" Dietro ciascuno di questi elementi si nasconde un problema irreale e irrisolto: dietro l'antisemitismo, la questione ebraica; dietro il decadimento dello Stato nazionale, il problema irrisolto di una nuova organizzazione dei popoli; dietro il razzismo, il problema irrisolto di una nuova concezione del genere umano; dietro l'espansionismo fine a sé stesso, il problema irrisolto di riorganizzare un mondo che diventa sempre più piccolo, e che siamo costretti a dividere con popoli la cui storia e le cui tradizioni sono estranee al mondo occidentale. La grande attrazione esercitata dal totalitarismo si fondava sulla convinzione diffusa, e spesso consapevole, che esso fosse in grado di dare una risposta a tali problemi, e potesse quindi adempiere ai compiti della nostra epoca ".
In una serie di lezioni tenute nel 1954 alla "New School for Social Research" di New York, Arendt chiarisce l'immagine della "cristallizzazione", con una dichiarazione metodologica che è assente nelle stesure delle Origini del totalitarismo: " gli elementi del totalitarismo costituiscono le sue origini, purché per origini non si intenda cause. La causalità, cioè il fattore di determinazione di un processo di eventi, in cui un evento sempre ne causa un altro e da esso può essere spiegato, è probabilmente una categoria totalmente estranea e aberrante nel regno delle scienze storiche e politiche. […] Gli elementi divengono l'origine di un evento se e quando si cristallizzano in forme fisse e definite. Allora e solo allora, sarà possibile seguire all'indietro la loro storia. L'evento illumina il suo stesso passato, ma non può mai essere dedotto da esso ".
Gli elementi del totalitarismo : secondo Arendt,
quindi, il totalitarismo è composto da "elementi" che si sono sviluppati
precedentemente e si sono "cristallizzati" in un nuovo fenomeno dopo la prima
guerra mondiale. Questi elementi forniscono la struttura nascosta del
totalitarismo. L'impulso all'espansione senza limiti era nelle sue origini un
fenomeno economico, qualcosa di inerente all'avanzata del capitalismo. Il
capitalismo era impegnato nella trasformazione della proprietà da stabile,
fissa, in una ricchezza mobile; la conseguenza fondamentale di questo processo
fu quella di generare sempre più ricchezza in un processo senza fine. Fino a che
questo rimase un fenomeno puramente economico esso era sì distruttivo, ma non
catastrofico. Il pericolo diventò " la trasformazione di pratiche economiche
in un nuovo tipo di politica della competizione assassina e dell'espansione
senza limiti ". Il significato dell'era imperialista per Arendt è che
l'imperativo di espandersi uscì dalla logica economica e prese forza nelle
istituzioni politiche. Lo stato-nazione fu fortemente messo in crisi
dall'imperialismo. Dove l'imperialismo dà spazio alle forze incontrollabili
dell'espansione e della conquista, lo stato-nazione è un'istituzione creata da
individui, una struttura civilizzata che fornisce un ordine legale e garantisce
diritti, tramite i quali l'individuo può essere legislatore e cittadino. C'è una
profonda tensione tra la nozione di stato come garante di diritti, e l'idea
della nazione come una comunità esclusiva. Fin dalla nascita dello stato-nazione
questo fatto creò difficoltà per gli ebrei: infatti, l'ideale dei diritti umani
non divenne fondamentale se non dopo la prima guerra mondiale, e le conseguenze
di essa sulle minoranze nazionali e le persone senza patria ("displaced
persons"). Il capitolo delle "Origini" sul declino dello stato nazione, spiega
perché ci furono così pochi ostacoli al massacro degli ebrei, e dimostra la
necessità di costruire un nuovo ordine politico che non possa abolire diritti
civili e politici per un gruppo di persone. Quello che il destino delle persone
senza patria ha dimostrato, così sostiene Arendt, è che i diritti umani
universali che sembravano appartenere agli individui, potevano solo essere
reclamati da cittadini di uno stato. Pertanto, per chi era fuori da questa
categoria, i diritti inalienabili della persona erano senza significato. Ne sono
un esempio gli ebrei che, non avendo uno stato in cui identificarsi come popolo,
ed un territorio definito in cui poter vivere, sono stati privati, come apolidi,
del diritto di cittadinanza, e con esso di una tutela giuridica come soggetti di
personalità. Il problema non era quello di godere di un'eguaglianza di fatto
davanti alla legge come persone, ma la negazione del fondamentale diritto umano
e cioè il "diritto di avere diritti", che significa il diritto di appartenere ad
