JEAN PIAGET
A cura di Mario Trombino
“L'evoluzione
interna dell’individuo fornisce soltanto un numero piú
o meno grande, a seconda delle attitudini ai ciascuno,
di abbozzi suscettibili di essere sviluppati, distrutti o lasciati ad uno
stadio incompleto. Ma non sono che degli abbozzi, e
soltanto le interazioni sociali e educative li trasformeranno in condotte
efficaci oppure li distruggeranno per sempre. Il diritto all’educazione è
dunque, né piú né meno, il diritto dell’individuo a
svilupparsi normalmente, in funzione delle possibilità di cui dispone, e
l’obbligo, per la società, di trasformare queste possibilità in realizzazioni effettive e utili”.
(J. Piaget, Dove va l’educazione?)
VITA E OPERE
Jean Piaget nacque
il 9 agosto 1896, a
Neuchâtel, Svizzera. Suo padre, uno storico dedito
alla letteratura medievale, è descritto da Piaget
come "un uomo con una mente molto coscenziosa e
critica, che disdegna fortemente le generalizzazioni improvvisate e che non
teme di dare avvio a una battaglia quando scopre che
una verità storica è rigirata per adattarsi a tradizioni rispettabili" [Piaget 1952, 237]. Piaget ricorda
sua madre come una persona intelligente, energica e dolce, ma con un
temperamento nevrotico che lo ha portato sia a imitare
il padre, sia a rifugiarsi in quello che Piaget ha
chiamato un "mondo privato e non fittizio", un mondo di lavoro serio.
Piaget riconosce che la situazione turbolenta della
sua famiglia ha creato in lui l'interesse per la teoria psicoanalitica. Sarebbe
più facile elencare ciò che non interessava Piaget da bambino piuttosto che ciò che lo interessava. Un campìone dei suoi interessi comprendeva la meccanica, le
conchiglie di mare, gli uccelli e i fossili. Uno dei suoi primi scritti è stato
un opuscolo (scritto in matita, perché non gli era
ancora permesso di scrivere con l'inchiostro) in cui descriveva un "autovap", un'interessante unione fra un carro e una
locomotiva. La prima pubblicazione di Piaget fu un
articolo di una pagina, su un passero albino che egli aveva osservato nel
parco. Questo risultato fu raggiunto all'età di 10 anni, molto prima che venisse a conoscenza del detto "pubblica o muori!
". L'interesse di Piaget per le raccolte esibite
al museo di storia naturale locale, gli valsero l'invito del direttore ad
assisterlo nella sua collezione di molluschi di mare. Così Piaget
entrò nel campo della malacologia, lo studio dei molluschi, che catturò la sua
attenzione per anni. Le pubblicazioni di Piaget sui
molluschi attrassero in qualche misura l'attenzione degli studiosi di storia
naturale. Senza che fosse conosciuto di persona, gli
fu offerta la cura della sezione mulluschi al museo
di storia naturale di Ginevra. Egli dovette però declinare
l'offerta in quanto non aveva ancora completato la scuola secondaria! Piaget non si sottrasse alle crisi sociali e filosofiche
tipiche dell'adolescenza. I conflitti fra l'insegnamento religioso e quello
scientifico lo stimolarono a leggere avidamente Bergson,
Kant, Spencer, Comte, Durkheim e William James, fra gli altri. Questa inquietudine filosofica viene espressa in un romanzo filosofico, pubblicato nel
1917. Che questo romanzo non divenne un best-seller lo
si può capire leggendo frasi come queste: "Ora non ci può essere
consapevolezza alcuna di queste qualità, perciò queste qualità non possono
esistere, se non c'è relazione fra di esse, se cioè non sono mescolate in una
qualità globale che le contiene pur mantenendole distinte", e "una teoria
positiva della qualità che prenda in considerazione solo le relazioni di
equilibrio e disequilibrio fra le nostre qualità" [Piaget
1952, 241]. Piaget osservò che "nessuno parlò di
quello scrhto, ad eccezione di due filosofi
indignati" [ibidem, 243]. Piaget continuò a
scrivere intorno a una quantità di questioni
.filosofiche. Egli annota: "Scrissi anche se lo facevo solo per me stesso,
poiché non potevo pensare senza scrivere, ma doveva essere fatto in modo
sistematico, come se si trattasse di un articolo da pubblicare" [ibidem,
241]. In questi scritti si possono ritrovare temi che sono fondamentali nei
successivi scritti di Piaget, quali l'organizzazione
logica delle azioni e la relazione fra le parti e il tutto. Piaget
completò i suoi studi formali in scienze naturali e prese la laurea con una
tesi sui molluschi all'Università di Neuchâtel, nel
1918 all'età di 21 anni. Nonostante fino a quel
momento egli avesse già pubblicato più di venti lavori, egli non era per niente
ansioso di dedicare la sua vita alla malacologia. Dopo aver visitato i
laboratori di psicologia a Zurigo e aver brevemente
esplorato la teoria psicoanalitica, Piaget passò due
anni alla Sorbonne. Lì studiò psicologia e filosofia.
