I CAVALIERI
di Aristofane
traduzione di Ettore Romagnoli
VERSIONE ELETTRONICA - PER I NON VEDENTI - CURATA DA AMEDEO MARCHINI
PERSONAGGI DELLA COMMEDIA:
DUE SERVI di Popolo
IL PAFLAGONE, altro servo di Popolo
VINCIPIAZZA, salsicciaio
CORO di CAVALIERI ATENIESI
POPOLO, vecchio bisbetico
UN GIOVINETTO e DUE RAGAZZE, personaggi muti
L'orchestra rappresenta la Pnice. In fondo, la casa di Popolo,
con una frasca d'olivo sopra la porta. Ne esce, gemendo e
stropicciandosi le costole, un servo.
PROLOGO
SERVO A
Poveri noi, che guai, poveri noi!
Mandino i Numi un accidente a quella
birba d'un Paflagone comperato
ultimamente e a tutti i suoi consigli!
Dal dí che s'è ficcato in questa casa,
da mane a sera appioppa botte ai servi!
SERVO B (Raggiunge il compagno)
Un accidente a secco, a questa schiuma
dei Paflagoni, ed alle sue calunnie!
SERVO A
Come stai, poveraccio?
SERVO B
Come te: male!
SERVO A
Vieni qui, allora, e si piagnucola
un duetto di flauti sopra un'aria
d'Olimpo!
I SERVI (A due)
Uh uh, uh uh, uh uh, uh uuuh!...
SERVO A
Che sugo c'è, a guaire? Oh non è meglio
cercare qualche scappatoia, senza
stare a fiottare?
SERVO B
Già: ma ce ne sono?
SERVO A
Dillo tu!
SERVO B
Dillo tu, che cosí s'evita
la discussione!
SERVO A
Io, per Apollo, no!
SERVO B (Tragico)
Deh, che non dici tu quel ch'io dir deggio!
SERVO A
Animo, parla! E poi dico la mia!
SERVO B
Se non trovo lo spunto! Oh come mai
dirla con sottigliezza euripidesca?
SERVO A
Non mi parlar, non mi parlar di cavoli!
Trova piuttosto un modo di svignarcela!
SERVO B
Di': bat-ti-am, cosí, sillaba a sillaba.
SERVO A
Ecco qua: bat-ti-am.
SERVO B
Adesso, aggiungi,
un: ce-la, al battiam.
SERVO A
Ce-la.
SERVO B
D'incanto!
Come chi se lo mena, di' pian piano
battiam prima, poi cela, e poi crescendo...
SERVO A
Battiam, cela, battiam-cela, battiamcela!
SERVO B
Eh! Non c'è gusto?
SERVO A
Altro, per Giove! Solo
questo gioco mi sa di mal augurio
per la mia pelle!
SERVO B
E perché mai?
SERVO A
Perché
chi se lo mena, spesso se lo sbuccia!
SERVO B (Tragico)
Null'altro omai che prosternarci innanzi
agli idoli dei Numi a noi piú resta!
SERVO A
Che idoli di Numi? Oh che davvero
ci credi, ai Numi?
SERVO B
Io sí!
SERVO A
Che prove n'hai?
SERVO B
Che sono in odio ai Numi! È prova, questa?
SERVO A
Sí, m'hai convinto! Ma badiamo ad altro.
Vuoi che il soggetto agli uditori esponga?
SERVO B
Non è brutta, l'idea. Solo una cosa
chiediamo a loro, che ci lascin leggere
sui loro volti, se son soddisfatti
delle nostre parole e dell'azione.
SERVO A
Dunque, dirò. Noi due s'ha per padrone
uno zotico strano un mangiafave
irascibile: Popolo pniciano,
vecchiettino bisbetico e sordastro.
Questi, lo scorso mese, comperò
un servo, il conciapelli Paflagone,
furbo e calunniator quant'altri mai.
Costui, capíti i deboli del vecchio,
da bravo cuoiopaflagon, si fece
sotto al padrone, e cominciò a lisciarlo,
adularlo, ciurmarlo con limbelli
di cuoio putrefatto. E gli diceva:
«Discussa appena una sol causa, oh Popolo
fa' il bagno, sgrana, succhia, rodi, intasca
i tre oboli. Vuoi che t'ammannisca
la cena?» Ed arraffato ciò che aveva
apparecchiato qualcuno di noi,
se ne faceva bello col padrone,
il Paflagone! E non è molto, quando
ebbi impastata in una pila quella
pizza spartana, questo fior di birba
mi mise in mezzo, me la prese, e offrí
lui quello che impastato avevo io!
E noi ci scaccia, e non lascia che altri
serva il padrone; e mentre questi pranza,
gli sta vicino, e scaccia... gli oratori
con una sferza di cuoio; e gli recita
degli oracoli: il vecchio ne va in estasi!
Quando poi te lo vede incitrullito,
fa il suo mestiere; e a furia di menzogne
calunnia quei di casa; e poi la frusta
tocca a noialtri! - Il Paflagone gira
a interrogare i servi, li sgomenta,
scrocca regali con discorsi simili:
«Bosco, per me, vedete, s'è buscata
la frusta! O m'obbedite, o siete fritti
oggi stesso!» - E noi diamo. E se non diamo,
sotto i piedi del vecchio ci conviene
otto volte cacar quanto si mangia!
(Al compagno)
Dunque svelti, cerchiamo, amico mio,
verso qual via dobbiamo, a chi rivolgerci!
SERVO B
La via migliore è quella di battiamcela,
amico mio!
SERVO A
Ma come vuoi che sfugga
al Paflagone checchessia! Costui
ha l'occhio dappertutto; e tien le gambe
questa in Pilo, quell'altra in assemblea.
E mentre fa questo po' po' di sconcio,
il culo suo sta giusto fra i Caòni,
in Etolia le mani, e fra i Clopídi
la mente!
SERVO B
E allora, non ci resta altro
che morire!
SERVO A
E tu cerca la piú eroica
maniera di morire!
SERVO B
La piú eroica...
La maniera piú eroica qual è?...
Per noi la meglio è ber sangue di toro!
La fine di Temistocle non è
preferibile a tutte?
SERVO A
No, perdio!
Vuol essere vin pretto, del buon Dèmone!
SERVO B
Ecco il vin pretto! Solo a bere, pensi!
SERVO A
Ci verrà forse qualche buona idea!
SERVO B
Che buone idee può avere un ubbriaco?
SERVO A
Davvero, eh, coso? Annacquaticcio, ch'altro
non sei! Tu ardisci dir che il vino ottunde
l'intelligenza? E dove trovi cosa
piú efficace del vino? Vedi un po'
gli uomini: quando cioncano, son ricchi,
sfondano in tutto, vincono le cause,
sono beati, aiutano gli amici!
Su', entra, svelto, e recamene un gotto,
che annaffi il mio cervello, e dica poi
qualche cosa di buono!
SERVO B
Ahi, col tuo bere,
come andremo a finire!
SERVO A
Bene!... Eh sbrigati!
(Servo B via)
Frattanto io mi sdraierò! - Poi, quando
avrò bevuto, spruzzerò per tutto
consigliucci, ideucce, opinionucce.
SERVO B (Torna)
Oh che fortuna, che a rubare il vino
l'ho fatta franca!
SERVO A
E dimmi, il Paflagone
che cosa fa?
SERVO B
Pappatesi le pizze
confiscate, briaco, a pancia all'aria,
russa sopra il suo cuoio! Ah, iettatore!
SERVO A
Su', di quel pretto, mescimi; e di buona
misura!
SERVO B
Piglia! Libala al buon Dèmone!
SERVO A (Beve, e porge di nuovo la tazza)
Già, già, quella del Dèmone di Prammo!
(Beve, e dopo un istante scatta su, battendosi la fronte)
È tua l'idea, buon Dèmone, non mia!
SERVO B
Che idea, dimmi, di grazia?
SERVO A
Entra alla svelta,
e mentre dorme, il Paflagone, portagli
via gli oracoli, e recameli!
SERVO B
Bene!
Solo ho paura che per me il buon Dèmone
si converta in maligno.
(Entra)
SERVO A
Animo, io faccio
da coppiere a me stesso!
(Mesce e trinca. Torna correndo il Servo B)
SERVO B
Ah, come se la
russa e spetezza, il Paflagone! Immagina
che ho potuto rubargli il sacro oracolo
che custodiva sí gelosamente,
senza che se n'addasse!
SERVO A
Oh talentone!
Dà qui, che legga! E tu versa da bere.
Sbrígati via! - Vediamo un po' che c'è,
che profezie... Dà, dà presto il bicchiere.
SERVO B
Ecco... E la profezia che dice?
SERVO A (Scorrendo cogli occhi i responsi)
Versane un altro!
SERVO B
Nella profezia c'è scritto
versane un altro?
SERVO A
Oh Bàcide!
SERVO B
Che c'è?
SERVO A
Svelto, il bicchiere a me!
SERVO B
Ci ricorreva
spesso, al bicchiere, Bàcide!
SERVO A
Ah, canaglia
d'un Paflagone, ecco perché da un pezzo
stavi in guardia! Temevi quest'oracolo
sul tuo conto!
SERVO B
Perche?
SERVO A
Perché c'è scritto
com'egli andrà in rovina!
SERVO B
E come?
SERVO A
Come?
Quest'oracolo dice a chiare note
ch'evvi uno spacciastoppa da principio,
che primo reggerà la cosa pubblica.
SERVO B
Ecco uno spaccia! E che c'è, dopo? Parla!
SERVO A
Viene uno spacciapecore, secondo.
SERVO B
E due spaccia. E quest'altro che farà?
SERVO A
Comanderà, sino che giunga un tòmo
piú schifoso di lui. E allora è fritto:
ché sopraggiunge il Paflagone, spaccia-
cuoio, ladro, strillone, fragoroso
peggio del Cicloboro.
SERVO B
È necessario,
di', che lo spacciapecore soccomba
allo spacciapellame?
SERVO A
E sí, perdio!
SERVO B
Povero me! Dove lo pesco un altro
spaccia, uno solo?
SERVO A
Ce n'è ancora un altro,
con un'arte magnifica!
SERVO B
Ti prego,
dimmi, chi è?
SERVO A
Lo dico?
SERVO B
Dillo!
SERVO A
Uno spacciasalsicce lo torrà di mezzo!
SERVO B
Uno spacciasalsicce! Dio del mare,
che razza d'arte! E dove lo peschiamo
quest'uomo, di'?
SERVO A
Cerchiamolo!
(Dalla pàrodos di sinistra sbuca un uomo vestito
da infimo mercatino, con sul capo un tagliere pieno di salsicce)
SERVO B
Toh! Eccolo
che giunge in piazza, come per miracolo!
SERVO A
Oh salsicciaio avventurato, qui,
sali qui, tu che appari salvatore
nostro e d'Atene, amore bello!
SALSICCIAIO
Che c'è?
Perché mi chiamate?
SERVO A
Vieni qui,
senti quanto sei caro alla fortuna,
quanto è grande la tua felicità!
SERVO B
Presto, il tagliere levagli dal capo,
e spiegagli l'oracolo del Nume.
Io vado a sorvegliare il Paflagone.
(Entra)
SERVO A
Via, tu gli attrezzi prima a terra posa,
quindi bacia la terra, e i Numi adora!
SALSICCIAIO (Eseguisce)
Ecco. E con questo?
SERVO A
Oh beato! Oh riccone!
Oh nulla oggi, e diman pezzo grossissimo!
Oh dei felici Ateniesi duce...
SALSICCIAIO
Ma perché non mi lasci, galantuomo,
lavar la trippa e vender le salsicce,
e invece mi canzoni?
