LEONARDO da Vinci

A cura di



LEONARDO DA VINCILeonardo da Vinci ( 1452 - 1519 ) é il classico esempio di " genio universale " , il cui sapere spazia nei campi più vasti e soprattutto , come a tutti é noto , nella pittura . Tuttavia possiamo considerare il genio fiorentino come vero e proprio filosofo e possiamo desumere la sua filosofia soprattutto dai suoi " pensieri " ossia quei brevi racconti , spesso sotto forma di favola , che si concludono sempre con una morale . E' evidente che il pensiero di Leonardo sia influenzato soprattutto dai due più grandi filosofi del passato , Platone e Aristotele cui spesso si richiama : ma egli non si richiama alla loro autorità , cosa che peraltro era particolarmente in voga , anzi polemizza contro coloro che invece di ragionare con la propria testa per confutare le tesi altrui si limitano a servirsi dell' " ipse dixit " , ossia a richiamarsi all' autorevolezza di quei due grandi pensatori : " chi disputa allegando l' autorità , non adopra lo 'ngegno , ma più tosto la memoria " . Altrove egli si serve delle vicende di Mario , il famoso avversario di Silla , per illustrare l' assurdità dell' atteggiamento di chi punta tutto sull' autorità di certe persone , trascurando completamente se stesso : Mario , infatti , é risaputo che fosse un " homo novus " , ossia che non vantava tra i suoi antenati figure famose e gloriose e proprio su questo facevano leva i suoi avversari per vincerlo , loro che invece potevano annoverare tra i loro antenati personalità di spicco e di gran carisma , autori di imprese memorabili ; Mario ai suoi avversari disse che preferiva farle lui le imprese piuttosto che compiacersi e vantarsi di quelle degli antenati . Leonardo certo é affascinato dalla figura di Platone e da quella di Aristotele , ma tuttavia é convinto che al principio della scienza ci sia l' esperienza : " la sapienza é figliuola della sperienza " afferma in uno dei più celebri pensieri ; é qui evidente l' influenza di Aristotele , il quale sosteneva che solo tramite l' esperienza si potesse arrivare ad una conoscenza solida e fondata , agli " universali " ; é l' osservazione dei fatti che porta l' uomo alla conoscenza . Tuttavia Leonardo si muove in un periodo in cui tutto il complesso della scienza derivava dai " supremi principi " , cioè da un ragionamento astratto , senza rapporti approfonditi con la realtà naturale ; bisognerà attendere il '600 e la rivoluzione scientifica di Galilei perchè si pervenga al metodo opposto , quello che dall' osservazione dei fatti intende risalire alle leggi . Però Leonardo sente la necessità di lavorare sulla natura e di non limitarsi a ragionamenti mentali ( alla metafisica ) , che esulino dall' esperienza , e infatti dice : " se tu dirai che le scienze , che principiano e finiscono nella mente , abbiano verità , questo non si concede , ma si niega , per molte ragioni , e prima , che in tali discorsi mentali non accade esperienza , senza la quale nulla dà di sè certezza " : l' esperienza per Leonardo non deve esaurire l' intero processo scientifico , ma avvalorare e certificare con i dati sensibili l' operato della mente . Tuttavia é solo l' esperienza ad essere " madre di ogni certezza " perchè in quelli che lui chiama " discorsi mentali " , che poi sono i ragionamenti puramente astratti vi deve essere per forza una grande quantità di errori perchè senza confronto con la realtà é impossibile avere una conoscenza scevra di errori . Leonardo non vuol certo invitare gli uomini ad aborrire dal ragionamento , ma semplicemente é convinto che esso debba essere accompagnato da esperienze materiali , da esperimenti per dirla con un termine più moderno : altrove infatti Leonardo dice con un vigore estremo dell' espressione che " salvatico é quel che si salva " , ossia che solo nel silenzio della solitudine si potrà rinvenire la voce più profonda dell' animo , dialogando col quale si potranno avere