A cura di Pasquale Antonio Riccio
Nel 1971 venne coniato dal
cancerologo americano Van R.Potter il termine “Bioetica” ( Bioethics: Bridge to
the future )[1].
Con questo termine, che rimanda alla duplice componente della vita (bìos)
e dell’etica (étos), egli voleva indicare un nuovo ambito
intellettuale per l’approccio alle questioni sollevate dal progresso
scientifico e tecnologico, una sorta di “ponte” per la cultura scientifica e
quella umanistica. Tale nuova e vasta area di riflessione
interdisciplinare nasceva, infatti, dagli straordinari progressi delle
tecnologie che hanno consentito all’uomo la possibilità di avere il controllo
dei processi biologici e ha visto e vede esercitarsi in essa biologia,
medicina, filosofia, diritto, teologia, economia, psicologia, ecologia ecc.. Essa è stata definita in vari modi,
ma può essere colto il suo carattere pluralistico e profondamente etico nella
definizione che di essa ci fornisce Uberto Scarpelli, il quale vede la bioetica come “l'etica
in quanto particolarmente relativa ai fenomeni della vita organica, del corpo,
della generazione, dello sviluppo, maturità e vecchiaia, della salute, della
malattia e della morte. Non è una disciplina autonoma e indipendente:
ricomprende problematiche legate al progresso della conoscenza e delle tecniche
biologiche, ma un adeguato approfondimento riporta alle questioni e agli
atteggiamenti etici fondamentali concernenti l'uomo in quanto anima e corpo,
spirito e materia, organismo capace di azioni e interazioni significanti e
simboliche eccedenti il campo d'indagine della biologia”[2].
La Bioetica, infatti, cerca di dare una risposta ai nuovi interrogativi morali
sorti dall’ampliamento delle conoscenze e dei poteri in ambito scientifico e
tecnologico. Tali domande possono riassumersi in
un’unica formulazione: quanto è tecnicamente possibile, è eticamente lecito?
La caratteristica del tutto nuova delle moderne possibilità
applicative della scienza, infatti, sta nella possibile irreversibilità delle
conseguenze, per l'impatto che esse potrebbero avere sul futuro dell’uomo. In
questo senso la bioetica è, come la definì Potter, un “ponte per il futuro”
poiché in rapporto alle possibilità del presente considera anche le loro
conseguenze nella dimensione futura. Le problematiche sulle quali il dibattito bioetico è oggi
particolarmente vivo sono quelle riguardanti la fecondazione artificiale, la
donazione ed il trapianto di organi, l’eutanasia, il rapporto medico-paziente,
la situazione dei tossicodipendenti nonché gli sviluppi, già menzionati, nel
campo dell’ingegneria genetica.
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