SERVO A
Oh che baggiano!
Altro che trippa! Guarda qui. Le vedi
queste file di popolo?
(Accenna verso il pubblico)
SALSICCIAIO
Le vedo.
SERVO A
Condottier tu sarai di tutti questi,
della piazza, dei porti, della Pnice,
il Senato terrai sotto le zampe,
ai generali spezzerai le corna,
li metterai fra i ceppi e terrai d'occhio,
fornicherai nel Pritanèo...
SALSICCIAIO
Io?
SERVO A
Tu
in persona! Né ancora hai visto tutto!
Sali sul tuo tagliere, e guarda un po'
l'isole in giro tutte quante.
SALSICCIAIO
Guardo!
SERVO A
Anche i barconi e i magazzini?
SALSICCIAIO
Sí!
SERVO A
E poi di' che non hai grande fortuna!
Qui volgi ancora l'occhio dritto, verso
la Caria, e l'altro lí, verso Carcèdone...
SALSICCIAIO (Tentando di eseguire l'invito, con lazzo buffonesco)
Eh sí, sai che fortuna, se mi sguercio!
SERVO A
Non è cosí! Di tutta questa roba
farai tu mercimonio! E diverrai,
come dice l'oracolo, un grand'uomo!
SALSICCIAIO
Mi dici come diverrò grand'uomo,
io che son salsicciaio?
SERVO A
Diverrai
perciò appunto grand'uomo! Perché sei
piazzaiuolo furfante e temerario!
SALSICCIAIO
Io non mi stimo degno del potere!
SERVO A
Povero me, perché non te ne stimi
degno? Ti riconosci qualche buona
qualità? Me n'hai l'aria! Sei di buona
famiglia?
SALSICCIAIO
Per gli Dei, no, di gentaglia!
SERVO A
Felice te, che sorte! Che gran numero
per la vita politica!
SALSICCIAIO
Brav'uomo,
non ho punto istruzione! Appena appena
so l'alfabeto, e anche questo alla peggio!
SERVO A
È questo il solo guaio, che, sia pure
alla peggio, lo sai! Guidare il popolo
non è piú cosa per un uomo culto
né costumato, ma per un bestione,
per un lezzone! Ah! non respinger quanto
t'offron gli Dei, secondo quest'oracolo!
SALSICCIAIO
E l'oracolo, proprio, come dice?
SERVO A
Affé dei Numi, è un bell'indovinello,
tutto complicazione e sottigliezza!
(Legge)
Allor che aduncartigli un'aquila acciuffi di cuoio
col suo rostro un baggiano dragon bevitore di sangue,
allora la Paflagonia sarà salamoia spacciata,
ed alta gloria il Nume concede ai mercanti di trippa,
se pur non preferiscono vendere ancor salsicciotti!
SALSICCIAIO
E questo, come mi riguarda? Spiegamelo!
SERVO A
Il Paflagone è l'aquila di cuoio...
SALSICCIAIO
E perché aduncartigli?
SERVO A
Perché appunto
e mani adunche egli ha, per arraffare!
SALSICCIAIO
E il dragone che c'entra?
SERVO A
È chiara, questa,
piú del sole! Il dragone è un coso lungo,
e un coso lungo è il salsicciotto; e sangue
ne bevono dragone e salsicciotto.
Dunque, dice l'oracolo, il dragone
ha bell'e vinto l'aquila di cuoio,
se non si lascia impastocchiare a chiacchiere.
SALSICCIAIO
Mi solletica, questa profezia!
Ma mi stupisco d'essere capace
d'amministrare il comune!
SERVO A
Se è
cosa da nulla! Fa' quel ch'ora fai!
Tutti gli affari intruglia insieme, insaccali,
aggrazia sempre il popolo, da bravo
cuoco, con belle paroline, e tiralo
dalla tua. Tutto il resto lo possiedi,
del demagogo! Hai voce sgangherata,
sei nato male, sei di piazza! Hai tutto
quel che ci vuole a reggere il governo!
E l'oracolo pizio ed i responsi
sono anch'essi d'accordo. Oh via, corónati,
liba a Balordo, e fa' fronte a quell'uomo!
SALSICCIAIO
E poi chi avrò per alleato? I ricchi
lo temono, la gente poveretta
se la fa sotto!
SERVO A
Ma ci son mille uomini
da bene, i Cavalieri, che lo aborrono,
e ti daranno aiuto; e i cittadini
come si deve; ed ogni spettatore
ch'abbia giudizio; ed io con essi; e un Dio
man forte ti darà! Niente paura!
Tanto non c'è l'effigie sua! Nessuno
dei mascherai non l'ha voluta fare,
per paura. Ma già, lo riconoscono
ad ogni modo: eh, non è grullo, il pubblico!
SALSICCIAIO (Guardando verso la pàrodos)
Povero me, vien fuori il Paflagone!
PAFLAGONE (Irrompe sulla scena, e urla)
No, pei dodici Numi, non v'andrà
liscia! È un bel pezzo che tramate contro
Popolo! - Che ci fa questo bicchiere
di Calcide? Già, c'è da domandarlo?
Subornerete i Calcidesi! Siete
morti, fior di canaglie, sterminati!
(Dopo questo crescendo, terminato da urli altissimi
il salsicciaio scappa. Lo trattiene il Servo A)
SERVO A
Che scappi, ehi! Fermo! Oh salsicciaio esimio,
non tradir gl'interessi del paese!
[Si volge alla pàrodos di destra]
Al soccorso, o Cavalieri, qui correte! L'ora è giunta!
Avanzate, tu Panezio, tu Simon, la destra punta!
(Al Salsicciaio)
Già ci sono! - Sú, rivolgiti, fagli fronte, tieni duro!
Vedi lí che polverone! Son vicini di sicuro!
Sú, rintuzzane l'attacco - fa' ch'ei debba alzare il tacco!
PARODOS
PRIMO SEMICORO DI CAVALIERI (Irrompendo e lanciandosi contro il Paflagone):
Al furfante! Dàlli, dàlli! - Spauracchio dei cavalli,
pubblicano, abisso e vortice di rapina, e gran furfante
gran furfante! Tante volte glie lo vo' ripeter quante
ogni dí, da mane a sera, da furfante il birbo adopra!
Sú, sgomentalo, scompiglialo, dàgli busse, stagli sopra,
se non men di noi lo aborri, non lasciarlo, strilla e bada
che non t'abbia a uscir di mano! Troppo bene ei sa la strada
che diritta Èucrate in salvo conduceva fra la crusca!
(Fuggendo innanzi all'attacco, il Paflagone compie di corsa il giro
dell'orchestra, e, giunto alla pàrodos sinistra, ad alta voce chiede
soccorso)
PAFLAGONE
O eliasti, che, colleghi, del triobolo ite in busca,
Voi che sempre, a dritto o a torto, co' miei strilli ho mantenuto,
or mi picchia questa gente congiurata! Aiuto, aiuto!
(Invece degli eliasti sbuca dalla pàrodos il Secondo semicoro di
Cavalieri)
SECONDO SEMICORO DI CAVALIERI (Si lancia sul Paflagone)
Troppo giusto! I beni pubblici pria che vengano spartiti
tu divori. E come fichi palpi, strizzi co' tuoi diti
quanti debban render conti, per sentir quale è maturo,
quale acerbo. A bocca aperta vedi un uom viver securo?
Tu lo fai dal Chersoneso qui venire, e, a mezzo stretto,
gli fai l'àncora, lo spalli, lo finisci col gambetto!
E chi cuore abbia di pecora sai cercar fra i cittadini,
chi di brighe s'impaüri, non sia birba, abbia quattrini!
PAFLAGONE (Stretto fra i due Semicori, rimane un istante
avvilito e interdetto. Poi, con súbita baldanza)
Anche voi mi siete contro? Io per voi busco percosse!
Ero proprio per dir quanto in Atene giusto fosse
innalzare un monumento che il valor vostro ricordi!
SECONDO SEMICORO
Ah, girella, ah, ciurmatore! Ei ci tien vecchi balordi,
che s'insinüa, pretende darci polvere negli occhi!
Ma se sfondi da quel lato, tu da questo già ne tocchi!
(Lo picchiano: il Paflagone si lancia verso il Primo semicoro)
PRIMO SEMICORO
Se qui appoggia, le sue corna spezzerà contro i miei piedi!
(Gli tirano calci nel ventre)
PAFLAGONE
Da che belve ho pesto il ventre! Città, Popolo, non vedi?
CORO
Strilli ancor? Già, con tal arma la città tieni ognor sotto!
PAFLAGONE
Ed in fuga te con questi strilli miei porrò di botto!
CORO (Spingendo avanti il Salsicciaio)
Se costui tu vinci ad urli, a te il plaüso; se mostra
egli invece sfacciataggine piú di te, la palma è nostra!
(I coreuti si ritraggono, e rimangono a fronte i due rivali)
PAFLAGONE (Squadra il nemico, e vede la sua merce)
Io quest'uomo a voi denunzio, e ch'esercita vi dico
contrabbando di budelli con la flotta del nemico!
SALSICCIAIO
Ed io lui, che al Pritanèo va di corsa a pancia vuota,
e, per Giove, a buzzo teso, n'esce, dopo!
CORO
È cosa nota!
E vivande proibite poi sgraffigna quando n'esce,
quali mai non ebbe Pericle, pan buffetto, e carne, e pesce!
PAFLAGONE (Urlando)
Preparatevi alla morte!
SALSICCIAIO (Tonando)
So tre volte urlar piú forte!
PAFLAGONE
Strillo, e a strilli ben ti supero!
SALSICCIAIO
Urlo, e ad urli ben t'aggiusto!
PAFLAGONE
Ti fan duce? Io ti vitupero!
SALSICCIAIO
La tua groppa a sangue io frusto!
PAFLAGONE
Io ti scalzo a ciurmerie!
SALSICCIAIO
Tutte io sbarro a te le vie!
PAFLAGONE
Su me fisso appunta il ciglio!
SALSICCIAIO
Della piazza anch'io son figlio!
PAFLAGONE
Fa' un grugnito, ed io ti sperdo!
SALSICCIAIO
Fiata solo, ed io ti smerdo!
PAFLAGONE
Rubo, e il dico io! Tu, dimani!
SALSICCIAIO
Per Ermète iddio dei ciani,
altro! E poi, còlto sul fatto,
so ben io come si nega!
PAFLAGONE
Ferri son d'altrui bottega!
Ti denuncio ora ai Pritani
perché pigli le budella
sacre ai Numi di soppiatto,
e non paghi la gabella!
CORO Strofe A
Empio, sozzo, strillone, pieno è il paese intero
e l'assemblea di tua temerità,
e ogni ufficio e gabella e dicastero!
Tu che smuovi il motriglio, che la nostra città
tutta hai posta a scompiglio,
che assordata Atene nostra hai con gli urli, e sopra il sasso
della Pnice, come tonni i tributi aspetti al passo!
PAFLAGONE
Con la suola delle scarpe, questo intrigo s'apparecchia!
SALSICCIAIO
Già, sei pratico di suole, tu, come io della busecchia!
Ai bifolchi ritagliavi suole tu del peggior bue,
in tralice, che sembrassero spesse bene. E crescean due
buoni palmi, dopo averle solo un dí portate in giro!
SERVO A
Sí, per Giove, me l'ha fatto pure a me codesto tiro!
Ed amici e borghigiani de' miei fatti ebber sollazzo:
ché pria d'essere a Pergàse nelle scarpe andavo a guazzo!
CORO Strofe B
Tu pria dell'impudenza hai dato esempio,
la qual patrona agli oratori è sola!