intuizioni da verificare in natura . I meri empirici , egli dice , rassomigliano al nocchiere che entra in naviglio senza timone o bussola : il vedere dell' osservatore non é un ingenuo atto della sensibilità , ma é un saper vedere , una vista guidata dall' intelletto : quindi se il ragionamento da solo é inefficiente , é anche vero che diventa efficace se unito all' esperienza . Se da Aristotele il genio fiorentino desume l' idea dell' esperienza come fondamento della scienza solida , egli attinge da Platone il gusto raffinato per i miti e per le immagini , che oltre ad avere valenza universale sono anche più piacevoli da leggere . Non solo desume dal " padre delle idee " la passione per le metafore , ma addirittura una delle sue più famose é palesemente platonica ; si tratta del " mito della caverna " , autentico compendio della filosofia platonica nel quale il " padre delle idee " descriveva la nostra condizione umana . Leonardo riprende questa immagine e la rielabora con una particolareggiata descrizione : " ... e tirato dalla mia bramosa voglia , vago di vedere la gran copia delle varie e strane forme fatte dalla artifiziosa natura , raggiratomi alquanto infra gli ombrosi scogli , pervenni all' entrata d' una gran caverna ; dinanzi alla quale , restato alquanto stupefatto e ignorante di tal cosa , piegato le mie reni in arco , e ferma la stanca mano sopra il ginocchio e colla destra mi feci tenebre alle abbassate e chiuse ciglia e spesso piegandomi in qua e in là per vedere se dentro vi discernessi alcuna cosa ; e questo vietatomi per la grande oscurità che là entro era . E stato alquanto , subito salse in me due cose , paura e desiderio : paura per la minacciante e scura spilonca , desiderio per vedere se là entro fusse alcuna miracolosa cosa " ; leggendo il pensiero pare quasi di vedere la scena raffigurata tanto é minuziosa la descrizione , tipica di un esperto di pittura quale Leonardo . Tuttavia é evidente che si tratti di un' immagine , proprio come in Platone , e che Leonardo non voglia descriverci una sua avventura di speleologo : é un' efficacissima metafora del processo conoscitivo che l' uomo deve affrontare , seguendo la sua inclinazione naturale ( la " bramosa voglia " ) , come già diceva Aristotele ( " ogni uomo per sua natura tende alla conoscenza " ) . Tuttavia seguire la propria natura , ossia raggiungere la conoscenza non é un processo indolore , come era per Aristotele o per Dante : infatti si può pervenire a conoscenze " scomode " , capaci di stravolgere le nostre concezioni e di portarci a mettere in discussione verità che ritenevamo solide e inconfutabili : nell' animo di Leonardo infatti albergano contemporaneamente due sentimenti antitetici : egli é indeciso se seguire la sua inclinazione naturale di uomo , ossia se entrare nella caverna e raggiungere così la conoscenza , o se desistere dall' avventurarsi in quel luogo oscuro , rinunciando così alla conoscenza ma evitando di mettere in discussione le sue concezioni . Leonardo non ci dice se in buona fine si é deciso ad entrare o é rimasto fuori , quasi come se volesse lasciare insoluto il problema deliberatamente , per far ragionare il lettore e per portarlo a chiedersi come si comporterebbe lui in tale circostanza . Sono solo il coraggio e la virtù a poter spingere l' uomo a raggiungere la conoscenza , elevandosi così non solo al di sopra degli altri animali , ma dei suoi simili stessi : é infatti solo superando il timore di stravolgere le proprie conoscenze che se ne possono acquisire di nuove , magari in contrasto con le precedenti : spetta quindi all' uomo effettuare un raffronto tra le conoscenze appena acquisite e quelle consolidate dalla consuetudine ed optare con discernimento per quelle che risultano ai suoi occhi essere migliori . In effetti Platone nel suo mito della caverna non affrontava tanto il problema del sapere come " doloroso " , ma in fin dei conti