HEGEL

A cura di



FAQ (FREQUENTI QUESITI POSTI) SU HEGEL

1 . Perché nella filosofia hegeliana il finito si risolve nell'infinito?

2 . Che cosa significa " tutto ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale "?

3 . Perché il divenire, il processo, lo svolgimento sono in Hegel indissolubilmente legati alla logica-dialettica?

4 . Quali sono le differenze più rilevanti tra la filosofia di Kant e la filosofia di Hegel?

5 . Perché la "coscienza infelice" è una figura che può essere assunta come chiave interpretativa della Fenomenologia dello Spirito ?

6 . Perché la figura signoria-servitù è stata più volte rivisitata da pensatori e filosofi dell'Ottocento e del Novecento?

7 . Perché la filosofia della natura è considerata il "tallone d'Achille" del sistema hegeliano?

8 . Perché Hegel, ritenendo che la moralità debba essere superata nell'eticità, è critico nei confronti dell'impostazione morale kantiana?

9 . Che cosa intende Hegel per società civile e per stato?

10 . In che modo Hegel intende il rapporto tra l'individuo e lo stato?

11 . Perché diversi pensatori contemporanei (tra cui Popper e Bobbio) sono critici nei confronti del pensiero politico di Hegel?

12 . Che ruolo svolge lo spirito assoluto nel sistema di Hegel
 

1. Perché nella filosofia hegeliana il finito si risolve nell'infinito?

La risoluzione del finito nell'infinito è da sempre considerata una delle tesi di fondo dell'idealismo hegeliano. Con questa teoria egli intende dire che la realtà non è un insieme di sostanze autonome, che  sussistono separatamente, ma un organismo unitario, di cui tutto ciò che esiste è semplice manifestazione. Tale organismo coincide con l'Assoluto o Infinito, mentre le varie manifestazioni di esso rimandano allo stesso Infinito. Di conseguenza, il finito, come tale, non esiste in quanto ciò che noi chiamiamo finito non è altro che espressione, modo d'essere  dell'infinito.

2. Che cosa significa "tutto ciò che è razionale èreale; e ciò che è reale è razionale"?

Con questo aforisma Hegel intende riassumere quello che costituisce uno dei capisaldi del suo sistema, cioè l'identità tra Ragione e realtà. La Ragione (il razionale) è reale in quanto si attua nella realtà in forme concrete; essa non rimane un concetto astratto, ideale, ma è riscontrabile nel mondo concreto poiché ogni fatto che si realizza ha la ragione del suo verificarsi. D'altra parte tutto ciò che esiste (il reale) è manifestazione concreta della Ragione; nella realtà infatti, non c'è posto per qualcosa che non sia pensiero, poiché ogni evento segue magari inconsapevolmente una certa struttura razionale. Non esiste contrasto e nemmeno differenza tra la Ragione e la realtà: ciò che accade è giusto, è logico e naturale che accada (giustificazionismo francamente discutibile). Da qui, in Hegel, l'identità tra essere e dover-essere, diversamente dalla soluzione kantiana.

3. Perché il divenire, il processo, lo svolgimento sono in Hegel indissolubilmente legati alla logica dialettica?

La dialettica, oltre ad essere la legge logica di comprensione della realtà e la legge ontologica di sviluppo della realtà, è anche la legge che regola il divenire e per questo è legata indissolubilmente ad esso. Inoltre secondo Hegel pensare dialetticamente significa pensare alla realtà come ad un insieme di processi che procedono secondo lo schema fisso di tesi, antitesi e sintesi, ovvero affermazione di un concetto, sua negazione e infine unificazione di affermazione e negazione in una sintesi superiore. Riaffermazione che viene identificata da Hegel con il termine tecnico Aufhebung, il quale evidenzia l'idea di un superamento che è sia un "togliere", in quanto appunto qualcosa viene negato, sia un "conservare", dato che Hegel intende la sintesi come mediazione, come unità del contraddittorio. Ogni sintesi ottenuta poi rappresenta a sua volta un nuovo punto di partenza: la tesi a cui si contrappone un'altra antitesi, da cui si svolge un'ulteriore sintesi e così via. La dialettica arriva così ad esprimere un processo che porta a raggiungere l'obiettivo di Hegel, ovvero la riunificazione del molteplice in una totalità sistematica.