Su lei fidi, e, avendo il mestolo, gli stranier' piú ricchi spolpi;
e d'Ippòdamo il rampollo - guarda, e il pianto giú gli cola.
Ma poi che un uomo assai di te piú empio
apparve, io mi consolo!
Ei ti vince, ti sorpassa, già s'è visto ai primi colpi,
in impudenza, in arti da birba, e nel mestiere
di darla a bere!
(Al salsicciaio)
Tu, cresciuto ove crebbe la gente ora potente,
mostra che l'esser culto oggi non dice niente.
SALSICCIAIO (Afferrando Paflagone)
Sentite un po' che razza di cittadino è questo...
PAFLAGONE (Divincolandosi)
Neppur ora mi lasci?
SALSICCIAIO
No, perdio! Mi protesto
ancor io mascalzone!
CORO
Di', se non basta ciò,
figlio di mascalzoni.
PAFLAGONE
Mi vuoi lasciare?
SALSICCIAIO
No, per Giove!
PAFLAGONE
Sí, per Giove!
SALSICCIAIO
No, per il Dio del mare!
E prima vo' discutere chi primo abbia a parlare.
PAFLAGONE
Pover'a me, che scoppio!
SALSICCIAIO
Non lo permetterei!
CORO
Sí lascialo, sí lascialo che scòppi, per gli Dei!
PAFLAGONE
Di starmi a petto a chiacchiere, dimmi, come hai lusinga?
SALSICCIAIO
Tanto è far sanguinacci, per me, quanto un arringa!
PAFLAGONE
Senti un'arringa! Certo, se càpiti un affare,
ne saprai molto bene far carne da insaccare!
T'avviene, se non sbaglio, come a tant'altra gente.
Avrai vinto a un metèco un processo da niente,
a furia di far prove, borbottar sino a giorno,
bevere acqua, parlare da solo andando attorno,
mettere alla tortura gli amici. Ed in tal modo
ti credesti oratore! Eh, ti sei fitto un chiodo!
SALSICCIAIO
E tu, che beveraggio t'ha fatto sí loquace,
che da te, da te solo stregata, Atene tace?
PAFLAGONE
Puoi contrappormi altr'uomo? Il tonno a tòcchi inghiotto
mentre bolle, ci trinco su di vin pretto un gotto,
e i generali in Pilo come bagasce inforco!
SALSICCIAIO
Se di bove un ventricolo, se una trippa di porco
sgretolo, ed il guazzetto succio con le man' sozze,
Nicia sgomento, e tappo agli orator' le strozze!
SERVO A
Tutto bene! Una sola cosa non mi va giú:
che il sugo degli affari sorbir vuoi solo tu.
PAFLAGONE
Porrai, nutrito a pesci, i Milesi alle strette?
SALSICCIAIO
No! Comprerò miniere, nutrito a costolette!
PAFLAGONE
Ora piombo in Senato, e lo pongo a sconquasso!
SALSICCIAIO
Io come una busecchia il culo ti tartasso!
PAFLAGONE
Io, pel culo afferrandoti, fuori ti scaravento!
(Lo acciuffa)
CORO (Lanciandosi alla difesa)
Dovrai fare a me pure lo stesso trattamento!
PAFLAGONE
Come nei ceppi ti voglio stretto!
SALSICCIAIO
Io ti denunzio come vigliacco!
PAFLAGONE
Concio il tuo cuoio sul cavalletto!
SALSICCIAIO
Col tuo, pei ladri fabbrico un sacco!
PAFLAGONE
Con un piòlo - t'inchiodo al suolo!
SALSICCIAIO
Della tua ciccia - ne fo salsiccia!
PAFLAGONE
Le sopracciglia ti strapperò!
SALSICCIAIO
Il gozzo pieno ti segherò!
SERVO A
Sí! Poi cacciamogli, per Giove, ad uso
dei bravi cuochi, fuori la lingua
un pal ficchiamogli nel gorgozzúl:
sí che, mentr'egli col becco schiuso
sta, da brav'òmo, ben si distingua
se panicato fosse... nel cul!
CORO Antistrofe A
C'è qualcosa in Atene che arde piú del fuoco,
ch'è piú sfrontato della sfrontatezza!
Né si trattava di cosa da poco!
(Volto al Salsicciaio)
Incalza, avvolgi, va' - proprio in fondo, ché a mezza
vita l'hai stretto già!
Ché se adesso macerarlo tu potessi al primo attacco,
troveresti, i suoi costumi ben conosco, un gran vigliacco!
SALSICCIAIO
L'arti sue furono, tutta la sua vita, ognor le stesse:
figurava da grand'uomo raccogliendo l'altrui messe.
E sui ceppi, ché divengano secche bene, ora ha legato
quelle spighe, prese a Pilo: ché ne vuol fare mercato.
PAFLAGONE
Fino a tanto che il Senato resta in piedi, io non vi temo,
finché Popolo vi siede con quel suo grugno scemo!
CORO Antistrofe B
Oh, come in tutto spudorato ei pare,
né del suo viso muta il color primo!
A Cratino, s'io non t'odio, vo' servire da giaciglio,
vo' cantare da corista in un dramma di Morsímo!
Tu che sui fior' di sbruffo in ogni affare
svolazzi!, oh possa recere
il boccone a cui sí facile ti riusciva dar di piglio.
Allor canterai: «Bevi, bevi pel lieto evento!»
E a cuor contento
il vecchio giulidese appaltator del gran,
canterebbe, io mi penso: Bacco Bacco! Io Peàn!
PAFLAGONE
No, per il Dio del mare, vincermi in impudenza
non potrete; o ch'io sempre rimaner debba senza
scroccare ai sacrifizi di Giove sul mercato!
SALSICCIAIO
Pei pugni che, ragazzo, tanti ho tanto buscato,
pei colpi di coltello, a tal giuoco io la spunto!
Non per nulla a molliche nutrito di pane unto,
divenni un tomo símile!
PAFLAGONE
Molliche, come ai cani?
Di tal cibo canino pasciuto, osi alle mani
venir col Cinocèfalo, schiuma dei mascalzoni?
SALSICCIAIO
Eh, da ragazzo ho fatto tiri ben piú birboni!
Senti codesto: i cuochi gabbavo in tal maniera:
«Oh ragazzi, guardate! Vedete? È primavera!
La rondinella!» - Quelli, su' gli occhi; e in questo mezzo
sgraffignavo la carne!
CORO (Con ammirazione)
Pensata fina, o pezzo
di furbaccio! Facevi come chi coglie ortica:
prevenivi l'arrivo delle rondini!
SALSICCIAIO
E mica
mi ci lasciavo prendere! Se mai, còlto sul fatto,
stringevo fra le chiappe quanto avevo sottratto,
e negavo, attestando gli Dei. Poi che mi scòrse
far questo, un oratore ebbe a dir: «Senza forse
questo ragazzo il popolo dirigerà!»
SERVO A
Ci diede!
Ma donde quel prognostico traeva, ben si vede!
Rubavi, spergiuravi, e il cul stringea la ciccia!
PAFLAGONE
Farò la tracotanza tua cessare alla spiccia:
anzi quella d'entrambi! Gagliardo, veemente
io soffio adesso, e pelago sconvolgo e continente!
SALSICCIAIO
Raccolte le salsicce, ai marosi ed ai venti
m'abbandono, e ti mando mille e mille accidenti.
SERVO A
Ed io, ch'acqua non faccia, guarderò la sentina!
(Gli si avvicina e rimane in sconcio atteggiamento)
PAFLAGONE
Scapolarla, per Dèmetra, non potrai: ché rapina
di ben dieci talenti festi in Atene.
SERVO A (Al Salsicciaio)
Attento!
Molla la scotta! Ad Euro mette e a Ricatto, il vento.
SALSICCIAIO
E tu te ne sei presi, pensi non ti conosca,
dieci dai Potidesi!
PAFLAGONE (Subitamente moderandosi, insinuante)
Vuoi prenderne uno, e mosca?
SERVO A
Eh, se lo piglierebbe magari! (Al Salsicciaio) Molla l'orza,
vedi che il vento di già si smorza!
PAFLAGONE
Pagherai quattro multe di cento
talenti!
SALSICCIAIO
E venti per diserzione
tu, piú di mille per estorsione!
PAFLAGONE
Discendi, affermo, tu, dalla rea
stirpe che oltraggio fece alla Dea!
SALSICCIAIO
Ed il tuo nonno dico che fu
di quei satelliti...
PAFLAGONE
Quali, di' sú?
SALSICCIAIO
Quei di Pellina, d'Ippia consorte!
PAFLAGONE
Buffone!
SALSICCIAIO
Bindolo!
(Lo percuote)
SERVO A
Dagli giú forte!
PAFLAGONE
I congiurati mi dànno... ohi, ohi!
SERVO A
Picchialo sodo quanto piú puoi!
Dàgli sul buzzo
trippe e busecchie! Cavagli il ruzzo!
CORO
Oh tu spirito sommo, arditissimo tòmo,
che apparisti a salvare noi tutti e la città!
Con che varia parola fosti sopra a quell'uomo!
Come il piacer che avemmo la lode uguaglierà?
PAFLAGONE
Non ignoravo, per Demètra, queste
macchinazioni: anzi sapevo bene
ciò che s'incavicchiava ed incollava!
SALSICCIAIO
Ciò ch'ei fa in Argo, non ignoro! A chiacchiere
rende gli Argivi nostri amici: a fatti
tratta per conto proprio coi Laconi!
CORO
Poveri noi! Tu non usi alcun termine
da carradore?
SALSICCIAIO
E so ben io perché
si gonfiano quei mantici: per battere
bronzo sui prigionieri!
SERVO A
Oh bene, oh bene!
Rendigli bronzo, in cambio della colla!
SALSICCIAIO
E c'è gente che picchia anche di là!
Ma né con oro e argento, né mettendoci
di mezzo amici, mi potrai convincere
ch'io non riveli tutto agli Ateniesi!
PAFLAGONE
E io corro al Senato presto e lesto,
e dico lí tutte le vostre mene,
e i ritrovi notturni sull'Acropoli,
e le cospirazioni col Gran Re
e coi Medi, e i pasticci coi Beoti!
SERVO A
E i pasticci, in Beozia, a quanto vanno?
PAFLAGONE
Io, con l'aiuto d'Ercole, ti stendo!
(Via di corsa)
CORO (Al Salsicciaio)
Su, qualche idea, qualche pensata l'hai?
Tirala fuor, se, un tempo, fra le natiche
la ciccia, come dici, usavi ascondere.
Lànciati dunque, affréttati al Consiglio,
ché adesso lui ci piomba, e ci calunnia
quanti siamo, e le grida innalza al cielo!
SALSICCIAIO
Ma sí che vado! E prima poso qui
questi budelli e questi coltellacci!
SERVO A (Offrendogli un'ampollina d'olio)
Prendi, ungiti con questo la collottola,
ché tu possa sguisciar dalle calunnie.
SALSICCIAIO (Mettendo in pratica il consiglio)
Ben detto, sí! Da lottatore vecchio!
SERVO A (Offrendogli un capo d'aglio)
Piglia, ed inghiotti questo!
SALSICCIAIO
E perché, poi?
SERVO A
Perché l'aglio ti renda, amico mio,
piú battagliero! Corri, presto!
SALSICCIAIO
Corro!
(Via)
CORO (Movendo qualche passo, come a seguirlo)
Di beccarlo ricòrdati, di stenderlo,
di mangiarli la cresta e divorargli
i bargigli; e poi fatti rivedere!