l' uomo che si liberava dalle catene e poteva risalire in superficie lasciandosi la caverna alle spalle doveva in qualche modo affrontare la conoscenza , che in quel caso più che mai stravolgeva le sue concezioni : infatti scopriva che il suo mondo , a riguardo del quale non nutriva alcun dubbio , non é quello vero , ma una pallida copia ( pure malriuscita ) di quello ideale . Va poi detto che la " gran caverna " indica proprio la grandezza e l' imponenza della natura agli occhi di colui che si accinge a conoscerla . D' altronde la pittura stessa si configurava agli occhi di Leonardo non come un' attività diversa dall' indagine naturale , ma come uno degli aspetti di quell' indagine , forse quello più libero e creativo : é come se lo scienziato e l' artista fremessero di una medesima commozione , di un medesimo sgomento dinanzi alla realtà ancora ignota da indagare e riprodurre . Tuttavia non tutte le conoscenze e non tutte le realtà sono per l' uomo favorevoli , o meglio , dipende tutto dall' uso che egli fa di esse : in un altro celebre pensiero Leonardo racconta di una farfalla affascinata da un lume che emanava luce e che le pareva bellissimo , così bello che le pareva impossibile che potesse essere causa di male o di danno ; fatto sta che , volandogli troppo , vicino finì per cadere bruciata nell' olio del lume e le ultime parole che potè dire furono : " o maledetta luce , io mi credevo avere in te trovato la mia felicità ; io piango indarno il mio matto desiderio , e con mio danno ho conosciuto la tua consumatrice e dannosa natura " ; il lume le rispose : " così fo io a chi ben non mi sa usare " : con questo pensiero il genio Fiorentino vuole comunicarci diverse cose : in primis di non fidarci delle apparenze , che spesso ingannano ; poi egli vuole sottolineare come alla base della conoscenza ci sia l' esperienza : é solo sulla nostra pelle che possiamo apprendere . Ma ciò che maggiormente emerge dal pensiero é che per Leonardo in natura non ci sono un male e un bene nettamente distinti : la natura stessa delle cose dipende dall' uso che ne facciamo ; é chiaro che per la farfalla il lume é stato un male , ma esso diventa un bene per l' uomo che se ne serve per far luce nel buio . Da notare che comunque Leonardo non si serve delle metafore per conferire alle sue idee uno spirito divulgativo , per renderle comprensibili al " popolo " ignorante , che egli peraltro disprezza e dice che a loro non darebbe mai un libro in mano perchè convinto che , portatolo al naso , come prima cosa esaminerebbero se é cosa " mangiativa " ( commestibile ) : " ecci alcuni che altro che transito di cibo e aumentori di sterco e riempitori di destri chiamar si debbono , perchè per loro alcuna virtù in opera si mette ; perchè di loro altro che pieni e destri non resta " . Gli uomini che non desiderano sapere , che non seguono cioè la loro naturale inclinazione sono agli occhi di Leonardo bestie perchè non usano la ragione , che é ciò che appunto ci contraddistingue dalle fiere : per lui " la vita bene spesa lunga é " ( Seneca diceva : " Vita , si uti scias , longa est " : se sai usarla , la vita diventa lunga ) , ossia ogni essere vivente deve seguire appunto le sue inclinazioni , le sue prerogative ( Leonardo riprende l' idea del " Bene " di Platone , in una prospettiva finalistica ) : un cavallo dovrà seguire la sua natura correndo veloce , una mucca producendo il latte , un cane facendo la guardia e l' uomo raggiungendo il sapere , o almeno sforzandosi di raggiungerlo . Tuttavia compito dell' uomo non é esclusivamente mirare al sapere , combattere chi compie il male e " chi non combatte il male , comanda che si faccia " : é un insegnamento etico che invita l' uomo a prendere sempre una posizione e chi si disinteressa é agli occhi di Leonardo un disonesto che in fondo dà la sua complicità a chi compie il male .

__________________________________________________________