François de La Rochefoucauld
"È solo dei grandi uomini avere grandi difetti"; "il perfetto coraggio è fare senza testimoni ciò che si sarebbe capaci di fare davanti a tutti"; "l'ipocrisia è un omaggio che il vizio rende alla virtù"; "è una gran follia voler essere saggi da soli"; "l'interesse mette all'opera ogni sorta di virtù e di vizio"; "la lealtà esibita è una dichiarata impostura"; "l'estremo piacere che prendiamo a parlare di noi stessi ci deve far temere che non ne stiamo dando nessuno a chi ci ascolta"; "se la vanità non rovescia completamente le virtù, le fa per lo meno vacillare tutte"; "il segno più grande di essere nati con grandi qualità, è di essere nati senza invidia": "non ci sono sciocchi così insopportabili come quelli che hanno una certa intelligenza". Sono questi alcuni pensieri tratti dalle Massime di François de La Rochefoucauld, e che mostrano la sua saggezza, la acuta capacità di scavo nell'animo umano. François VI, principe di Marcillac, nasce a Parigi nel 1613 e alla morte del padre, avventa nel 1650, diventa duca di La Rochefoucauld. A soli sedici anni partecipa alla prima campagna militare, a ventidue prende parte alla prima congiura, e combatterà e congiurerà sino alla fine della Fronda. Sconfitto, abbandonato dagli amici e dall'amante - M.me de Longueville, sorella del Condè -, ridotto in miseria, si ritirerà prima nelle sue terre per tornare successivamente a Parigi, dove vivrà sempre appartato rispetto alla nuova corte di Luigi XIV, coltivando l'amicizia con donne illustri quali M.me de La Fayette, M.me de Sablé e Cristina di Svezia. Il 1665 è l'anno della prima edizione delle Massime. François de la Rochefoucauld muore nel 1680. Ecco il giudizio che ne dette Voltaire nel capitolo XXXII del Siècle de Louis XIV: "Uno dei libri che più contribuirono a formare il gusto della nazione e a dargli uno spirito di giustezza e di precisione, fu la piccola raccolta delle Massime di François duca di La Rochefoucauld (...). Tale piccola raccolta fu letta avidamente; ci si abituò a pensare e a racchiudere il proprio pensiero in una forma vivace, precisa, lieve. Era un merito che nessuno prima di lui aveva avuto in Europa dopo la rinascita delle lettere". E la verità sulla quale La Rochefoucauld ha insistito è che l'amor proprio è il momento fondamentale delle azioni umane. Un pessimismo sulla natura umana attraversa le pagine delle Massime - un pessimismo senza veli sulle passioni, le ambizioni, la prontezza al tradimento di cui uomini e donne sono capaci, e che ha dato luogo a una interpretazione "agostiniana" del libro nel senso che La Rochefoucauld avrebbe distrutto quegli idoli e quella presunzione che sono barriere sulla strada della vera salvezza, quella cristiana. Pur se simile interpretazione può apparire azzardata, è però certo che le Massime riescono a mettere a nudo aspetti poco rispettabili della natura umana e rappresentano una significativa stazione nella realizzazione del programma fissato da Socrate con l'imperativo "Conosci te stesso". "L'amor proprio è il più grande di tutti gli adulatori". E poi: "Per quante scoperte siano fatte nel paese dell'amor proprio, vi restano ancora molte terre sconosciute"; "l'amor proprio è più abile del più abile degli uomini del mondo". E per quanto ci si ingegni a nascondere le nostre passioni sotto parvenze di pietà e di onore, "esse appaiono sempre attraverso questi veli". Così "abbiamo tutti abbastanza forza per sopportare i mali altrui"; e "l'orgoglio più della bontà è coinvolto nelle nostre proteste contro quelli che commettono errori; non li riprendiamo tanto per correggerli quanto per convincerli che noi ne siamo esenti". Senza pietà il coltello viene affondato sulle nostre miserie: "Siamo così assuefatti a mascherarci agli altri, che finiamo per mascherarci a noi stessi". Falsi con noi e con gli altri, siamo tanto vanesi che "preferiamo dir male di noi stessi piuttosto che di noi non si parli affatto"; e se è vero che "normalmente non si loda che per essere lodati", è anche un fatto difficilmente smentibile che "poche persone sono abbastanza sagge da preferire la critica che è loro utile alla lode che le tradisce". La realtà è che la lusinga è "una moneta falsa" cui la nostra vanità apre tutte le porte. Le Massime appaiono in un periodo in cui le forme brevi erano alla moda presso quel pubblico mondano che era divenuto il vero giudice del successo di un'opera. Pensieri brevi ed incisivi, veri precipitati di esperienza e di saggezza erano già stati precedentemente offerti da Michel de Montaigne, anche Pierre Nicole scriverà "sentenze" nei suoi Essais de Morale; e "sentenze" scriverà la marchesa de Sablé. È questo periodo in cui viene al mondo quel prodigio costituito dai Pensieri di Pascal. E se Pascal, al pari di La Rochefoucauld, ha scandagliato i lati meno nobili della natura umana, egli però ha posto in evidenza anche quegli aspetti che non abbassano troppo l'uomo: insomma, miseria sì, ma pure grandezza dell'uomo. Per quanto riguarda la falsità, a Rochefoucauld si attribuisce la convinzione che gli uomini non vivrebbero a lungo in società se non si ingannassero reciprocamente. "La falsità ―
lui dice ― θ universale perché le nostre qualità sono incerte e confuse, e così pure le nostre opinioni: non vediamo le cose come effettivamente sono, le stimiamo più o meno di quanto valgono e non ci disponiamo in rapporto ad esse nel modo più opportuno". Come Pascal, La Rochefoucauld ritiene l'onestà una qualità interna all'uomo, ma che proprio per questo pone un dilemma: come si fa a distinguere la vera onestà dalla falsa rappresentazione di essa? La differenza tra le vere e le false persone oneste è difficilmente percepibile dalla maggioranza della gente, specialmente se non si ha la possibilità di prestare attenzione al minimo indizio di insincerità (soprattutto non verbale). Spietato nella denuncia dell'ipocrisia, La Rochefoucauld irride la falsità delle apparenze virtuose ("la cortesia è il desiderio di essere ricambiati e di essere considerati gentili"), dimostrando come ogni azione sia frutto di un egoismo originario, dell'interesse personale e della totale mancanza di autocritica ("niente è più raro della vera bontà: quelli che credono di averla hanno in genere soltanto compiacenza o debolezza").
LA FALSITA’
La falsità