PRIMA PARABASI
CORO (Ancora volto verso la pàrodos da cui è uscito il Salsicciaio)
Kommation
Va', lieto in cuore. A te gli eventi arridano
sí come io bramo. Il Giove del mercato
t'assista; e torna dopo la vittoria,
qui, di molte corone incoronato!
(Si volgono al pubblico)
A udire apparecchiatevi,
oh voi, spiriti desti
a ogni finezza artistica,
questi nostri anapesti.
Parabasi
Se alcun dei vecchi comici fosse ricorso a noi,
che in parabasi avessimo da dire i versi suoi,
non la spuntava certo. Ma n'è ben degno un tale
poeta! A chi noi s'odia egli pure vuol male;
e ardisce dire il vero; e mostri affronta, prode,
quali il Tifone e il Turbine! E quanto al fatto ch'ode
molti di voi stupirsi, dimandargli com'è
ch'ei non abbia pria d'ora chiesto un Coro per sé,
vuol che noi vi si spieghi. Non già per esser tondo,
tentennava; ma ei crede che non sia cosa al mondo
piú difficil dell'arte comica: adoratori
ne ha tanti; ma a ben pochi largisce i suoi favori!
E poi, mutate ogni anno, voi, lo sa da gran pezza;
e abbandonaste, come pervennero a vecchiezza,
i poeti d'un tempo. Sa di Magnete, come
lo malmenaste, quando canute ebbe le chiome!
Pur, quanto spesso aveva sconfitti i suoi rivali,
quanto spesso mutata la voce! Fu rana, ebbe ali,
fe' tintinnare cétere, Lido, moscone fu!
Tutto inutile! Quando perde' la gioventú,
e fu a secco di frizzi, te lo misero in bando.
Ed a Cratino pure, poscia venía pensando.
Un dí, come torrente, gonfio scorrea di lode
per le vaste pianure, scalzando dalle prode
e travolgendo i platani, le querce, ed i rivali.
E nei simposi: «Sbruffo di fico ha gli stivali»
solo s'udiva, o «Artefici dall'inno ben commesso!»:
tanto era in fior! Ma mica lo compatite adesso,
che sbalestra, che i bischeri allentati si sono,
che le sue corde calano, ne piú reggono il tòno!
Vecchio al pari di Conna girar voi lo vedete,
coronato di foglie secche, e morir di sete,
mentre pe' suoi trionfi d'un tempo, dovria... bere,
senza piú scriver ciance, nel Pritanèo, sedere
ben pasciuto in teatro, di Bacco accanto al prete!
E quante vostre bizze ebbe a soffrir Cratète,
quanti maltrattamenti! Pur, v'ammannía con poco
dispendio bei pranzetti, da finissimo cuoco,
impastando urbanissime invenzioni! Del resto,
fra reggersi e non reggersi, se la cavò sol questo!
Sbigottito da esempii simili, ei stava incerto.
E poi diceva ch'essere convien del remo esperto,
pria di porsi al timone, spiare i venti a prua,
e infine, poi, la nave guidar di testa sua!
Per questo, e perché, serio, non venne a far lo scemo
con sue ciance, l'applauso mugghi, ogni man sia remo,
Stretta
onde clamor festante
lenèo s'effonda; e, raggiunta la mèta,
parta lieto il poeta,
raggi sprizzando dal fronte brillante!
CORO Strofe
Equestre sir, Posídone,
cui diletta il fragore
e l'annitrir d'enípedi corsieri,
e i rapidi velieri
dalle cerulee prore,
e i cocchi dei garzoni
che l'asse avito sperdono
per brillar negli agoni:
scendi fra il nostro Coro - Dio dal tridente d'oro,
re dei delfini, del Sunio patrono,
gerestio di Crono
figlio, caro a Formione
e a quei d'Atene piú che gli altri Superi
in questa occasione!
CORIFEO Epirrema
Elogiare i nostri padri noi vogliam: di questa terra
e d'offrire il sacro peplo, come degni! - In ogni guerra
combattuta in terra o in mare, dappertutto, sempre a loro
sorrideva la vittoria; e d'Atene eran decoro!
Nell'attacco, non badavano gli avversari a numerare;
e tenea ciascun l'intrepido suo cuor nume tutelare.
E se alcuno in qualche scontro procombeva al suol riverso
contestando la caduta, dalla polvere deterso,
si tornava ad azzuffare! Né a Cleèneto dimanda
fece alcun dei vecchi duci per avere la vivanda!
Ora invece, se non hanno primi posti e pappatoria,
si rifiutan di combattere! Noi porrem la nostra gloria
nel pugnare per Atene, per gl'Iddii di questo suolo,
senza esigere compenso. Dimandiamo questo solo:
non vi spiaccia, se la pace torni, e i guai vengano a fine,
che forbiam le nostre membra, che lasciam prolisso il crine.
CORO Antistrofe
Oh protettrice Pàllade,
oh tu che il tuo favore
largisci alla città che ogni altra avanza
in valore, in possanza,
di poesia nel fiore,
qui vieni; e teco sia
lei che in imprese o mischie
sempre alleata è mia:
Nice, che ognor s'acconta - con le Càriti, e affronta
ogni nemico mio, stando a me presso.
A noi mòstrati adesso:
conceder devi a questi
uomini, ad ogni patto, la vittoria
se mai la concedesti!
CORIFEO Antepirrema
Le prodezze dei corsieri, bestie degne di gran vanto,
esaltar, ché le sappiamo, noi vogliamo. A noi d'accanto
preser parte a mischie, attacchi, a molti altri eroici fatti.
Ma per quel che in terra oprarono noi non fummo stupefatti,
come allor che sui barconi si lanciarono da bravi,
con provviste di cipolle, d'agli e brocche. E nelle navi,
sopra i remi, al par degli uomini, si gittarono con foga,
sollevando alto clamore. Ohp là! Ohp là! Voga voga!
Che si fa? Forza a quei remi! Puro sangue, e tu che aspetti?
Poi sbarcarono a Corinto, si scavâr con l'ugne i letti,
e di coltri in cerca mossero i piú giovani. Per rancio,
in mancanza d'erba medica, si papparon qualche grancio
che sbucar dal covo osasse: ché se pur si fosse spinto
giú nel mar, ce lo mseguivano! Sí che un grancio di Corinto,
narra Teoro: «Per Posídone, disse, il caso è dei piú brutti!
Non isfuggo ai Cavalieri, né per terra, né fra i flutti!»
(Con una nuova evoluzione il Coro torna a volgersi verso la scena)
PARTE SECONDA
(Arriva correndo il Salsicciaio)
CORIFEO
Oh il piú caro fra gli uomini e il piú intrepido,
quanto ci hai fatto stare impensieriti
col tuo ritardo! Ora che salvo torni,
narraci come andata è la partita!
SALSICCIAIO
Chiamar Vittorio mi potete! E basta!
CORO Strofe
Tutti levar dobbiamo dunque clamor di gioia!
Tu che ben parli, e a fatti fosti ancor piú valente,
ora non ti dia noia
ciò che avvenne narrar distintamente!
Ch'io lunghissimo viaggio,
per udirti, a pie' farei!
Parla dunque, o tu che sei
il diletto mio, coraggio!
SALSICCIAIO
Sí, mette conto udir come l'andò!
Io di qui mi scagliai súbito, dietro
le sue péste. In Consiglio rimbombavano
i paroloni suoi già come tuoni,
franavan come rupi; ed investiva,
ciurmando, i Cavalieri, e sciorinava
congiure. Tutt'orecchi era il Consiglio,
e v'attecchían le sue fandonie come
zizzania; e i consiglieri, accipigliati,
facean la grinta di chi biascia senapa.
Quand'io badar li vidi a quelle chiacchiere,
ed abboccare a quelle ciurmerie:
- Oh Geni miei, sclamai, Trappole, Bindoli,
Broccoli, Gabbamondi, Mascalzoni,
oh Piazza ove educato io fui fanciullo,
audacia ora mi date, lingua sciolta,
voce sfasciata... - mentre sí dicevo,
un rottinculo a dritta scorreggiò!
La terra io bacio, con una culata
sfondo il cancello, e sgangheratamente
urlo: «Buone notizie, oh consiglieri!
E questa prima vi darò. Da quando
scoppiò la guerra, non ho visto mai
le acciughe a sí buon prezzo!» - Tornò subito
la bonaccia sui volti, e una corona
per la fausta novella al crin mi cinsero.
Ed io, con gran mistero, allor propongo
che per aver le acciughe a miglior prezzo,
di piatti incetta e di vassoi si faccia.
Scoppiano applausi, mi guardano tutti
a bocca aperta. Allora il Paflagone
impensierito, e conoscendo bene
quali argomenti piacciono al Consiglio,
fa una proposta: - Per le buone nuove
ricevute, propongo, o cittadini,
che cento buoi s'immolino alla Diva! -
Il Consiglio approvò pure i suoi detti.
Visto che lui col fimo m'affogava,
presi il disopra, col propor duecento
bovi, e mille capretti in olocausto
alla Dea cacciatrice, per domani,
se le sardelle andranno cento all'obolo!
Ed il Consiglio, a pendere di nuovo
dalle mie labbra. Quello, udito ciò,
perse le staffe, e prese a sbalestrare;
e i pritani e gli arcieri lo acciuffarono,
per espellerlo; e tutti i consiglieri
a schiamazzare per le acciughe, in piedi.
Quello li scongiurava che restassero:
«State almeno a sentir l'ambasciatore
degli Spartani! Viene per la pace!»
Ma strillarono tutti ad una voce:
«La pace adesso? Perché avranno udito,
citrullo, che da noi le acciughe vanno
a buon mercato: non vogliamo pace!
Duri la guerra!» - Ed urlano ai pritani
di scioglier la seduta; e d'ogni parte
scavalcano le barre. - Io, via! Sgattaiolo
a fare incetta di quanti coriandoli
e quanti porri trovo in piazza. Quelli
non ne trovano piú. Li offro ad ufo
io, per favore! Applausi e mirallegri
non finivano piú. Sicché il Consiglio
me lo son guadagnato con tre soldi
di coriandoli! E adesso, eccomi a voi!
CORO Antistrofe
Tutto com'uom compiesti cui la sorte è propizia!
Quel briccone ha trovato chi gli va molto avanti
per birberia, dovizia
d'imbrogli, paroline insinuanti.
Ora cerca il miglior mezzo
di spuntarla al cozzo estremo:
che per te combatteremo
di gran cuor, lo sai da un pezzo!
SALSICCIAIO
Eccolo che s'avanza, il Paflagone,
simile a un cavallone, sconvolgendo,
sconquassando ogni cosa, come avesse
da ingollarmi. Babàu!! Che fegataccio!
PAFLAGONE (Irrompendo)
Se non ho dato fondo alle mie trappole,
e non t'ammazzo, sia ridotto in briciole!
SALSICCIAIO
Ci godo, alle minacce tue, ci rido,
alle fanfaronate tue, ci ballo
il trescone, e t'uccello!
PAFLAGONE
E s'io, per Dèmetra,
non ti levo dal mondo, e non ti mangio,
non vo' campare piú!
SALSICCIAIO
Se non mi mangi?
E io se non t'ingollo! Ci dovessi
schiantare io pure, dopo!
PAFLAGONE
T'ho a finire,
pel primo posto guadagnato a Pilo!
SALSICCIAIO
Sí, primo posto! All'ultimo, in teatro,
t'ho da vedere, altro che primo! E come!
PAFLAGONE
Ti stringerò fra i ceppi, giuraddio!
SALSICCIAIO
Che belva, senti! Oh di', che vuoi per pasto?
SERVO A
Che gusterebbe piú? Niente una borsa?
PAFLAGONE
T'ho da strappar con l'unghie le budella!
