A cura di Diego Fusaro
Averroè nacque in una famiglia di famosi giuristi della scuola malikita; sia il nonno paterno che il padre erano autorità locali incaricate di amministrare la giustizia nella Cordova almohade. Divenne medico, giurista e filosofo. Fu anch'egli qadi di Siviglia e poi di Cordova. Scrisse numerosi commenti su Aristotele, alcune opere filosofiche originali e una enciclopedia di medicina.
L'opera filosofica più importante di Averroè fu L'incoerenza dell'incoerenza (Tahafut al-tahafut), diventata in lingua latina la Destructio destructionis philosophorum, in cui egli prese le difese della filosofia aristotelica contro le critiche esposte da al-Ghazali nel trattato L'incoerenza dei filosofi (Tahafut al-falasifa), che in latino era diventata la Destructio philosophorum, in cui si sosteneva che il pensiero di Aristotele, e la filosofia in generale, fossero in contraddizione con l'Islam. La tesi fondamentale di Averroè era esattamente opposta: egli sosteneva che la verità può essere raggiunta sia attraverso la religione rivelata sia attraverso la filosofia speculativa.
Durante l'ondata di fanatismo religioso che attraversò al-Andalus alla fine del XII secolo, egli fu esiliato e tenuto sotto controllo fino alla morte. Molte delle sue opere di logica e metafisica furono distrutte dalla censura. La morte di Averroè, in esilio, si può considerare come simbolo della fine della cultura liberale nella Spagna islamica.
Storicamente, Averroè fu importantissimo per le sue traduzioni e commenti delle opere di Aristotele, che in Occidente erano state quasi completamente dimenticate (prima del 1150 solo pochissime opere aristoteliche erano accessibili nell'Europa latina). Il recupero della traduzione aristotelica in Europa deve moltissimo alla traduzione in latino degli scritti di Averroè, iniziata nel XII secolo. Fra gli altri, Tommaso d'Aquino fu influenzato dalle idee di Averroè; il filosofo cristiano lo riteneva così importante da non chiamarlo per nome, bensì "il Commentatore", con la stessa deferenza con cui chiamava Aristotele "il Filosofo".
I suoi scritti furono tradotti in ebraico da Jacob Anatoli nel XIII secolo e influenzarono la filosofia ebraica da Maimonide fino a Spinoza.
Averroè divenne medico del califfo Abu Yaqub Yusuf e fu nominato giudice a Siviglia e poi a Cordova; il califfo stesso gli diede il compito di commentare le opere di Aristotele. La sua situazione favorevole non mutò nei primi anni di regno del nuovo califfo al-Mansur, successo al padre nel 1184, ma verso il 1194 Averroè dovette subire un processo e varie sue opere furono distrutte. Per questa ragione, una parte di esse é sopravvissuta solo in versioni ebraiche e latine. Esiliato nei pressi di Cordoba , Averroè concluse la sua vita a Marrakesh in Marocco. Averroè diventerà noto presso i latini soprattutto come commentatore di Aristotele. Dante stesso nell' Inferno (IV, 144) lo definisce come colui "che ' l gran comento feo" . I suoi commenti sono di tre tipi :