 

4. Quali sono le differenze più rilevanti tra la filosofia di Kant e la filosofia di Hegel?

"Uno dei punti di vista capitali della filosofia critica è, che prima di procedere a conoscere Dio, l'essenza delle cose, ecc., bisogni indagare la facoltà del conoscere per vedere se sia capace di adempiere quel compito [...] Voler conoscere dunque prima che si conosca è assurdo, non meno del saggio proposito di quel tale Scolastico, d'imparare a nuotare prima di arrischiarsi nell'acqua". (Enciclopedia delle scienze filosofiche, Bari, 1966, pag. 55)
Questo famoso e sarcastico aforisma di Hegel ci fa intuire la radicale differenza tra i due grandi pensatori tedeschi: se in Kant prevale, anche alla luce di una tradizione filosofica, che rimanda ad esempio a Locke, una impostazione gnoseologica, un preliminare interrogarsi sui limiti della conoscenza umana, in Hegel proprio questi limiti vengono abbattuti a favore di una conoscenza, di una ragione infinita, annunciata dalla rivoluzione filosofica dell'Idealismo.
Se in Kant noi possiamo conoscere mediante le forme a priori dello spirito (spazio, tempo, le categorie, l'io penso), che sole possono giudicare il materiale empirico e quindi permetterci una conoscenza scientifica del mondo fenomenico, questo comporta un insieme di conseguenze metodologiche: la conoscenza pura è distinta dalla conoscenza empirica, il mondo fenomenico è diviso dal mondo noumenico, la sensibilità è altro rispetto all'intelletto, e il mondo noumenico, la cosa in sè, va al di là della possibilità di conoscenza propria dell'uomo. Al contrario, in Hegel, ragione pura e conoscere empirico (il razionale e il reale) non sono separabili, sensibilità e intelletto sono momenti dialettici di uno stesso processo, fenomeno e noumeno perdono la loro distinzione, dato che il concetto di cosa in sè, come di una realtà non conoscibile, viene a cadere. Con Hegel viene meno, insomma, la distinzione tra piano della realtà e piano del pensiero, dal momento che al di là del pensiero, della soggettività non vi è alcuna realtà indipendente.
Il punto più manifesto del disaccordo è forse rappresentato dalla cosmologia razionale: secondo Kant la ragione giunge a proposizioni contraddittorie sul mondo (e quando il mondo viene trattato come totalità diventa un ente metafisico, non più scientifico), affermando, ad esempio, sia che la materia è composta di parti semplici, sia che la materia è infinitamente divisibile. Per Kant questa contraddizione della ragione con se stessa è una dimostrazione lampante della vacuità della metafisica (cioè di una ragione infinita, svincolata dai limiti del fenomenico). Per Hegel invece il contraddittorio diviene il motore stesso della ragione: di una ragione infinita, intesa come totalità e processo, coincidente con la stessa realtà.
Vi sono altre differenze tra i due pensatori. In particolare sul pensiero etico-politico (si pensi ad esempio alla diversa considerazione della guerra), ma qui si volevano sottolineare gli aspetti filosofici più generali, anche se non è possibile evitare un'ultima considerazione. Nella ragion pratica, per Kant Dio è un postulato, è cioè un ideale indimostrabile e trascendente rispetto alla nostra vita. Per Hegel il divino è la stessa totalità, il processo immanente, la ragione infinita che si dispiega nel reale, in cui Dio e uomo finiscono per coincidere. Ma questa coincidenza implica che il senso dell'esistenza non può essere cercato in un orizzonte esterno al mondo in cui l'uomo vive.

**

5. Perché la "coscienza infelice" è una figura che può essere assunta come chiave interpretativa della Fenomenologia dello Spirito ?

La coscienza infelice può essere considerata il concetto chiave della Fenomenologia dello Spirito , perché solo tramite essa si giunge dialetticamente alla conciliazione e alla fusione tra il finito e l'infinito.
La coscienza, infatti, raggiunge il suo stato di massima infelicità nel momento in cui si presenta una separazione tra il mutevole e l'immutabile, tra la realtà sensibile e la realtà ultrasensibile.
Tale scissione risulta esplicita nella radicale separazione tra l'uomo e Dio, quando l'uomo aliena se stesso per proiettarsi e conferire valore solo in Dio. Nascono così le religioni, storicamente rappresentate dall'Ebraismo e dal Cristianesimo medievale; tali credenze non consentono però di soddisfare la pretesa umana di cogliere in una presenza particolare e sensibile un Assoluto che si dimostra irraggiungibile.
L'infelicità della coscienza viene descritta da Hegel tramite il seguente percorso:
1) la devozione: in cui il pensiero religioso è costitutivamente incapace di elevarsi a concetto;
2) il fare, l'operare: in cui la coscienza cerca di esprimersi nel mondo e nel lavoro, rinunciando ad un contatto immediato con Dio, ma finendo per riconoscere come appartenenti a Dio le proprie opere;
3) la mortificazione di sè: in cui si consuma la totale negazione ascetica dell'io a favore di Dio.
Ma il punto più basso e più infelice di questo travagliato cammino trapassa dialetticamente nel punto più alto, nel momento in cui la coscienza, tentando invano di raggiungere Dio, si rende conto di essere Dio, l'universale, il soggetto assoluto.

6. Perché la figura signoria-servitù è stata più volte rivisitata da pensatori e filosofi dell'Ottocento e Novecento?

Ogni auto coscienza ha la necessità di essere riconosciuta dalle altre, con le quali entra in rapporto. Questo rapporto però non si basa sull'amore, ma sul conflitto, in quanto il riconoscimento implica dolore, separazione e sofferenza. Nel conflitto l'autocoscienza, che pur di essere riconosciuta non teme la morte, diventa signore, mentre quella, che pur di aver salva la vita rinuncia al riconoscimento, diventa servo. Ma questo rapporto servo-signore si inverte: il signore diventa dipendente dal lavoro del servo mentre il servo, controllando i propri istinti, diventa indipendente dal proprio lavoro. L'acquisizione di indipendenza da parte del servo avviene attraverso tre fasi: l'angoscia della morte, il servizio e il lavoro. Il servo ha avuto paura non di una cosa precisa, ma della perdita della propria essenza; ha così compreso di essere un'entità indipendente e separata dalle cose esterne ed ha raggiunto la consapevolezza di sé. Tramite il servizio si è autodisciplinato ed ha imparato a controllare e vincere i propri bisogni. Infine attraverso il lavoro si è reso indipendente da ciò che produce, dando ad esso la propria forma imprimendo nel mondo la propria immagine, trasformandolo. Modellando il mondo il servo rende dipendente da sé il signore che vive in esso e ha bisogno delle cose che lo circondano. La dialettica sevo-signore è stata più volte ripresa da vari filosofi, in modo particolare dai marxisti, dagli esistenzialisti, tra cui  Heidegger e Sartre. Naturalmente i marxisti hanno sottolineato la tematica dell'importanza del lavoro. Bisogna sottolineare però che Hegel non giunge a prospettare la  rivoluzione politico-sociale, ma si ferma alla coscienza della indipendenza del servo e della dipendenza del signore da lui. La filosofia di Heidegger riprende il tema dell'angoscia della morte, sottolineando come essa sia alla base del raggiungimento della consapevolezza di sé. Il servo ha avuto paura della morte e da ciò deriva la sua sottomissione. Dal riconoscimento che la morte è una parte dell'Esserci nasce l'angoscia che condiziona l'esistenza quotidiana la quale viene dunque vista come una fuga dalla morte. Per finire Sartre pone l'accento sul carattere conflittuale del rapporto fra le coscienze che non possono confrontarsi se non attraverso una rottura.

7. Perchè la filosofia della natura è considerata il tallone d'Achille del sistema hegeliano?

 La trattazione della filosofia della natura è concettualmente più debole, per la svalutazione che Hegel operò nei confronti della realtà naturale e  delle scienze empiriche. Da un lato il filosofo tedesco presenta il passaggio da idea a natura come una sorta di caduta dell'Idea, perché antitesi; dall'altro  come suo potenziamento in quanto prima realizzazione dell'Idea. Pensare alla natura in questo modo non è certo agevole: questa doppia e contraddittoria concezione della Natura rende questo passaggio il punto più oscuro della filosofia hegeliana.

8. Perché Hegel, ritenendo che la moralità debba essere superata nell'eticità, è critico nei confronti della impostazione morale kantiana?