SALSICCIAIO
Nel Pritanèo t'ho da strappare il vitto!
PAFLAGONE
Me la paghi! Ti traggo innanzi a Popolo!
SALSICCIAIO
Io fo lo stesso, e ti calunnio il doppio.
PAFLAGONE
A te non ti dà retta, miserabile!
Io lo meno pel naso, come voglio.
SALSICCIAIO
Come ne sei sicuro, del tuo Popolo!
PAFLAGONE
Perché so bene l'arte d'imboccarlo!
SALSICCIAIO
Male lo imbocchi, tu, come le balie!
Mastichi, e poni poco o nulla in bocca
a lui: n'ingolli tu tre volte tanto.
PAFLAGONE
E so, per Giove, con la mia destrezza
slargare il cuor di Popolo e restringerlo!
SALSICCIAIO
Lo sa fare, codesto, anche il mio culo!
PAFLAGONE
Galantuomo, non crederti in Consiglio,
ad insultarmi! Andiamo innanzi a Popolo!
SALSICCIAIO
Non ci ho difficoltà! Eccomi!
PAFLAG0NE
Avanti!
SALSICCIAIO
Non mettiam tempo in mezzo!
PAFLAGONE (Picchia alla porta di Popolo ed urla)
Esci qui fuori,
Popolo!
SALSICCIAIO (Urlando di piú)
Sí, davvero, esci, per Giove,
o babbo, Popolino, amore mio!
POPOLO (S'affaccia alla finestra)
Chi è che strilla? Vi levate o no
dalla porta? Oh strappatemi la frasca!
PAFLAGONE
Esci a vedere come mi vituperano!
POPOLO
Chi ti fa torto, Paflagone?
PAFLAGONE
Questi
giovanotti e quest'uomo, che mi picchiano
per causa tua.
POPOLO
Perché?
PAFLAGONE
Perché ti voglio
bene e di te sono invaghito, oh Popolo!
POPOLO (Al Salsicciaio)
E allora, tu, chi sei?
SALSICCIAIO
Sono un rivale
d'amore di costui. T'amo da un pezzo,
voglio il tuo bene; e son meco molte altre
persone a modo. Ma costui ci lega
le mani; e tu somigli alle bardasse:
della gente per bene non ti degni,
e ai lumai ti concedi, ai ciabattini,
ai mercanti di cuoio, ai conciapelle.
PAFLAGONE
Egli è ch'io giovo a Popolo!
SALSICCIAIO
In che modo,
dimmi?
PAFLAGONE
In che modo? Quando i generali
trepidavano, a Pilo, io, corso là,
qui condussi i Laconi!
SALSICCIAIO
Ed io rubai
da una bottega, andando a zonzo, un pentolo
che un altro aveva messo al fuoco!
PAFLAGONE
Popolo,
raduna l'assemblea súbito súbito,
per veder che fra i due ti vuol piú bene.
Scegli, e il prescelto i tuoi favori goda!
SALSICCIAIO
Sí, sí, scegli! Ma mica nella Pnice!
POPOLO
Seduta altrove non terrei. Bisogna
trovarsi nella Pnice, come al solito!
(Esce di casa, e va a sedere sopra uno dei banchi)
SALSICCIAIO
Povero me, son fritto! In casa, il vecchio
è la migliore pasta d'uomo: come
siede su queste panche, resta a bocca
aperta, come se parasse fichi!
CORO (Al Salsicciaio) Strofe
Or ti conviene tutte mollare le tue sarte:
impeto e ardor t'occorrono, a vincer la partita,
parola infaticabile. È l'uom rotto ad ogni arte,
e pur donde non scorgi alcuna uscita,
ei sa levare il tacco.
Moltíplicati, dunque, sfolgora nell'attacco!
Invito
Sú, in guardia! E, prevenendolo, prima ch'ei s'avvicini,
cala in mare gli schifi, leva in alto i delfini!
PAFLAGONE
Chieggo alla diva Pallade, protettrice d'Atene,
che se l'uomo io mi sono che arreca maggior bene
ai cittadini, dopo Lísicle, Salabacca
e Cinna, m'abbia, senza nulla mai far, la macca
di pranzar, come or pranzo, nel Pritanèo! (A Popolo) Ma se
ti vo' mal, se da solo non m'azzuffo per te,
crepi, sia fatto in briciole, di me faccian cavezze!
SALSICCIAIO
E s'io non t'amo, o Popolo, se le mie tenerezze
per te non sono, in trítoli sia tagliato e bollito.
Vuoi di piú? Su un'agliata col cacio io sia qui trito,
pei coglioni al Ceràmico sia tratto col rampino!
PAFLAGONE
Piú di me amarti, o Popolo, può verun cittadino?
Quando fui del Consiglio, prima t'empiei l'erario
coi quattrini di tutti, qui facendo il sicario,
lí l'aguzzino, altrove l'esattor. Né privato
alcuno, pur di farti piacere, ho risparmiato.
SALSICCIAIO
Non c'è proprio bravura! So farlo al par di lui,
Popol! Vo' anch'io rubare e offrirti il pane altrui.
Ch'ei non t'ama, e non s'occupa di te punto né poco
vo' provarti, e che solo si riscalda al tuo fuoco!
Vede te, che, pugnando per la nostra contrada,
sui Medi, a Maratona, vibrasti la tua spada,
e desti al nostro eterno fanfaronar la stura,
col tuo trionfo: assiso ti vede sulla dura
pietra, e non se ne piglia. Come me non fa punto!
Questo cuscin ti reco, io, di mia man trapunto;
e te l'offro. Ora lèvati, e poi qui siedi in piuma:
la chiappa salaminia cosí non si consuma!
POPOLO (Intenerito)
Uom, chi sei tu? D'Armodio provieni dalla schiatta.
Sí, bella e democratica è un'opra di tal fatta!
PAFLAGONE
Come in cuor te gl'insinui! Con che grame moine!
SALSICCIAIO
L'arti onde l'adescavi tu, eran piú meschine!
PAFLAGONE
Se c'è chi sia piú strenuo difensore, chi muoia
d'amor piú ch'io per Popolo, vo' dar la testa al boia!
SALSICCIAIO
Tu l'ami? E aver per casa da ott'anni il vedi già
tini, gufaie, torri, né ti muovi a pietà,
ma lo tieni rinchiuso per trarne il miele! E via
discacciasti Archettòlemo che la pace offeria;
e quanti ambasciatori vengon per ottenere
qualche tregua, li sfratti a calci nel sedere!
PAFLAGONE
Perché questi su tutti gli Ellèni abbia dominio;
ché un bel giorno in Arcadia, lo afferma un vaticinio,
per cinque oboli, il giudice farà, purché pazienti.
Perciò lo servo in tutto, gli passo gli alimenti,
fo che tiri il triobolo, a torto od a ragione!
SALSICCIAIO
Non lo fai con la mira ch'ei divenga padrone
dell'Arcadia, per Giove! Bensí perché tu acciuffi
piú a larga mano, e scrocchi dalle città piú sbruffi,
e Popol non s'accorga dei tuoi ribaldi tiri,
ma dal fumo acciecato della guerra, a te miri
per forza, a bocca aperta, pel bisogno e la paga.
Ma se ti scappa, e in pace, pei campi, un dí si svaga,
si ristora coi tutoli, parla con qualche uliva,
vedrà di che delizie la tua paga lo priva!
Ti sarà con asprezza zotica allora ai panni,
t'inseguirà coi voti. Tu, che ciò sai, l'inganni,
spacciando quegli oracoli che a tuo vantaggio sogni!
PAFLAGONE
Oh non è cosa indegna che tanto ei mi rampogni,
che al cospetto del popolo d'Atene mi vituperi,
mentre, affé di Demètra, sa ciascun come io superi
Temistocle, pel bene che feci alla città!
SALSICCIAIO (Tragico)
Odi tu, città d'Argo, ciò che dicendo ei va?
Tu vicino a Temistocle? Atene trovò quello
colma, ed ei fino all'orlo l'empie'. Di soprassello,
del Pireo le fe' un dolce mentre sedeva a desco.
Senza toccar l'antico, le serví pesce fresco!
Tu invece, badi a rendere gli Ateniesi gretti,
oracolando e alzando muri, tu che ti metti
in confronto a Temistocle! Poi, quegli il patrio tetto
lascia, esule; tu, invece, ti nutri a pan buffetto!
PAFLAGONE
Ho da udir tali insulti, perché sei la mia vita,
o Popolo? È un'infamia!
POPOLO
Coso, falla finita!
Non tirar merda! Me la facevi sotto sotto
da un pezzo, e non ci davo!
SALSICCIAIO
Ad ogni infamia è rotto,
o Popoluccio, e fa - imbrogli in quantità,
come t'appisoli; ché, svèlti i címoli
dei rendiconti, le sue budella
n'empie; e poi succia tra i beni pubblici,
d'ambe le palme fatta giumella!
PAFLAGONE
Tu non la scapoli: ti vo' convincere
che trentamila dramme carpisti.
SALSICCIAIO
Buchi nell'acqua fai, nel mortaio
tu pesti l'acqua, tristo fra i tristi!
Ma s'io non provo, flagel d'Atene,
che tu, per Dèmetra, da Mitilene
d'ingoffo hai preso quaranta mine
e passa, voglio far mala fine!
CORO Antistrofe
La tua facondia invidio, tu che giungi a salvare
tutti i mortali! Séguita, ché in Ellade potente
sarai sopra ogni altr'uomo; e d'Atene ogni affare
sbrigherai, reggerai col gran tridente
gli alleati; e ogni cosa
sconvolgendo e mestando, avrai quattrini a iosa!
Antinvito
Non lasciare l'amico, poi che t'ha dato presa!
Son tali i tuoi polmoni, da compiere l'impresa!
PAFLAGONE
Non va come pensate, la cosa, cari miei!
È tale, affé del cielo, la gesta ch'io compiei,
che a tutti i miei nemici, finché resta uno scudo
di quelli presi a Pilo, ben io la bocca chiudo!
SALSICCIAIO
Fermo! M'han dato presa, gli scudi! Dal momento
ch'ami Popolo, avevi da usar l'accorgimento
di farli appender senza toglier l'imbracciature?
È una trappola, o Popolo; perché tu, quando pure
voglia, punir nol possa. Vedi che pigia-pigia
attorno a lui di giovani pellai: le lor vestigia
vedi, che il mielivendolo segue col caciaiòlo;
e tutta questa gente s'aduna a un fine solo;
perché se tu t'adiri, se vuoi giuocare al giòco
dei cocci, nottetempo staccan gli scudi, e in poco
d'ora, sbarran l'ingresso del mercato del grano!
POPOLO (Al Paflagone)
Hanno le imbracciature? Povero me! - Marrano,
per quanto sono stato giòco delle tue mene!
PAFLAGONE
Non prestar fede a chiacchiere! Chi ti voglia piú bene
di me, non lusingarti di trovar, caro mio!
Ai congiurati freno por sapevo sol io;
niuno a me dei convegni rimaneva nascosto
che in città si tenessero; ma strilli alzavo tosto!
SALSICCIAIO
Già, tu fai come quelli che pescano le anguille!
Se l'acque del pantano rimangono tranquille,
non beccan; se rimestano sopra e sotto il motriglio,
le scelgono. E lo stesso fai tu: se lo scompiglio
metti in Atene, arraffi! Oh dimmi questo solo:
tu che cuoio ne vendi tanto, a quest'uomo, un suolo
del tuo, per i calzari, glie l'hai forse profferto?
Dici che te ne muori!
POPOLO
Per Apollo, no certo!
