SCHOPENHAUER, IL NIRVANA
Intendo ora mostrare come dalla sorgente stessa da cui deriva ogni bontà, amore, virtù e nobiltà, abbia origine infine anche quella che io chiamo negazione della volontà di vivere. All'altruista nessun dolore è piú estraneo. Non è piú l'alternarsi del bene e del male nella sua persona ciò ch'egli tiene presente, come avviene degli uomini ancora prigionieri dell'egoismo: tutto invece gli è egualmente vicino. Egli conosce il tutto, ne comprende l'essenza e la trova sempre coinvolta in un perenne trapassare, in un vano aspirare, in un intimo conflitto e in un incessante dolore dovunque guardi, vede l'umanità sofferente e l'animalità sofferente, e un mondo che passa. Ora, come potrebbe egli, con questa conoscenza del mondo, affermare questa vita con continui atti di volontà e legarsi sempre piú strettamente alla vita e stringerla piú forte a sé? Se dunque chi è ancora prigioniero dell'egoismo conosce soltanto cose singole e il loro rapporto con la sua persona, ed esse diventano poi motivi sempre rinnovati del suo desiderio; per l'altro, al contrario, quella cognizione del tutto, dell'essenza delle cose in sé, diventa un quietivo della volontà in generale e in particolare. La volontà si distoglie ormai dalla vita. L'uomo arriva allo stadio della volontaria rinuncia, della rassegnazione, della vera calma, della completa soppressione del volere. La sua volontà muta direzione, non afferma piú la propria essenza rispecchiandosi nel fenomeno, ma la rinnega. Il processo, con cui ciò si manifesta, e il passaggio dalla virtù all'ascesi. A quell'uomo non basta piú amare altri come se stesso e fare per loro quello che fa per sé, ma nasce in lui l'orrore per l'essere di cui è espressione il suo proprio fenomeno, per la volontà di vivere, per il nucleo e l'essenza di quel mondo da lui riconosciuto pieno di dolore. Egli rinnega appunto quest'essenza, che si manifesta in lui e si esprime mediante il suo corpo; il suo agire smentisce ora il suo fenomeno ed entra con esso in aperto conflitto. Egli, che non è se non fenomeno della volontà, cessa di volere, si guarda dall'attaccare il suo volere a qualsiasi cosa, cerca di conquistare in se stesso la massima indifferenza per ogni cosa.
(Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione)