NICOLAI
HARTMANN
La vita di Nicolai Hartmann fu
interamente consacrata all'insegnamento; nato a Riga nel 1882, fu professore nelle
università di Marburgo, Colonia, Berlino e Göttingen; morì a Gottinga nel 1950.
Di impostazione fenomenologica, fu autore di numerosissime opere, tra le quali
vanno ricordate, senz'ombra di dubbio, Princìpi di una metafisica della
conoscenza (1921), Etica (1926), Filosofia sistematica (1931),
Il problema dell'essere spirituale (1933), La fondazione
dell'ontologia (1935), Possibilità e realtà (1938) e La struttura
del mondo reale (1940). La formazione di Hartmann avvenne nell'ambito della
Scuola di Marburgo di Cohen e Natorp, ma successivamente si accostò alla
fenomenologia di Husserl, da lui intesa come un correttivo all'idealismo logico
dei suoi primi maestri. Egli, però, ritenne che la fenomenologia fosse solamente il primo stadio della ricerca
filosofica, la fenomenologia, infatti, descrive fedelmente i fenomeni
intenzionali della coscienza, ma si arresta ad essi, senza andare avanti,
credendo di aver in questo modo raggiunto l'essenza delle cose. Allo sguardo
disinteressato tipico della fenomenologia sfuggono così i problemi presenti nei
fenomeni, cioè di qualcosa che in essi rimane incompreso: questi problemi
diventano oggetto del secondo stadio della ricerca filosofica, che Hartmann
definisce aporetica ( dal greco aporia , 'difficoltà apparentemente senza via d'uscita'). Il
terzo e ultimo stadio è dato dalla teoria , che
consiste non nella soluzione delle aporie, ma nel tentativo di risolverle. Tutte
queste teorie Hartmann le illustra nei Fondamenti di una metafisica della
conoscenza (1921): egli sostiene che la filosofia non può prescindere da '
una descrizione fedele dei fenomeni ', deve svelare le contraddizioni
interne del reale (funzione aporetica) e risolvere queste aporie (funzione della
teoria). Ad avviso di Hartmann, è finito il tempo dei sistemi filosofici con
pretese di definitività: la storia, infatti, sorpassa e rende superati i
sistemi, che via via sono costruiti; quel che permane, invece, è il pensiero
sistematico, cioè il pensiero che muove dai problemi, i quali in eterno si
ripresentano nella storia, per cercarne la soluzione e, per questa strada, mira
al sistema come meta ultima, non come anticipazione di soluzioni. La teoria
consiste proprio in una trattazione delle aporie, basata su una concezione in
grado di oltrepassare la visione ingenua e banale delle cose: il suo campo
d'azione è dato dai perenni problemi metafisici . La
loro perennità è data dal fatto che essi non sono mai risolubili una volta per
tutte, ma si presentano però come inevitabili. Hartmann considera come grave
errore il ritenere che nella scienza si debbano ammettere solamente i problemi
risolubili, perchè in generale non si può mai sapere in anticipo che cosa sia
risolvibile e che cosa no. I problemi metafisici nascono non solo dalla teologia
o dalla cosmologia; infatti, pure le scienze positive sollevano problemi
metafisici, come quelli riguardanti la validità degli assiomi matematici o dei
fondamenti fisici. Nella stessa teoria della conoscenza, osserva Hartmann, che
in linea di principio si ritiene che debba servire ad anticipare la metafisica,
si celano in realtà caterve di questioni metafisiche. La conoscenza , infatti, ad avviso di Hartmann, non è un puro
fenomeno della coscienza; la sua caratteristica è l'intenzionalità, consistente
nel trascendere verso l'oggetto. Ma l'oggetto della conoscenza non è
integralmente risolubile nel suo essere oggetto, cioè l'oggetto non si riduce
alla sua rappresentazione, quale è data ad un soggetto conoscente. La conoscenza
si configura dunque come 'relazione trascendente' tra soggetto e oggetto, per
cui l'oggetto esiste indipendentemente dal soggetto e non è mai del tutto
conoscibile. Il modo di essere dell'oggetto Hartmann lo definisce iperoggettivo : questo vuol dire che quel che esso è in sè,
non è modificato dal suo entrare in rapporto col soggetto conoscente. Il
cambiamento concerne solamente il soggetto, il quale, entrando in rapporto con
l'oggetto, diventa rappresentazione del medesimo. L'errore dei neokantiani e di
Husserl in persona, stando ad Hartmann, sta nell'aver risolto l'oggetto nella