SALSICCIAIO (Offrendogli un paio di scarpe)
L'hai conosciuto, adesso? Io ti do questo paro
di scarpe, invece! Calzale! - E a me costan denaro!
POPOLO
A niun, cred'io, degli uomini politici la cedi
in zelo verso Atene, verso l'unghie dei piedi!
PAFLAGONE
Che orrore! Un par di scarpe ti fanno tanto effetto,
e il bene ch'io ti feci te lo scordi! Interdetto
Gritto, posi una remora pure all'altre bardasse!
SALSICCIAIO
Non fa specie che i culi l'amico ispezionasse,
e frenasse i finocchi! Gelosia di mestiere,
non c'è da dubitarne! Era per non volere
oratori fra i piedi! Poi vedi questo, anziano
com'è, senza mantello, né degno d'un gabbano
lo fai, povero Popolo! - Io sí, che te lo do!
(Offre un gabbano a Popolo)
POPOLO (Commosso)
A tanto, poi, Temistocle neppur lui ci arrivò!
Bella pensata, quella del Pirèo, certo fu;
ma questa del gabbano, per me, vale di piú!
PAFLAGONE
Con che tiri da scimmia, ahimè, la via mi tappa!
SALSICCIAIO
Fo come nei simpòsi, quando a uno gli scappa:
i tuoi sistemi, come fosser calzari, adopro.
PAFLAGONE
Nell'arte di leccare, non mi passi! Io lo còpro
con questa sopravveste. E tu gràttati, pezzo
di canaglia!
(Cerca d'infilare a Popolo una sopravveste)
POPOLO (Schermendosi e respingendo il dono)
Puah! Che insopportabil lezzo
di cuoio! E va' in malora!
SALSICCIAIO
Ti copriva perché
tu soffocassi; e nuovo a tal gioco ei non è.
Ricordi quando in piazza c'era quel visibilio
di silfio?
POPOLO
E come bene!
SALSICCIAIO
Ei procurò il rinvilio
perché aveste a impinzarvene, e nei processi, a furia
di loffie, vi asfissiaste l'uno con l'altro in curia!
POPOLO
Un uomo venne a dirmelo, perdio, di Merdavalle.
SALSICCIAIO
Per quei peti divennero le vostre vesti gialle?
POPOLO
Fu, perdio, di Merdonio codesta invenzione!
PAFLAGONE (Uscendo dai gangheri)
Ah, con che buffonate mi tartassi, birbone!
SALSICCIAIO
Che a buffonate vincerti dovessi, la Dea volle!
PAFLAGONE (A Popolo)
Ma non la spunti! Io voglio che tu, stando in panciolle,
possa sorbire, o Popolo, un catino di paghe!
SALSICCIAIO (Offrendogli un'ampollina)
Ed io, perché tu possa ungerti ben le piaghe
degli stinchi, un vasetto ti regalo d'unguento!
PAFLAGONE
Ti strappo, a farti giovine, ogni pelo d'argento!
SALSICCIAIO
To' un codino di lepre, netta gli occhiuzzi belli!
PAFLAGONE
Quando ti smocci, néttati, Popol, sui miei capelli!
SALSICCIAIO
No, sui miei!
PAFLAGONE
No, sui miei!
(Al salsicciaio)
Ti farò trierarca,
ti farò spender bei
quattrini, ed una barca
vecchia t'appiopperò;
sí che di farci spese,
di metterla in arnese,
mai non cessi; e farò,
ordendo una mia tela,
che marcia sia la vela!
CORO
L'amico bolle... oh smettila,
smettila, che dài fuori!
Leviam qualche fuscello;
e i minaci furori
si schiumin... col randello!
PAFLAGONE
Salata hai da pagarmela!
Ti schiaccio con le tasse:
dei possidenti iscrivere
ti faccio nella classe!
SALSICCIAIO
Io poi non ti minaccio,
ma un augurio ti faccio:
sfrigoli una padella
di seppie, giusto in quella
che tu per i Milesii
parlar debba, e un talento
buscar, se vinci. E voglia
recarti a parlamento
dopo esserti satollo
di seppie. Ecco d'un súbito
ti chiamano: il talento
ti tira; e per la furia
ti strozzi nell'ingollo!
VARI COREUTI (Tumultuosamente)
- Molto bene!
- Per Giove!
- Per Apollo!
- Per Dèmetra!
POPOLO
Anche a me sembra chiaro ch'egli sia
buon cittadino, come da gran tempo
non ce n'è stati, fra gli obolitani!
Tu, Paflagone, mi mettevi su,
protestando d'amarmi. Adesso rendimi
il sigillo: non sei piú mio ministro!
PAFLAGONE
Piglia, ma sappi che se tu non lasci
a me il governo, spunterà qualcuno
piú briccone di me.
POPOLO (Dopo esaminato e riesaminato l'anello)
Proprio no, questo
sigillo non è il mio! L'impronta è un'altra,
se non ho le traveggole!
SALSICCIAIO
E la tua
qual'era, dimmi?
POPOLO
Un involtino arrosto
di sugnaccio di bue.
SALSICCIAIO (Guardando il sigillo)
Qui non lo vedo!
POPOLO
Non c'è involtino? E che c'è?
SALSICCIAIO
C'è un gabbiano,
che a bocca aperta da uno scoglio arringa.
POPOLO
Povero me!
SALSICCIAIO
Che c'è?
POPOLO
Levalo, levalo!
Di Cleònimo è quello, e non è mio!
(Dandogli un altro anello)
Tu piglia questo, e fammi da ministro!
PAFLAGONE
No, davvero, padrone, ti scongiuro!
Agli oracoli miei prima dà retta!
SALSICCIAIO
Ed ai miei pure!
PAFLAGONE
Se dài retta a questo,
ti pela fino all'osso!
SALSICCIAIO
E se tu a questo,
fino al boschetto ti sprepuzia!
PAFLAGONE
I miei
dicon che impero avrai sopra ogni terra,
cinto di rose il crin!
SALSICCIAIO
Dicono i miei
che, ghirlandato, in un mantel di porpora
tutto ricami, sopra un carro d'oro,
querelerai Smicíta e il suo patrono!
CORO
Prendili, va', sí che costui li ascolti!
POPOLO
Benissimo, anche tu portali!
PAFLAGONE (Uscendo di corsa)
Ecco!
SALSICCIAIO
Ecco, perdio! Non ci ho difficoltà!
(Esce anch'egli correndo)
PRIMO SEMICORO
Sarà quel giorno fausto
per tutti i qui presenti
e pei lor discendenti,
quando Cleon morrà!
Pur dei vecchi, bisbetici
fra i bisbetici, ho uditi
nel bazar delle liti
dire che se in città
non primeggiava quello,
il mestolo e il pestello
noi non avremmo: articoli
di grande utilità!
SECONDO SEMICORO
Altro lato mirabile
del suo trattar porcino:
chi studiò da bambino
con lui, dice che usò
temprar la lira in dorico
sempre; né percepía
verun'altra armonia;
e, irato, lo scacciò
il maestro, da scuola.
«Questo bimbo la sola
accordatura dorica
capisce: e l'altre no!»
PAFLAGONE (Torna, recando un gran fascio d'oracoli)
Ecco qui, guarda! E non li reco tutti!
SALSICCIAIO (Arrivando con un fascio anche piú grosso)
Ahi, che la faccio! E non li reco tutti!
POPOLO
Che rob'è questa?
PAFLAGONE
Vaticini!
POPOLO
Tutti
vaticini?
PAFLAGONE
Stupisci? Ce n'ho ancora
una cassetta piena zeppa!
SALSICCIAIO
Ed io
una soffitta e un par di magazzini.
POPOLO
Vediamo, di chi son codesti oracoli?
PAFLAGONE
Di Bàcide, i miei sono!
POPOLO
E i tuoi?
SALSICCIAIO
Di Glànide,
il fratello di Bàcide piú grande!
POPOLO
E parlano di che?
PAFLAGONE
D'Atene e Pilo,
di te, di me, di tutto!
POPOLO (Al Salsicciaio)
E i tuoi, di che?
SALSICCIAIO
D'Atene, di lenticchie, di Spartani,
di maccarelli freschi, di chi ruba
nel misurare la farina in piazza,
di me, di te... (Al Paflagone) Tu, poi, màngiati un gomito!
POPOLO
Leggetemeli, dunque! E specialmente
quello su me, che mi dà tanto gusto,
ch'aquila fra le nuvole sarò!
PAFLAGONE
Ascolta dunque, e stammi bene attento!
(Recita)
Considera, Erettíde, la via dei responsi, che Apollo
dai penetrali emise pei tripodi molto onorati.
Di tutelare il sacro t'impose tremendo-zannuto
can, che per te latrando, levando per te strilli orrendi,
la paga a te procaccia: se tu non fai questo, è spacciato:
che gracchian per invidia, sul capo di lui, molti gracci.
POPOLO
Per Demètra, che dice? Io non capisco!
Con Erettèo, che c'entra, il cane e i gracci?
PAFLAGONE
Io sono il cane: in tua difesa abbaio!
Che difenda il tuo cane, ha detto Febo!
SALSICCIAIO
Il vaticinio non dice cosí!
Ma questo cane rosica i responsi
come le pizze. Il vaticinio autentico
del cane, ce l'ho io.
POPOLO
Dillo! Ma prima
piglio un sasso, ché il cane non m'addenti!
SALSICCIAIO (Recita)
Guàrdati bene, Erettíde, da Cerbero, il cane di casa,
che mentre siedi a mensa, scodinzola, e, sempre in vedetta,
come tu volti gli occhi, t'ha bella e involata la cena;
e con canino garbo, sguisciando la notte in cucina,
isole lecca, senza che tu te n'avveda, e padelle.
POPOLO
Pel Dio del mare, è molto meglio, oh Glànide!
PAFLAGONE
Ascolta, pover'omo; e dopo giudica!
(Recita)
Evvi una donna; e darà nella rocca a luce un leone
forte, che a pro' della plebe s'azzuffa con molte zanzare,
quasi a custodia fosse dei suoi lioncelli. Il proteggi
tu, costruendo torri di ferro, ed un muro di legno.
(A Popolo)
Capisci che significa?
POPOLO
Io, no, punto!
PAFLAGONE
Ti dice chiaro, il Nume, di proteggermi:
ch'io fo per te le veci del leone!
POPOLO
Viceleone tu? Chi lo sapeva?
SALSICCIAIO
Non t'ha spiegato, a bella posta, un passo
del vaticinio: ferro e legno solo
ha da essere il muro in cui t'ha detto
di custodirlo, Apollo!
POPOLO
È vero! E questo
perché l'ha detto il Nume?
SALSICCIAIO
T'imponeva
di legarlo nel legno a cinque buchi!
POPOLO
Vo' mandarlo ad effetto, quest'oracolo!
PAFLAGONE (Spaventato)
Non dare ascolto! È questo gracchiar di gelose cornacchie!
Ma lo sparviero caro ti sia, ripensando che questo
i corbicini a te lacedèmoni in ceppi condusse!
SALSICCIAIO
Si mise allo sbaraglio perché s'era presa una sbornia;
e a te, mal consigliato Cecròpide, sembra un gran fatto?
Se glie l'addossa un uomo, il carico porta una donna;
ma se una carica tenta, di certo una scarica, n'esce!
PAFLAGONE
Sai di Pilo il responso dinanzi a Pilo? C'è Pilo
avanti a Pilo...
POPOLO
Avanti a Pilo? Che cosa vuoi dire?
SALSICCIAIO
Dice che vuole andare pei bagni a rubare le pile!
POPOLO
E oggi io devo restare sudicio?
SALSICCIAIO
Certo! Le pile ce l'ha prese lui!
