ROUSSEAU, IL LEGISLATORE (CONTRATTO SOCIALE)


Libro Secondo - Capitolo VII - Il legislatore

Per scoprire le migliori regole di società, quali possono convenire alle nazioni, sarebbe necessaria un'intelligenza superiore che vedesse tutte le passioni senza provarne alcuna, che non avesse alcun rapporto con la nostra natura pur conoscendola a fondo, che avesse, indipendentemente da noi, una propria felicità e che tuttavia volesse occuparsi della nostra, infine che, nello svolgersi dei tempi potesse lavorare in un secolo e godere in un altro, preparandosi una gloria lontana. Sarebbero necessari degli dèi per dare delle leggi agli uomini. (... )

Colui che osa affrontare l'impresa di dare un ordinamento a un popolo deve sentirsi in grado, per così dire, di cambiare la natura umana, di trasformare ogni individuo (che per se stesso è un tutto perfetto e chiuso) in una parte di un tutto più grande, da cui questo individuo riceva, in qualche modo, la sua vita e la sua stessa essenza, di alterare la costituzione dell'uomo per rafforzarla, di sostituire un'esistenza limitata dall'ordinamento e morale, a quella fisica e indipendente che ciascuno di noi ha ricevuto dalla natura. Bisogna, in breve, che egli riesca a togliere all'uomo le sue forze, per dargliene altre che gli sono estranee e di cui quest'uomo non possa far uso senza il soccorso degli altri. Più le forze naturali sono morte e annichilite, più quelle acquisite sono grandi e durevoli, più l'ordinamento solido e perfetto. In questo modo, se è vero che ogni cittadino di per sé è nulla e nulla può fare se non attraverso tutti gli altri, tuttavia, se la forza acquistata dal tutto è uguale o superiore alla somma delle forze naturali di tutti i singoli individui allora si può dire che la legislazione è arrivata al punto più alto di perfezione che potesse raggiungere.

Il legislatore è, sotto ogni punto di vista, un uomo straordinario nello Stato: se tale deve essere per il suo ingegno, non lo è di meno per il suo ufficio, che non è né magistratura, né sovranità. Infatti tale ufficio, che costituisce la repubblica, non entra assolutamente nella sua costituzione: è una funzione particolare e superiore che non ha nulla in comune con un potere umano, perché se colui che comanda agli uomini non deve comandare alle leggi, neppure colui che comanda alle leggi deve comandare agli uomini, altrimenti le sue leggi, ministre delle sue passioni, non farebbero spesso che perpetuare le sue ingiustizie ed egli non potrebbe mai evitare che dei particolari punti di vista alterassero la santità della sua impresa. (... )


Colui dunque che redige le leggi non ha e non deve avere alcun potere legislativo, anzi il popolo stesso non può, anche se lo volesse, spogliarsi di questo diritto intrasmissibile perché, secondo il patto fondamentale, vi è solo la volontà generale che può obbligare i singoli, tanto più che non si può mai sapere se una volontà particolare d'accordo con la volontà generale, se non dopo averla sottoposta ai liberi suffragi del popolo: (... )



(J. J. Rousseau, Contratto sociale)