rappresentazione, nel suo darsi alla coscienza. La posizione hartmanniana porta
invece ad una rivendicazione del carattere realistico della conoscenza: la
conoscenza trascende verso l'oggetto, che però essa non riesce mai a governare
totalmente, dal momento che rimane sempre in esso un residuo inaccessibile ed
invalicabile. Sotto questo profilo, Hartmann definisce la propria posizione un'
ontologia critica , radicalmente distinta dalle
vecchie ontologie, che non ammettevano questi limiti intrinseci alla conoscenza
umana e l'esistenza di problemi irrisolvibili. Questi si presentano anche nella
dottrina della conoscenza: di questo tipo è, ad esempio, la questione di come
sia possibile confrontare la rappresentazione con l'oggetto, se l'oggetto è dato
solo nella rappresentazione e quel che esso è in sè contiene sempre un residuo
inaccessibile alla conoscenza. Questo, per Hartmann, rimane un enigma, che però
è inevitabile, cioè si ripresenta incessantemente alla riflessione filosofica,
che deve convivere con esso come con tutti i problemi metafisici. I mondo si
presenta in modo evidente come una stratificazione di
piani, ognuno dei quali è diverso dagli altri in base ai contenuti: natura
inorganica, natura organica, piano psichico e piano spirituale. Ogni strato
superiore contiene in sè forme e proprietà appartenenti a quello inferiore, ma
al tempo stesso presenta forme e leggi nuove, cosicchè tra l'uno e l'altro non
avviene un passaggio graduale. In questo panorama, ogni stato superiore
rappresenta una soprastruttura rispetto all'inferiore, da cui è sì condizionato,
ma non determinato. Così, ad esempio, il piano psichico è una soprastruttura
rispetto a quello organico, in quanto in esso è abbandonata la categoria di
spazio dominante a livello organico. E' quindi sbagliato applicare categorie e
modelli esplicativi, pertinenti ad un piano, ad altri piani: in questo senso,
non si può parlare di meccanicismo in relazione ai fenomeni psichici o di
finalismo in relazione al mondo inorganico. Lo strato più alto è dato dall'
essere spirituale , cui Hartmann attribuisce
caratteristiche che fanno venire in mente lo spirito oggettivo illustrato da
Hegel. Esso, infatti, non può essere confuso con la coscienza dei singoli
individui, in quanto è impersonale ed universale, anche se non esiste al di
fuori degli esseri finiti: esso coincide con la vita spirituale, nelle sue
svariate manifestazioni storiche, artistiche, religiose, filosofiche e via
discorrendo. in definitiva, l'ontologia deve giustificare l'oggettività degli
enti esterni alla coscienza, cogliendo il loro fondamento nell'essere,
descrivendolo nelle sue diverse sfere. Sempre a proposito dell'ontologia,
Hartmann stabilisce, in Possibilità e realtà , che la realtà è possibile
e necessaria nella misura in cui è 'effettuale': il modo fondamentale
dell'essere è l' effettualità , cioè una assoluta e
necessaria capacità di determinare il reale. La stessa posizione è rinvenibile
anche in ambito morale: dato che la realtà è necessaria per il fatto stesso di
darsi in un modo determinato, la libertà di scelta risulta impossibile. Al di
sopra della storia esistono i valori in sè , quel che
nella storia nasce e decade è solo la coscienza di tali valori. Richiamandosi
esplicitamente a Scheler, Hartmann definisce il bene etico come ' un insieme
di valori che si rivelano tutti all'uomo con la pretesa di venire realizzati
' e, dunque, non sono oggetto di conoscenza disinteressata, ma implicano una
relazione emozionale con essi. Dal momento che la coscienza non ha la conoscenza
dei valori nel suo insieme, la realizzazione di essi può avvenire solo
storicamente, grazie alla mediazione degli uomini. Ne consegue che ogni morale
positiva, in vigore in una data società, sarà sempre e comunque necessariamente
unilaterale, dato che non è possibile conoscere una volta per tutte cosa sia il
bene. Il mondo dei valori è dunque un insieme di entità ontologiche ideali e
indipendenti dal soggetto, che ne diventa consapevole tramite un sentimento
immediato. Nella sua Etica Hartmann sostiene la necessità di fondare
l'etica sullo spiritualismo oggettivo (il diritto, la moralità, l'eticità)
operante nella storia, di derivazione hegeliana.
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