(Prende un altro oracolo)
Questo qui, degli oracoli, riguarda
la nostra flotta: stacci con la testa!
POPOLO
Ci sto: ma tu m'insegni la maniera
di passare la paga ai marinari?
SALSICCIAIO (Recita)
Dal Volpecane, o Egíde, ti guarda, perch'ei non t'inganni.
Svelto, sornione egli è, la sa lunga, è furbone e imbroglione.
Di chi si tratta, intendi?
POPOLO
Filostrato, è lui, Canevolpe!
SALSICCIAIO
Non è cosí! Ma costui chiede sempre
le di quattrini succhiatrici snelle!
Che tu glie le conceda Apollo vieta!
POPOLO
E come una trireme è volpecane?
SALSICCIAIO
Come? Trireme e volpecane vanno
presto!
POPOLO
Oh la volpe appiccicata al cane?
Come mai?
SALSICCIAIO
Paragona i generali
a volpacchiotti, perché van rodendo
grappoli per i campi!
POPOLO
E sia! Ma come
dargli la paga, a questi volpacchiotti?
SALSICCIAIO
Ti scovo i mezzi io, dentro tre giorni.
(Declamando)
Del figlio di Latona ascolta un oracolo ancora!
Dal porto di Cillene - t'avvisa - ti guarda, o t'imbroglia!
POPOLO
Che c'entra il porto?
SALSICCIAIO
La sua mano, dice,
che porta sempre via la roba agli altri!
PAFLAGONE
Non spiega giusto! Febo, dicendo quel porto, intendeva
significare, e a dritto, la mano di Dioticonvince!
Ma senti un vaticinio con tanto di penne, che dice
ch'aquila tu sarai su tutta regnando la terra!
SALSICCIAIO
Anche io ce l'ho! Su tutta la terra, e il Mar Rosso: e che poi
giudice in Ecbatàna sarai, rosicchiando ciambelle!
PAFLAGONE
Ho avuto un sogno: ho visto la Diva in persona, sul nostro
popolo da un'ampolla versare salute e quattrini!
SALSICCIAIO
L'ho avuto io pure; e ho visto la Diva in persona, che usciva
fuor dalla rocca; e stava la nottola a lei su le spalle.
Sulla tua fronte, poi l'ho vista versar da un ampolla
ambrosia; e su la sua puzzolente un intingolo d'aglio.
POPOLO (Pieno d'entusiasmo)
Evviva, evviva!
Chi la sapeva piú lunga di Glànide?
(Al salsicciaio)
Adesso a te m'affido corpo ed anima,
ché mi sii pedagogo e mi rièduchi.
PAFLAGONE
Un momento, di grazia! Aspetta, ed io
ti passo tutti i giorni orzo per vitto!
POPOLO
Non vo' saperne, d'orzo: troppe volte
tu con Tufàne mi ci avete preso!
PAFLAGONE
Ti do farina bella e macinata!
SALSICCIAIO
Io panini impastati, e il companatico
caldo: e tu non avrai che da pappartelo!
POPOLO
Fatelo presto, quel che avete a fare:
a chi di voi mi tratta meglio adesso,
affiderò le briglie della Pnice!
PAFLAGONE
Io corro dentro il primo!
SALSICCIAIO
No tu, io!
(Escono correndo a gara)
(Popolo comincia a passeggiare su e giú per la scena,
gonfiandosi e pavoneggiandosi. I coreuti lo ammirano)
PRIMO SEMICORO
Sicuramente, o Popolo,
ben grande è il tuo potere,
poi che ciascun temere
ti deve come un re!
Però, pel naso è facile
menarti; e troppo godi
di chi ti liscia e abbindola;
e chi discorre, l'odi
a bocca aperta; ed esule
va il senno tuo da te!
POPOLO
Se sciocco me tu reputi,
in zucca hai poco sale:
quest'aria da stivale,
apposta io me la do.
Aver la pappa in tavola
pronta ogni dí, mi quadra;
e un ministro desidero
aver di mano ladra,
che accoppo per mangiarmelo,
appena s'impinguò!
SECONDO SEMICORO
Sarebbe un bel procedere,
se oprare hai per costume
con sí sottile acume
come asserisci tu!
Se in Pnice come pubbliche
vittime nutri quelli,
sicché, se il companatico
ti manca, li macelli,
e poi ti pappi a tavola
chi s'impinguò di piú!
POPOLO
Vedete un po' se mettere
nel sacco so ammodino
chi, sé credendo fino,
voleami infinocchiar!
Alla sorniona io sbircio
ciascun di loro, quando,
ruba; e il tappo del bossolo
come specillo usando,
gli fo poi quanto presero
del mio, rivomitar!
PAFLAGONE (Entra correndo con una cesta; e si trova a petto
a petto col Salsicciaio che entra dall'altra parte)
Vattene fra i Beati!
SALSICCIAIO
Tu, canaglia!
PAFLAGONE
Popolo, io sono bell'e pronto, e sto
da tanto qui, per farti un buon ufficio.
SALSICCIAIO
E io ci sto da dieci volte e dodici
e mille volte tanto, ed un milione
di volte tant'e tant'e tant'e tanto.
POPOLO
E io v'ho presi in uggia tutti e due,
per aspettarvi, tre milioni tanto
ed un miliardo tant'e tant'e tanto!
SALSICCIAIO
Lo sai che cosa devi fare?
POPOLO
Dimmelo,
e allora lo saprò!
SALSICCIAIO
Dacci la mossa
a tutti e due; che ci si spicchi insieme
a farti il buon ufficio!
POPOLO
E sí, facciamolo!
Pigliate campo!
PAFLAGONE E SALSICCIAIO (Si allontanano e si mettono in riga)
Ci siamo!
POPOLO
Partenza!
(I due spiccano la corsa verso Popolo)
SALSICCIAIO (Al Paflagone che cerca d'intralciargli la via)
Non mi ti lascio mettere fra i piedi!
POPOLO (Schermendosi dal loro arrivo)
O mi rendon, quest'oggi, il piú felice
degli uomini, gli amanti, oppur mi stritolano!
PAFLAGONE
Vedi? Una sedia a te per primo reco!
SALSICCIAIO
Ma non un desco: son piú primo io!
PAFLAGONE
Prendi, ti reco questa pagnottina
impastata con l'orzo a Pilo preso!
SALSICCIAIO
Ed io questi panini, in cui la Dea
con l'eburneo dito il buco fece!
POPOLO (Guardando uno dei panini)
Oh, che po' po' di dito hai, veneranda!
PAFLAGONE
Io di piselli un bel purè, che intrise
Palla che in Pilo vinse. Eh, che colore!
SALSICCIAIO (Mentre Popolo bada al Paflagone,
leva solennemente sul capo di lui un pentolo)
La Dea, Popol, ti guarda: e sul tuo capo
tiene ora, colmo di brodetto, un pentolo!
POPOLO
Credi che Atene esisterebbe ancora,
senza quel santo pentolo sul capo?
PAFLAGONE
Questo pesce a te dà la Fugaeserciti!
SALSICCIAIO
Questa carne in guazzetto a te la figlia
di Giove, e pance e trippe ed interiora!
POPOLO
Si ricorda del peplo! Ha fatto bene!
PAFLAGONE
Questo pan d'orzo la Gorgonia vuole
che mangi; sí che ben drizziamo l'orza!
SALSICCIAIO (Offrendogli costolette)
Prendi anche queste!
POPOLO
Oh che me n'ho da fare
di queste costolette?
SALSICCIAIO
A te le manda
la Dea, per far le coste alle triremi.
Vedi se s'interessa della flotta!
E bevi questo, poi: tre parti d'acqua
su due di vino!
(Gli porge una coppa)
POPOLO (Beve)
Buono, assai per Giove!
Come le regge bene, le tre parti!
SALSICCIAIO
La Dea con senno il temperò divino!
PAFLAGONE
Da me di pingue pizza un pezzo accetta.
SALSICCIAIO
E da me questa pizza intera intera.
PAFLAGONE
Ma non hai lepri, tu, da offrirgli! Io sí!
SALSICCIAIO
Povero me! dove ne piglio lepri?
(Tragico)
Anima, inventa qualche buffonata!
PAFLAGONE (Tira fuori dalla cesta una coppia di lepri,
e le mostra trionfalmente al Salsicciaio)
Guarda, qui disgraziato!
SALSICCIAIO (Guardando fisso in un punto dietro al Paflagone)
Non mi fa
e non mi ficca! Arrivano!
PAFLAGONE
Chi arriva?
SALSICCIAIO
Gli ambasciatori, coi quattrini a sacca!
PAFLAGONE
Dov'è, dov'è?
(Si volta per guardare)
SALSICCIAIO
Che te n'importa? Lasciali
stare un po' gli stranieri!
(Gli ghermisce le lepri, e le offre a Popolo)
O Popoluccio,
che belle lepri t'ho portato, vedi!
PAFLAGONE
Hai rubato le mie! Ribaldo! Ahimè!
SALSICCIAIO
Pel Dio del mare, e tu che hai fatto, a Pilo?
POPOLO (Con sommo compiacimento)
Dimmi, ti prego, come t'è venuta
l'idea di sgraffignargliele?
SALSICCIAIO (Solenne)
La Dea
m'ispirò tale impresa: io la compiei!
PAFLAGONE
Io che me le sudai, le feci arrosto...
POPOLO
Meno storie, va' via: chi offre ha il merito!
PAFLAGONE
Povero me, son vinto in impudenza!
SALSICCIAIO
Dunque, decidi fra noi due chi sia
di te, del ventre tuo piú benemerito!
POPOLO
Quale criterio usar potrò che giusto
giudice agli uditor sembrar mi faccia?
SALSICCIAIO (Lo piglia a parte)
Io, te lo dico. Zitto e cheto, va'
a prender la mia cesta, e guarda quanto
c'è dentro; e poi quella del Paflagone.
Sta sicuro, saprai che pesci prendere!
POPOLO (Guarda la cesta del Salsicciaio)
Oh vediamo, che c'è?
SALSICCIAIO
Lo vedi? È vuota,
babbino mio: t'ho dato quanto c'era!
POPOLO
Sí, del popolo amica è questa cesta!
SALSICCIAIO
Quella del Paflagone, adesso guarda!
Vedi?
POPOLO (Guarda nella cesta del Paflagone)
Che ben di Dio! Ricolma, poveri
noi! Che po' po' di pizza s'era messa
da parte! E a me ne ha data una fettina!
SALSICCIAIO
Sempre a codesto modo, t'ha trattato!
Quel che pigliava, a te dava le briciole:
la parte grossa la serviva a sé!
POPOLO
Con questi imbrogli mi rubavi, o birba?
(Solenne)
E presenti e ghirlande io t'offerivo?
PAFLAGONE
Io rubavo pel bene del paese!
POPOLO
Svelto, giú la corona, ché la voglio
porre in fronte a costui!
SALSICCIAIO
Svelto, giú, forca!
PAFLAGONE
Nemmen per sogno! So da un vaticinio
pizio a chi solo forza m'è soccombere!
SALSICCIAIO
Dirà certo il mio nome chiaro e tondo!
PAFLAGONE
Bene, ti voglio mettere alla prova,
se i responsi del Nume ti s'attagliano.
E dimmi prima questa sul tuo conto:
da bimbo, hai frequentata alcuna scuola?
SALSICCIAIO
Pei macelli, a cazzotti, il tòno io presi!
PAFLAGONE (Tragicamente)
Che mai dicesti! Ahi, come quest'oracolo
mi sconvolge la mente! Oh dimmi: quali
esercizi in palestra appresi hai tu?
SALSICCIAIO
Rubar, negare, aver faccia di bronzo!