una comunità politica. Arendt sottolinea che il razzismo non è una forma di
nazionalismo, ma, è in diversi modi, il suo opposto. Il nazionalismo genuino è
strettamente legato ad uno specifico territorio e una cultura, e quindi alle
azioni e traguardi raggiunti da particolari esseri umani. La razza, al
contrario, è un criterio biologico, determinato dal territorio e dalla cultura,
e si riferisce a caratteristiche naturali fisiche. Dove le persone sono
identificate per i loro caratteri razziali innati, le differenze individuali e
la responsabilità individuale diventano irrilevanti: una persona semplicemente
agisce come un coro delle caratteristiche razziali di quella specie. Il
determinismo razzista, con la distinzione tra razze superiori e inferiori,
fornisce una perfetta giustificazione per la conquista imperialista e la
sottomissione delle popolazioni native. La plebe è un precedente di quello che
sarà la massa per gli ebrei nel totalitarismo: i suoi rappresentanti sono "senza
mondo" perché hanno perso uno spazio stabile di riferimento, una identità, non
hanno aspettative da condividere con altri, non hanno prospettiva per guardare
il mondo, sono esposti alla manipolazione ideologica, vivono in una condizione
di sradicamento. L'alleanza tra il capitale e la plebe dimostra che il
sottoproletariato può essere facilmente reclutato per commettere atrocità
(Arendt prende come riferimento la descrizione di Conrad in "Cuore di tenebra"):
la plebe era costituita dagli " scarti di tutte le classi e tutti gli
strati ", erano avventurieri e cercatori d'oro asserviti dall'imperialismo,
" scaraventati fuori dalla società ", non credevano in nulla, potevano
anzi indursi a credere a ogni cosa, a qualsiasi cosa. L'irresponsabilità di
questo nuovo strato e la corrispondente ritirata su tutte le questioni morali,
andava di pari passo con la possibilità della trasformazione della democrazia
borghese in un dispotismo: infatti la plebe era un prodotto diretto della
società borghese e quindi non separabile da essa. La spregiudicata politica di
potenza poté essere attuata solo con l'aiuto di una massa di persone prive di
principi morali e perfettamente manipolabili. Nel mondo irreale dell'Africa Nera
non si assassinava un individuo se si uccideva un indigeno, ma un sub-umano, una
larva che suscitava solo il dubbio di appartenere alla stessa comunità umana.
Qui il riferimento alla Shoah è evidente: dove la plebe è servita
all'imperialismo per la sua brama di conquista, così la massa è servita al
totalitarismo per i suoi obiettivi di distruzione degli ebrei. Arendt sostiene
che l'antisemitismo venne usato dal regime nazista come un "amalgamatore" per la
costruzione del totalitarismo, perché esso era legato ad ognuno degli elementi
che aveva identificato. La plebe, che odiava la società, alla quale non
apparteneva più, poté essere facilmente condotta a provare ostilità nei
confronti di un gruppo come gli ebrei che era metà fuori e metà dentro la
società. L'ideologia razzista, in nome della quale i movimenti totalitari erano
mobilitati, aveva bisogno di un equivalente in Europa dei nativi d'Africa, e gli
ebrei erano adatti a tale ruolo. I movimenti totalitari avevano bisogno di
demolire le mura vacillanti dello stato-nazione per edificare nuovi imperi. Gli
ebrei, che avevano consolidato una loro identità senza territorio e uno stato,
apparvero come le uniche persone che, apparentemente, erano già organizzate come
un corpo politico razziale. Gli ebrei si erano disinteressati alla politica e al
potere politico, e questo disinteresse per la politica li aveva portati a non
capire il pericolo enorme che costituiva per loro l'antisemitismo moderno, e la
forza distruttiva che esso veicolava. Gli ebrei scambiarono a torto questo
antisemitismo, che aveva radici economiche, politiche, sociali, religiose e
psicologiche, con il vecchio odio che dall'antichità aveva generato i pogrom.
Nessuno comprese che il problema a questo punto era di tipo politico. Solo
l'uguaglianza giuridica e politica protegge gli individui e le nazionalità da
discriminazioni e persecuzioni. Promulgando le leggi razziali di Norimberga, i
nazisti crearono una "razza" perché crearono un gruppo d'uomini privi di diritti
e differenti sul piano giuridico. L'antisemitismo del Novecento ha sostituito
all'odio religioso di altri tempi il rifiuto della differenza, il rifiuto di
accordare il rispetto all'altro per le sue stesse caratteristiche. E tale
rifiuto si maschera dietro il rispetto della normalità, dietro il conformismo,
ma può arrivare fino al caso estremo della difesa biologica della razza.