La figura
forse più rappresentativa e influente del movimento neopositivistico fu Rudolf
Carnap (1891-1970). Nato a Ronsdorf in Germania, seguì le lezioni di Frege a
Jena e si addottorò in Fisica a Friburgo nel 1921. Nel 1926 divenne Professore a
Vienna ed entrò a far parte del Wiener Kreis, dirigendo la rivista "Erkenntnis"
insieme a Reichenbach. Successivamente insegnò nell'Università di Praga e dal
1936 in quella di Chicago, da cui si trasferì nel 1952 a Princeton e nel 1954
nell'Università di Los Angeles, città dove morì. Nella sua prima opera
sistematica, " La costruzione logica del Mondo " (1928), Carnap intende
mostrare come il mondo si strutturi logicamente in un sistema di conoscenze,
eretto a partire da una base empirica , la cui unità
minima è l'esperienza vissuta elementare ( in tedesco, Elementarerlebnis
). Egli si richiama ai risultati delle indagini condotte dalla cosiddetta
"psicologia della forma" ( Gestalpsychologie ), secondo cui i contenuti
della percezione non sono semplici aggregati di elementi, ma totalità
strutturate: nell'invarianza di tale struttura risiede il loro significato.
Costituire un oggetto equivale, allora, a mostrare il significato del segno
corrispondente ad esso, indicando i criteri di verità delle proposizioni in cui
tale segno può comparire. A sua volta il significato delle proposizioni si
costituisce solo entro un 'sistema', che stabilisca le regole di formazione e
trasformazione delle proposizioni stesse. Attraverso queste operazioni di
costituzione, l'esperienza si presenta come un campo strutturato secondo leggi
logiche invarianti e oggettive, puramente formali. Grazie al formalismo logico , tutte le teorie scientifiche esibiscono
una struttura logica e una comune derivazione dei loro concetti dalle medesime
esperienze di base. Sono queste a fornire il materiale per il controllo empirico
delle teorie scientifiche. Mettere alla base dell'edificio della scienza le
esperienze elementari immediate, che sono soggettive e private, non rischia di
condurre al soggettivismo o al solipsismo? Carnap risponde che si tratta
soltanto di un solipsismo metodologico , il quale sarà
abbandonato una volta che il mondo sia ricostruito o costituito nella sua
struttura logica, perché allora gli enunciati saranno tradotti in termini fisici
relativi a stati o condizioni di un corpo fisico e potranno, quindi, essere
controllati inter-soggettivamente. In alcuni articoli pubblicati su "Erkenntnis"
nel 1932-33, Carnap, influenzato anche da discussioni con Neurath, sostituisce
alle esperienze vissute elementari i cosiddetti protocolli , ossia le registrazioni immediate di esperienze
(per esempio: "in questo luogo e ora ci sono questi corpi"). Questi enunciati
non richiedono di essere giustificati e servono da fondamento agli altri
enunciati della scienza. Ciò non significa che questi ultimi derivino
direttamente dagli enunciati protocollari: le leggi di natura, infatti, sono
formulate nel linguaggio scientifico sottoforma di proposizioni generali, le
quali hanno sempre il carattere di ipotesi perché da un insieme finito di
proposizioni singolari, quali sono gli enunciati protocollari non può mai essere
ricavata con assoluta necessità una proposizione universale: per esempio, il
fatto di aver osservato che i cigni sono bianchi. Richiamandosi al fisicalismo
di Neurath, anche Carnap ritiene che tutti gli enunciati empirici possono essere
espressi in un unico linguaggio, ossia in un unico vocabolario e in un'unica
sintassi, intesa come un insieme di regole per trasformare gli enunciati in
altri enunciati: quest'ultimo linguaggio base è fornito dalla fisica, cosicchè
per esempio l'enunciato protocollare: "il mio corpo vede rosso" può essere
tradotto nell'enunciato: "il corpo C ora sta vedendo rosso". In base a questi
presupposti, Carnap può condurre, in un celebre articolo del 1931, intitolato "
