'OGGETTIVITA'.
4l5. Quando noi pensiamo un ente in universale, od anche qualche ente particolare, allora noi non facciamo che considerare quel dato ente in se stesso, cioè com’egli è.
In tale considerazione non entra alcuna relazione che quell’ente s’abbia con noi, anzi non entra alcuna relazione ch’egli s’abbia con qualsivoglia altra cosa: è una considerazione assoluta.
Questa maniera di percepire le cose come sono in sé, prescindendo al tutto da ciò con cui potessero aver relazione, è comune alle cose tutte che noi possiamo concepire nella mente nostra; noi le percepiamo in tal modo, quasi direi, imparzialmente, tali quali sono, con quei gradi di essere ch’esse hanno. Percependole si fattamente, la formola a cui si può ridurre il nostro pensiero delle medesime, sarebbe: “la tal cosa (che concepisco) ha in tal grado, o modo di esistenza”. L’esistenza è l’unico termine, a cui si riferisce un tale nostro concepimento; e questo termine, a cui ha relazione l’agente da noi sentito, è comune ugualmente a tutti i percepiti, perché tutti li percepiamo e concepiamo come enti, come aventi l’esistenza in tal grado o modo, indicatoci, poniamo, da’ nostri sensi:
4l6. Ora io dico, che tutte le sensazioni nostre sono inette a farci percepire in tal maniera, che è quel percepire, che diciamo oggettivo, carattere del percepire intellettuale.
E per vero, le sensazioni non sono che modificazioni o passioni particolari del nostro composto; il sentito stesso come tale non esiste che relativamente a noi.
Dunque tutto ciò che le sensazioni ci fanno sentire, non può essere che una relazione delle cose esteriori (se ci sono, il che non vogliamo ancora discutere) con noi, una loro potenza di modificarci; ma il subietto di questa potenza, noi non potremmo averlo mai presente come sta in sé, limitandoci alle sensazioni sole: chè l’esistere in sé non è da noi sentito: giacché queste due espressioni, “esistere in sé”, ed “essere sentito”, esprimono concetti contrarî, l’assoluto e il relativo, l’uno de’ quali esclude l’altro direttamente:
In fatti, la mera esistenza in sé di una cosa, non importa ed implica alcuna sensazione prodotta in un’altra cosa: mentre all’incontro la sensazione non racchiude nessun’idea di cosa che esista in sé, ma solamente quella d’una passione nostra e del suo termine.
Dunque le sensazioni non ci possono far percepire la cosa come sta in sé, ma solo in relazione con noi: sensazione non vuol dire che modificazione nostra; idea vuol dire concezione di una cosa che esiste indipendentemente da qualunque modificazione o passione d’altra cosa.
Dunque l’idea dell’essere non è data a noi in verun modo dalle sensazioni.
A Rosmini, Nuovo saggio sull’origine delle
idee, Libraria Editoriale Sodalitas - Centro internazionale di studi
rosminiani, Stresa, riproduzione anastatica in due volumi dell’edizione Intra
del l875-l876, vol. I, pagg. 443-445