Come si sa, l'impostazione morale kantiana si fonda sull' imperativo categorico, ovvero su quella legge di tipo formale che indica il modo in cui dobbiamo agire. L' impostazione morale kantiana è quindi basata sulla contraddizione tra essere e dover essere in quanto ognuno di noi nell'agire deve conformarsi alla massima universale e ad esempio considerare l'altrui persona sempre come fine e mai come mezzo; questo rende difficile, vista la tensione tra impulsi e legge del dovere, se non impossibile realizzare la felicità.
Hegel nel formulare il proprio sistema inserisce la morale all'interno dello spirito oggettivo, che agisce a livello sociale distinguendolo in tre momenti: il diritto astratto (tesi), che è la manifestazione del valore del singolo individuo e concerne quindi l'esistenza esterna della libertà delle persone; la moralità (antitesi), che è la sfera della volontà soggettiva quale si manifesta nell'interiorità e spinge all'azione; l'eticità (sintesi), che è la realizzazione del bene (tramite la famiglia, la società civile e lo Stato). Nella filosofia di Hegel il momento della moralità rimanda a Kant: entrambi i filosofi mostrano come questo momento porti al conflitto tra la virtù e la felicità, alla scissione tra la soggettività legata ai valori e il bene come si realizza concretamente. Tale conflitto che Kant non riesce e non vuole risolvere, data la tensione ineliminabile tra l'individuo e il corso delle cose, viene superato nella filosofia hegeliana grazie all' eticità: ovvero alla realizzazione di sè nell'ambito famigliare, nella società e nella dimensione dello stato.

9. Che cosa intende Hegel per società civile e per stato?

La società civile
Con la formazione di nuovi nuclei famigliari il sistema concorde della famiglia si frantuma nel sistema atomistico conflittuale della società civile, che si identifica sostanzialmente con la sfera economico- sociale, giuridico- amministrativo del vivere insieme, cioè come luogo di scontro e incontro che dovranno coesistere tra loro.
La società civile si articola in tre momenti:

  •  il sistema dei bisogni che nasce dal fatto che gli individui dovendo soddisfare i propri bisogni danno origine a diverse classi ( sostanziale, formale, universale).
  • l'amministrazione della giustizia, che concerne la sfera delle leggi e la loro tutela .
  •  la polizia e le corporazioni, che provvedono alla sicurezza sociale.


L'idea di porre fra individuo  e stato la società civile, è stata ritenuta una delle maggiori intuizioni di Hegel.

Lo stato
Lo stato rappresenta la riaffermazione dell'unità della famiglia, in una dimensione più alta e con un significato più complesso e articolato. Lo stato, che Hegel definisce anche come l'ingresso di Dio nel mondo, è la sintesi del principio della famiglia e della società civile, con lo sforzo di indirizzare i particolarismi verso il bene collettivo.
Hegel rifiuta la concezione liberale di stato, poiché ritiene che comporterebbe una confusione tra società civile e stato, riducendo lo stato a semplice tutore dei particolarismi della società civile. Allo stesso modo rifiuta la concezione democratica, osservando che se la sovranità risiede nel popolo non si va incontro se non a "confusi pensieri" in quanto il popolo al di fuori dello stato è solo una moltitudine informe.
Hegel ritiene che la sovranità dello stato derivi dallo stato medesimo, che ha in se stesso il proprio scopo e la propria ragion d'essere. Lo stato hegeliano è sovrano ma non dispotico ed ha la forma di uno "stato di diritto", senza però essere uno stato liberal-democratico. E' proprio questo punto a risultare ambiguo e controverso per i pensatori e i critici successivi.
Hegel poi identifica la costituzione con la monarchia costituzionale moderna, la quale prevede tre poteri: legislativo, governativo, principesco.

10. In che modo intende Hegel il rapporto tra l'individuo e lo stato?.

Lo stato rappresenta l'estrema incarnazione dell'ethos o spirito oggettivo. In esso infatti la volontà dell'individuo diventa veramente libera e consapevole, anche se solo in ottemperanza alla legge.
L'individuo identifica i suoi fini particolari con lo spirito universale che è oggettivato nello stato.
Non è quindi lo stato ad essere basato sugli individui, ma sono gli individui che esistono grazie allo stato che li precede sia in senso storico temporale, in quanto gli individui nascono nell'ambito di uno stato già esistente, sia logico, in quanto lo stato è superiore ad essi.
Lo stato, che secondo Hegel deve mantenere un ordinamento monarchico-costituzionale e non democratico e liberale (secondo le teorie contrattualistiche o giusnaturalistiche a cui si ispirava l'Illuminismo), diventa dunque l'espressione dello spirito del popolo che esiste grazie alle leggi.
Il Rechtstaat di Hegel è uno stato di diritto fondato sul rispetto delle leggi e sulla salvaguardia della libertà formale dell' individuo e della sua proprietà.
Esso è regolato da una costituzione che emerge dallo spirito del popolo in stretto raccordo con la sua storia, le sue tradizioni e le sue caratteristiche particolari e che non può perciò essere stabilita o costruita a tavolino secondo le teorie contrattualistiche.
Lo stato, inoltre, è per Hegel l' incarnazione della volontà divina che organizza il mondo ed è quindi immune dai vincoli imposti dalla morale o da un eventuale diritto internazionale.