PAFLAGONE (Sempre piú tragico)
A me che appresti, oh Febo, oh Licio Apollo!
E da grande, qual arte esercitasti?
SALSICCIAIO
Vendei salsicce, e lo pigliai nel culo!
PAFLAGONE
Ahi, me tapino! A nulla io son ridotto!
Sopra una lieve speme ancor mi reggo.
Dimmi quest'altra cosa: le salsicce,
le vendevi alle porte o sul mercato?
SALSICCIAIO
Alle porte, ove spaccian le salacche!
PAFLAGONE
Ahimè! Del Dio l'oracolo si compie...!
Tirate dentro questo sventurato!
(Si toglie la corona dal capo)
Addio, corona! Oh! quanto a mal mio grado
ti lascio! Un altro al crin ti cingerà,
non piú ladro di me, piú fortunato!
SALSICCIAIO
Ellenio Giove, la vittoria è tua!
CORO
Salve, bel vincitore! Io, non scordarlo,
t'ho messo al mondo! E chiedo poco: d'essere
Fano, scrivano nei processi tuoi.
POPOLO
Dimmi, come ti chiami?
SALSICCIAIO
Vincipiazza:
ché in piazza, a prova di condanne, io crebbi!
POPOLO
Dunque me stesso a Vincipiazza affido,
e gli consegno questo Paflagone!
SALSICCIAIO
Ed io ti servirò sí bene, o Popolo,
che converrai di non aver mai visto
uomo ai Boccapertani piú proficuo!
(Entrano, e i coreuti si rivolgono di nuovo verso gli spettatori)
SECONDA PARABASI
CORO Strofe
Che mai dà tanta gioia
quanto al principio e al termine dei cori
cantar gli agitatori
dei veloci corridori - né a Lisistrato dar noia,
né a Tumanti, il poveretto - senza casa e senza tetto!
Costui sa, buon Apollo che vuol dire appetito!
E prega a calde lagrime,
e il tuo turcasso nella sacra Pito
supplice tocca,
per non far piú vita cosí pitocca!
CORIFEO Epirrema
Se ben guardi, fra gli onesti par che biasimo non frutti,
ma che invece elogio meriti dire mal dei farabutti.
Certo il nome d'un amico ricordare non m'udreste
Se per sé quei fosse noto di cui voglio ora dir peste.
Che parlar non abbia inteso d'Arignòto non v'è alcuno,
che d'Aríone il canto sappia, che dal bianco scerna il bruno.
Ma da lui va per costume suo fratello ben distinto:
Arifràde: è un tomo, questo, ch'è birbone, e n'è convinto!
E non è solo briccone e modello di briccone:
non m'avrebbe fatto caso! Gli è che ha fatto un'invenzione!
E sarebbe che in nefande voluttà la lingua inquina,
pei postriboli, suggendo quella sudicia pruina;
e intrugliando nella potta, ei cosí la barba insozza,
roba fa da Polimnesto, con Oiònico s'accozza!
D'un tal uomo, per concludere, chi non sente troppo schifo,
nel bicchiere dov'io bevo, mai sarà che accosti il grifo!
CORO Antistrofe
Sovente immerso nelle
meditazioni insonni, io ricercai
come succeda mai
che cosí possa Cleònimo ingozzare a crepapelle!
Dicon dunque che dei ricchi - le sostanze egli rosicchi;
né c'è modo di farlo dalla dispensa uscire.
Invano quelli badano
a scongiurarlo: «Ti preghiamo, o sire,
esci, e ritegno
abbi a roder, di grazia, almeno il legno!»
CORIFEO Antepirrema
In convegno s'adunarono, sento dir per la città,
le triremi; ed una disse che provetta era in età:
«Dunque inteso non avete, bimbe mie, l'avvenimento?
Per far vela su Cartagine, dice, Iperbolo vuol cento
di noialtre, quel briccone, quella birba inacidita!»
La proposta insopportabile parve a quelle, inaudita;
e disse una che zitella era ancor: «Soggetta avermi
mai potrà quell'uomo. Dio me ne guardi! Pria dei vermi
qui corrosa, zitellona divenir preferirei!
Né Navetta di Navone, quant'è ver, che, per gli Dei,
sono anch'io di pece e tavole, egli avrà. Ché se in Atene
gli dan retta, preso il largo, rifugiarci ne conviene
di Tesèo nel santuario, od in quello de l'Erinni:
ch'ei non beffi, comandandoci, la città co suoi cachinni!
Ma gli schifi in mar calati, se tal fregola gli prese,
ve i lumi vendea, navighi per suo conto, a quel paese!»
(Nuova evoluzione del Coro che torna a volgersi verso la scena)
FINALE
VINCIPIAZZA (Torna trionfante)
Chiuse tener le labbra - e astenersi convien dai... testimòni.
I tribunali chiudansi - della nostra città delizia; e suoni
di peani il teatro - tutto, pei nuovi avvenimenti fausti.
CORO
Che liete nuove rechi - onde le strade fumin d'olocausti,
oh tu degl'isolani - scudo, oh tu della sacra Atene lume?
VINCIPIAZZA
Ho cotto e reso bello - Popol, che già vivea nel luridume!
CORO
E dove ora ei si trova - oh autor d'invenzion cotanto grande?
VINCIPIAZZA
Nella vetusta Atene, - che di mammole al crin cinge ghirlande.
CORO
Com'è? Che vesti indossa? - A ravvisarlo, come ci riesco?
VINCIPIAZZA
È quale con Aristide - un dí sedeva e con Milziade a desco!
Ma già dei Propilèi - cigola l'uscio: lo vedrete or ora!
(Entra Popolo ringiovanito, nel fulgido costume dell' antica
Atene, coi capelli raccolti intorno al capo e ornati di
cicale d'oro)
Alto clamor di gioia - leva! L'antica Atene è innanzi a te,
la mirabile, d'inni - sonora, dove Popolo ha dimora!
CORO
Oh Atene, oh desiata, - oh illustre ch'ài di mammole corona,
a noi di questa terra - e de l'Ellade tutta addita il re!
VINCIPIAZZA
Vedilo, nell'antiche - vesti fulgente; e ai crini ha la cicala
d'oro: né di conchiglie - ma di tregua e di mirra odore esala!
CORO
Salve, oh re degli Ellèni! - Il gaudio nostro al tuo gaudio consuona.
Degno ti sei mostrato - d'Atene e del trofeo di Maratona!
POPOLO (È intanto giunto in mezzo alla scena
e rivolge la parola a Vincipiazza)
Qui, Vincipiazza, oh d'ogni uomo il piú caro!
Che ben la tua cottura a me facea!
VINCIPIAZZA
E di ciò ch'eri pria tu vivi ignaro,
o che un Celeste io fossi avresti idea!
POPOLO
Che ero? Che facevo? Oh parla chiaro!
VINCIPIAZZA
Primo, se mai qualcuno in assemblea
dicea: «Di te son vago, o Popol mio,
t'amo, di te mi do pensier sol io»;
appena uno intonava questo attacco,
la cresta alzavi, e facevi il galletto,
tu!
POPOLO
Io?
VINCIPIAZZA
L'amico poi levava il tacco,
dopo averti imbrogliato!
POPOLO
Oh che m'hai detto!
Mi facevo cosí metter nel sacco,
e non ne avevo il menomo sospetto?
VINCIPIAZZA
Troppo le orecchie tue si spalancavano
a mo' d'ombrello, e poi si rinserravano!
POPOLO
Ero fatto cosí vecchio e balordo?
VINCIPIAZZA
E se due parlatori in assemblea,
l'un di costrurre navi d'alto bordo,
l'altro di largir paghe proponea,
quel della paga non parlava a sordo,
e vinto andava quel della galea...
Ehi, vuoi star sodo?... Perché abbassi il volto?
POPOLO
Mi vergogno che fatto ero sí stolto!
VINCIPIAZZA
Fa' cuore! Il torto non fu tuo, ma tutto
di chi t'abbindolava. E di', se adesso
ti dice un mozzorecchi farabutto:
«Pronunciate condanna, in tal processo,
giudici, o resterete a becco asciutto» -
dimmi, che gli farai?
POPOLO
Me n'impossesso,
gli stringo al collo, a guisa di pendaglio
Iperbolo, e nel baratro lo scaglio!
VINCIPIAZZA
Ora sí: questa è giusta e giudiziosa!
E vediamo, su', dimmi, agli altri affari
come provvederai?
POPOLO
Per prima cosa,
la paga a ciaschedun dei marinari
della flottiglia, come a terra posa,
sborserò sino agli ultimi denari!
VINCIPIAZZA
Affé, concetti molto benemeriti
esprimi tu pei logori preteriti!
POPOLO
Niun, poi, per amichevole intervento
potrà, se nelle liste è oplita iscritto,
cambiar di ruolo: e sia di quel contento
ch'ebbe da prima!
VINCIPIAZZA
Il colpo va diritto
a Cleònimo!
POPOLO
E infine, in Parlamento
piú di parlare non avran diritto
gli sbarbatelli!
VINCIPIAZZA
E dove, in conclusione,
si sfogheranno Clístene e Stratone?
POPOLO
La ragazzaglia, dico io, che seduta
in questo e in quel negozio di barbiere,
in tal guisa ogni dí sentenze sputa:
(Imita la parlata affettata dei giovanotti alla moda)
«Bravo è Feace, e rotto nel mestiere:
conclude, stringe, ha la sentenza arguta,
ha molta scuola, incalza, e sa tenere
con la parola a freno i cittadini!»
VINCIPIAZZA
Non lo fai tu col dito ai chiacchierini?
POPOLO
Vo' che i voti, perdio, lascino in pace,
e a cacce e a cani badin quanti sono!
VINCIPIAZZA
Or che di questo sei fatto capace,
questo sgabello e un bimbo anche ti dono,
che tu lo prenda teco. E se ti piace,
tu potrai bene far mettere prono
a mo' di seggiolino anche il ragazzo.
POPOLO
M'accomodo all'antica! Oh, che sollazzo!
(Vincipiazza gli consegna un giovinetto che si colloca
accanto a Popolo)
VINCIPIAZZA
E s'io mettessi allora in tuo possesso
le tregue trentennali, oh che diresti?
(Si volge verso l'interno)
Tregue, su', svelte, a noi fatevi presso!
(Due bellissime ragazze vengono a collocarsi accanto a Popolo
e al ragazzo)
POPOLO
Oh Giove onoratissimo e Celesti,
che fiori di ragazze! Ed è permesso
trentennarle? - Ma di', donde le avesti?
VINCIPIAZZA
Nascoste non le avea nella magione,
che tu non le pigliassi, il Paflagone?
Ma tue sono or, te le potrai godere
nei campi!
POPOLO
E il Paflagon come si spiccia,
che aveva fatto il tiro?
VINCIPIAZZA
Il mio mestiere
gli passo, e basta. Venderà salsiccia
solo, presso alle porte, sul tagliere
di somaro e di can mischiando ciccia;
risserà con bagasce ebbro, e le sozze
scolature berrà delle tinozze.
POPOLO
Ben trovato, il compenso alle sue geste!
Col bagnino berciar, con la bagascia!
Il seggio al Pritanèo, dove tal peste
sedea, ch'io t'offra in guiderdone lascia.
Seguimi, e indossa questa verde veste;
e perché gli stranier' che in tanta ambascia
furon per lui, lo possano vedere,
trascini alcun quest'uomo al suo mestiere!
(Il Paflagone è trascinato via. Popolo, seguito dalle due ragazze,
dal bimbo, da Vincipiazza, esce trionfalmente dall'altra parte,
accompagnato da grida di giubilo del Coro)
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