Superamento della metafisica mediante l'analisi logica del linguaggio ",
una critica alla metafisica , mostrando che gli
enunciati di essa sono privi di senso, in quanto fanno uso di termini che non
hanno significato, ossia non hanno alcun riferimento empirico, com'è il caso del
termine "nulla" usato da Heidegger, oppure combinano tra loro termini in modo
sintatticamente scorretto. Il linguaggio della metafisica appare, allora,
soltanto come un'espressione di sentimenti e i metafisici vengono paragonati da
Carnap a " musicisti senza talento " : " nel campo della metafisica
(con inclusione di ogni filosofia dei valori e teoria normativa), l'analisi
logica porta al risultato negativo, per cui le presunte proposizioni di questo
ambito si dimostrano del tutto prive di senso. Si consegue così un radicale
superamento della metafisica, quale non era ancora possibile partendo dai
precedenti punti di vista antimetafisici […]. Come mezzo di espressione del
sentimento della vita, l'arte è lo strumento adeguato, mentre la metafisica non
lo è […]. Il metafisico crede di muoversi in un ambito riguardante il vero e il
falso. In realtà, viceversa, egli non asserisce nulla, ma si limita a esprimere
dei sentimenti, come un artista " ("Il superamento della metafisica mediante
l'analisi logica del linguaggio"). L'influenza di Neurath, che mostrava come le
proposizioni della scienza potessero essere controllate soltanto attraverso il
confronto con altre proposizioni e non direttamente con i fatti empirici, fu
determinante anche nello spostare l'attenzione di Carnap dalla dimensione semantica del linguaggio, ossia dal problema del rapporto tra
i segni e le entità alle quali si riferiscono, alla dimensione sintattica , ossia alle relazioni dei segni tra loro. Il
risultato di queste indagini è il volume " Sintassi logica del linguaggio
" (1934). I filosofi, secondo Carnap, usano il "modo materiale" di parlare,
ossia parlando in termini di cose, anziché di parole, come avviene nel "modo
formale" di parlare: proprio per questo, essi cadono in pseudo-problemi, come
quello sulla natura dei numeri. Secondo Carnap, occorre distinguere tra gli
enunciati propri di un dato linguaggio e gli enunciati che parlano di questi
stessi enunciati: i primi costituiscono il linguaggio-oggetto , mentre i secondi costituiscono il metalinguaggio , ossia un linguaggio che ha come oggetto un
altro linguaggio. Carnap intende, appunto, costruire un metalinguaggio, ossia la
teoria formale delle forme linguistiche: tale è la sintassi logica del
linguaggio, che stabilisce le regole in base ai quali costruire le strutture
linguistiche. Queste regole sono puramente formali, in quanto non fanno alcun
riferimento al significato dei segni linguistici e delle loro combinazioni: esse
sono regole di formazione, le quali determinano se un enunciato è ben formato,
ossia è grammaticalmente corretto, e regole di
trasformazione , le quali descrivono il modo in cui un enunciato può
essere derivato da un altro. La sintassi logica consiste, dunque, nella
costruzione di un linguaggio artificiale, puramente formale ed ha pertanto un
carattere convenzionale. Essa non ha lo scopo di formulare proibizioni: ognuno
può costruire la sua logica, purchè ne espliciti le regole sintattiche di
formazione e combinazione di segni: in ciò consiste quello che Carnap ha
chiamato principio di tolleranza . Esso viene da Carnap
trattato nella " Sintassi logica del linguaggio " (1934): egli estende a
qualsiasi tipo di linguaggio il modello dell'indagine operante nella
meta-matematica di Hilbert e nella meta-logica di Tarski, che prescindono dalla
considerazione del significato dei segni e delle formule matematiche o logiche,
per considerarle in maniera meramente formale come segni formati in determinati
modi e suscettibili di combinazioni e trasformazioni secondo precise regole.