11. Perché  diversi pensatori contemporanei (tra cui Popper e Bobbio) sono critici nei confronti del pensiero politico di Hegel?

Nel pensiero politico di Hegel, la razionalità contiene implicitamente la libertà, ovvero lo sviluppo della ragione coincide con il progresso dialettico dell'essere liberi. L'individuo è davvero libero quando si riconosce in organismi etici che lo trascendono come la famiglia e lo stato. Ma se ci si pone dal punto di vista dell'individuo si è condannati a non raggiungere mai l 'universalità in quanto la ragione "reale" non è quella dell'individuo ma quella dello spirito o dello stato, che per Hegel sono "sostanza" proprio nel senso etimologico di sub-stantia, cioè di sostrato che regge e rende possibile ogni atto della vita individuale . Quindi le idee di Hegel dimostrano la loro appartenenza a quella che Popper chiamava "Società chiusa", cioè individui regolati secondo norme rigide di comportamento; nettamente in contrasto invece il punto di vista dello stesso Popper, il quale sosteneva la "Società aperta" dove il cittadino è salvaguardato tramite istituzioni più democratiche rispetto allo statalismo hegeliano. Anche Bobbio ha insistito sul fatto che gli aspetti anti-democratici del marxismo nuocevano alla salute della società ed egli stesso ha aderito più volentieri ad ideali socialisti liberali. Riguardo agli aspetti storicamente "conservatori" della filosofia politica hegeliana, Bobbio ha scritto ad esempio: "Hegel non è un reazionario ma non è neppure un liberale: è puramente e semplicemente un conservatore, in quanto pregia più lo stato che l'individuo, più l'autorità che la libertà, più l'obbedienza che la resistenza, più il vertice della piramide (il monarca) che la base (il popolo)...". Del resto, lo stato di diritto di Hegel, pur non essendo uno stato "dispotico" e pur garantendo la libertà "formale" della persona e della sua proprietà, è pur sempre uno stato dichiaratamente ostile a quelle idee di suffragio e di rappresentanza parlamentare che, a cominciare dall'Inghilterra, hanno cambiato il volto politico dell'Europa.

12. Che ruolo svolge lo spirito assoluto nel sistema di Hegel?

Nel sistema hegeliano lo stato appartiene al momento dello spirito oggettivo. Ma, nel processo dialettico, questo momento viene trasceso da quello che Hegel chiama il regno dell'Idea Assoluta, che si articola in arte, religione e filosofia. In sostanza sono le forme della vita culturale a ricadere nella sfera dello spirito assoluto, nel senso che la più alta e universale attività dell'uomo risiede nella produzione estetica, nell'atteggiamento religioso, nella riflessione filosofica. E' importante notare che Hegel distingue tra il territorio del finito, entro cui viene collocata l'eticità (quindi lo stesso stato) e il territorio dell'infinito, che non può mai essere subordinato a qualche cosa d'altro. Per questo il compito spirituale più alto non dovrebbe mai venire imbrigliato da un potere esterno, ma essere il frutto di una libertà reale, espressione piena dello spirito del popolo. Arte, religione e filosofia non si differenziano per il loro contenuto, ma per la loro forma: l'arte incontra l'idea assoluta nella forma dell'intuizione sensibile, la religione nella forma della rappresentazione, la filosofia come puro concetto. Ma l'arte, la bellezza, può cogliere la verità del tutto solo con la mediazione di un elemento sensibile; e la religione, che nella sua manifestazione più alta (il cristianesimo) ci rappresenta l'assoluto attraverso l'immagine di un dio personale, riproponendo così la scissione della coscienza infelice tra dio e mondo, sono forme non completamente adeguate dello spirito assoluto, che solo nella mediazione filosofica trova la sua verità. Non solo la filosofia è l'unità dell'arte e della religione, ma in quanto autocoscienza assoluta dello spirito porta a compimento l'autentico significato della sua stessa storia, scoprendo che le varie concezioni filosofiche si succedono secondo lo svolgimento dialettico delle determinazioni concettuali dell'idea. In questo modo Hegel giunge a unificare la filosofia con la storia della filosofia e fa del proprio sistema la sintesi di tutte le parziali, ma necessarie, verità del passato: la totalità dispiegata della verità.

**

INDIETRO