Fortunatamente (per la psicologia dello sviluppo), Piaget
incontrò Théodore Simon, un pioniere nello sviluppo
dei test di intelligenza. Simon, che aveva a
disposizione il laboratorio di Alfred
Binet in una scuola di Parigi, suggerì a Piaget di standardizzare i test di ragionamento di Binet sui bambini di Parigi. Piaget
cominciò il lavoro con scarso entusiasmo, ma il suo interesse aumentò quando comincio a chiedere ai bambini le
giustificazioni alle risposte corrette e scorrette da loro date. Cominciò ad
essere affascinato dai processi di pensiero che apparivano guidare le risposte.
In queste "conversazioni" egli faceva uso di tecniche psichiatriche
che aveva appreso quando intervistava malati mentali
per il corso che seguiva alla Sorbonne. All'insaputa
di Simon, Piaget continuò questo studio per due anni.
La successiva pubblicazione di tre articoli basati sulla ricerca condotta nel
laboratorio di Binet gli procurò nel
IL PENSIERO
Lo studioso che ha maggiormente contribuito a modificare l'immagine del fanciullo e dell'educazione nel XX secolo è Jean Piaget, benché non sia un pedagogista, ma uno psicologo. Il suo apporto alla psicologia dell'età evolutiva consiste nell'aver dato una consistenza concreta e scientifica all'idea della pedagogia moderna (da Rousseau all'attivismo) circa la specificità della natura infantile che nei suoi modi di pensare, agire, amare, fare, parlare è profondamente diversa da quella dell'adulto. Per quanto attiene alla pedagogia, Piaget ha sempre sostenuto la necessità di un suo passaggio ad una fase scientifica con precisi punti di riferimento nella psicologia sperimentale, nella sociologia e nei raccordi interdisciplinari, anche se non la concepisce come una disciplina puramente applicativa. L'educatore, infatti, deve avere una preparazione psicologica e deve conoscere quanto gli viene offerto dalla psicologia, ma tocca poi a lui vedere come potrà utilizzare questo bagaglio conoscitivo ideando un insieme di tecniche da sperimentare e adattare personalmente. Certo Piaget ritiene che i tempi e la successione delle fasi di sviluppo psicologico siano immodificabili, togliendo in tal modo rilevanza ed efficacia all'intervento dell'adulto che non può né cambiare né accelerare questi aspetti. L'educazione dunque può solo preparare l'ambiente alla loro comparsa o al loro rinforzo. Poiché il motore dell'intelligenza è la sua azione, l'educatore deve predisporre le condizioni idonee all'esercizio di questo fare, adeguando le sue richieste al livello di sviluppo dell'allievo e costruendo situazioni perché questo adeguamento si produca. Questa centralità del fare (che si traduce in un "far fare") costituisce il punto di vicinanza di Piaget con l'attivismo. Perciò lo scienziato svizzero, se ha sempre insistito sulla necessità di un adeguamento della scuola alle scoperte della psicologia, ha caldeggiato anche un nuovo profilo professionale degli insegnanti che conciliasse la padronanza dei contenuti disciplinari con una solida preparazione psicologica e un'adeguata capacità di gestione dei metodi e della scuola secondo valenze interdisciplinari. In questo senso la didattica deve essere psicologica e l'insegnante un ricercatore in grado di trovare le condizioni migliori per l'apprendimento e le sottostanti dinamiche psicologiche. Si spiega così anche lo sforzo di Piaget di indagare e chiarire le strutture logiche, linguistiche metodologiche delle discipline in quanto, insieme con la delineazione dei momenti di costruzione, formazione e mutamento delle strutture logiche, psicologiche, cognitive, linguistiche, etiche ecc. dovrebbe essere così possibile dare un'impostazione nuova e funzionale ai metodi, ai curricoli e alla programmazione scolastica. In un contesto storico contrassegnato da profondi cambiamenti sociali, economici e tecnologici, Piaget reca in tal modo il suo contributo ad un adeguamento della scuola e dell'educazione nel delicato momento del passaggio da una scuola d'élite a una scuola di massa e a una formazione permanente.