Queste regole di formazione e trasformazione dei segni possono essere fissate
arbitrariamente, perché sono esse che definiscono il linguaggio al quale si
devono applicare (ad esempio, ai vari rami della matematica); in ciò consiste il
"principio di tolleranza" enunciato da Carnap. In tal modo, oggetto della
sintassi logica diventano gli aspetti formali del linguaggio, non il linguaggio
nel suo complesso, e la filosofia diventa logica della scienza, ovvero sintassi
logica del linguaggio scientifico, in quanto non tratta degli oggetti di cui si
occupano le varie scienze, ma solo delle frasi riguardanti tali oggetti: " il
nostro atteggiamento si esprime attraverso la formulazione del 'principio di
tolleranza': non è nostro compito stabilire delle proibizioni, ma soltanto
giungere a delle convenzioni […]. In logica non vi sono morali. Ognuno è libero
di costruire la propria logica, cioè la propria forma di linguaggio, nel modo
che vuole. Tutto ciò che si esige da lui, se egli intende dar ragione del
proprio metodo, è che lo stabilisca chiaramente e suggerisca regole sintattiche
invece di argomenti filosofici ". L'arrivo negli Stati Uniti d'America
coincide per Carnap con un allontanamento dalle tesi più radicali sostenute dal
Circolo di Vienna e con un rinato interesse per le indagini di "semantica", a
cui sono dedicate soprattutto l' " Introduzione alla semantica " (1942) e
" Significato e necessità " (1947). Sulle orme di Tarski, egli concepisce
la semantica in termini meramente formali: egli distingue infatti tra "verità
logica" e "verità di fatto". La prima è basata solamente sul significato delle
parole, in particolare su quello delle cosiddette "costanti logiche" ("e", "o",
"non", ecc), mentre la seconda richiede un accertamento dei fatti. In questo
senso, la nozione di verità logica è strettamente connessa, secondo Carnap, alla
nozione di "necessità": quest'ultima indica la verità in qualsiasi mondo
possibile. Così, per esempio, in qualunque mondo possibile, ossia
indipendentemente dai fatti contingenti, è sempre vera la proposizione "è
necessario che Dante sia fiorentino o non fiorentino". Poiché verità logica e
necessità sono strettamente congiunte, la cosiddetta "logica modale", che studia
gli enunciati nei quali entrano gli operatori "è necessario", "è impossibile",
"necessariamente", ecc, è da Carnap considerata un ramo della semantica. In
questo senso, egli ritiene che gli enunciati modali siano da interpretare come
asserzioni di proprietà semantiche riguardanti enunciati: per esempio,
l'enunciato modale "A è necessariamente B" asserisce che "l'enunciato 'A è B' è
necessario". Contemporaneamente, Carnap procede, già in " Controllabilità e
significato " (1936-37), a liberalizzare il criterio del significato, che il
Circolo di Vienna aveva indicato nella verificabilità. Carnap interpreta il
principio di verificazione come una semplice
raccomandazione per chi intende costruire un linguaggio scientifico, senza
rischiare di introdurre proposizioni metafisiche, come potrebbe essere la stessa
proposizione "ogni proposizione è empirica". Anziché insistere sulla
verificabilità diretta di una teoria mediante dati empirici, Carnap distingue
ora tra controllabilità , la quale è data dal fatto di
avere a disposizione un metodo di verifica sperimentale, e confermabilità , quando un tale metodo non può essere
indicato. In particolare, un enunciato può essere confermabile senza essere
controllabile: ciò avviene quando sappiamo che una certa serie di controlli
condurrebbero alla sua conferma, senza sapere come procedere a tali controlli.
Egli distingue quindi vari livelli, che vanno dalla controllabilità completa
alla controllabilità non completa, come quella riguardante le leggi di natura,
che sono enunciati generali, sino alla semplice confermabilità, che è tuttavia
sufficiente ad escludere gli enunciati propri della metafisica. In quest'
orizzonte di problemi, Carnap affronta anche le questioni dell' induzione e della probabilità , in
particolarità nell'opera Fondamenti logici della probabilità (1950). Egli
ritiene, infatti, che ogni ragionamento induttivo, su cui si fonda la
formulazione delle leggi scientifiche, è un ragionamento in termini di
probabilità, cosicchè " la logica induttiva, ossia la teoria dei princìpi di
tale ragionamento, coincide con la logica probabilistica ". Questa, però,
deve fondarsi non sul concetto di probabilità come frequenza, usato in
statistica e privilegiato ad esempio da Reichenbach, ma deve intendere la
probabilità come relazione logica tra due enunciati e, precisamente, come il
grado di conferma di un'ipotesi ( conclusione ) sulla base di dati
elementi probatori ( premesse ). In questo senso, ciò a cui mette capo
l'inferenza induttiva è, appunto, la determinazione del grado di conferma di
un'ipotesi.