Schmitt, Sulla sovranità

Carl Schmitt (1888-1985), filosofo del diritto e dello Stato, pone al centro il problema della legittimità nello Stato moderno che si rivela nelle situazioni di emergenza. Importante è poi la categoria di amico-nemico. Per nemico egli intende l’altro in senso esistenziale e quindi una presenza ineliminabile. Infine egli ha prestato una particolare attenzione al momento della decisione, in quanto è quello che rivela chi veramente detiene il potere.

In questa lettura egli afferma che la sovranità si manifesta in modo chiaro solo negli “stati d’eccezione”, quando si presenta quel tipo di emergenza non prevista dagli ordinamenti.

 

K. Schmitt, Teologia politica, in Le categorie del “politico”, a cura di G. Miglio, e P. Schiera, Il Mulino, Bologna, 1972, pagg. 33-35

 

Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione.

Questa definizione può essere appropriata al concetto di sovranità, solo in quanto questo si assuma come concetto limite. Infatti concetto limite non significa un concetto confuso, come nella terminologia spuria della letteratura popolare, bensí un concetto relativo alla sfera piú esterna. A ciò corrisponde il fatto che la sua definizione non può applicarsi al caso normale, ma a un caso limite. Risulterà dal seguito che qui con stato d’eccezione va inteso un concetto generale della dottrina dello Stato, e non qualsiasi ordinanza d’emergenza o stato d’assedio. Il fatto che lo stato d’eccezione sia eminentemente appropriato alla definizione giuridica della sovranità ha una ragione sistematica, di logica giuridica. Infatti la decisione intorno alla eccezione è decisione in senso eminente, poiché una norma generale, contenuta nell’articolo di legge normalmente vigente, non può mai comprendere un’eccezione assoluta e non può perciò neppure dare fondamento pacificamente alla decisione che ci si trova di fronte a un vero e proprio caso d’eccezione.

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Lo schema astratto che è stato proposto come definizione della sovranità (sovranità è il potere sovrano supremo e non derivato) può essere mantenuto oppure no, senza che ne derivi una grossa differenza di ordine pratico o teorico. In generale non si disputa intorno a un concetto in sé, quanto meno nella storia della sovranità: si disputa intorno al suo concreto impiego, cioè su chi in caso di conflitto decida dove consiste l’interesse pubblico o statale, la sicurezza e l’ordine pubblico, la salut public e cosí via. Il caso d’eccezione, il caso non descritto nell’ordinamento giuridico vigente, può al massimo essere indicato come caso di emergenza esterna, come pericolo per l’esistenza dello Stato o qualcosa di simile, ma non può essere descritto con riferimento alla situazione di fatto. Solo questo caso rende attuale la questione relativa al soggetto della sovranità, che è poi la questione della sovranità stessa. Non si può affermare con chiarezza incontrovertibile quando sussista un caso d’emergenza, né si può descrivere dal punto di vista del contenuto che cosa possa accadere quando realmente si tratta del caso estremo di emergenza e del suo superamento. Tanto il presupposto quanto il contenuto della competenza sono qui necessariamente illimitati. Anzi dal punto di vista dello Stato di diritto non sussiste qui nessuna competenza. La costituzione può al piú indicare chi deve agire in un caso siffatto. Se quest’azione non è sottoposta a nessun controllo, se essa non è ripartita in qualche modo, secondo la prassi della costituzione dello Stato di diritto, fra diverse istanze che si controllano e si bilanciano a vicenda, allora diventa automaticamente chiaro chi è il sovrano. Egli decide tanto sul fatto se sussista il caso estremo di emergenza, quanto sul fatto di che cosa si debba fare per superarlo. Egli sta al di fuori dell’ordinamento giuridico normalmente vigente e tuttavia appartiene a esso poiché a lui tocca la competenza di decidere se la costituzione in toto possa essere sospesa. Tutte le tendenze del moderno sviluppo dello Stato di diritto concorrono a escludere un sovrano di questo senso.

 

Novecento filosofico e scientifico, a cura di A. Negri, Marzorati, Milano, 1991, vol. IV, pagg. 144-145