MICHEL DE MONTAIGNE

 



"Capita alle persone veramente sapienti quello che capita alle spighe di grano: si levano e alzano la testa dritta e fiera finché sono vuote, ma quando sono piene di chicchi cominciano a umiliarsi e ad abbassare il capo".


INDICE

BREVE PRESENTAZIONE
MONTAIGNE SCOPRITORE DEL MODERNO E DEL PENSIERO DEBOLE

BREVE PRESENTAZIONE
MONTAIGNECon Montaigne lo scetticismo torna in auge e rivela una novità di motivi perchè é considerazione realistica e revisione critica dei problemi della cultura contemporanea. Michel de Montaigne nasce il 1533 nel castello avito di Montaigne, nel Perigord, studia diritto in gioventù e in seguito ricopre cariche pubbliche a Bordeaux; ma a partire dal 1571 si ritira nel suo castello a vita privata, lontano dalle lotte politiche e religiose che insanguinano la Francia dei suoi tempi e, salvo brevi interruzioni, attende alla redazione e all'accrescimento dei suoi Essais, fino alla morte, che lo coglie nel 1592. Nei suoi rapporti familiari e sociali Montaigne ha applicato con implacabile egoismo la massima stoica, che troviamo nel suo scritto Essais (I,38): "la vera solitudine si può godere anche nelle città e nelle corti dei re; ma la si gode meglio stando appartati... Bisogna aver donne, figli, beni e soprattutto salute, se si può; ma non bisogna attaccarvisi in modo che la nostra felicità ne dipenda: bisogna riservarsi un dietrobottega tutto proprio, tutto indipendente, in cui possa riporsi la nostra vera libertà e il nostro principale e solitario rifugio". Vi é qualcosa di ascetico in questa maniera di vivere, ma é un ascetismo mondano, che ben si distacca nel suo fine da quello medioevale. Non vi é una filosofia ben definita e compatta nel Montaigne: nei lunghi anni del lavoro di redazione, il suo pensiero si é venuto orientando in modo sempre diverso, passando dallo stoicismo all'epicureismo e infine allo scetticismo. Ma, al di sopra di ogni spirito di sistema, Montaigne interessa la storia del pensiero come il maggior esponente della crisi del neoclassicismo umanistico. Se nel Rinascimento non erano mancate delle proteste contro il feticismo per l'antichità e qualcuno aveva perfino capovolto il criterio della valutazione comparativa tra i classici e i moderni, facendo dei primi l'espressione dell' infanzia, dei secondi quella della maturità dello spirito, nessuno al pari di Montaigne ha saputo ricondurre l'antichità al comune livello umano. E ha fatto questo seguendo spregiudicatamente i suoi autori nei loro ragionamenti, nelle loro opere, spregiudicatamente giudicando, ad esempio, un Cicerone o un Platone: "la licenziosità del tempo mi scuserà questa sacrilega audacia di stimare che anche i dialoghi di Platone si trascinano per le lunghe e che la loro materia é troppo soffocata". Così, a spregio egli ha il gusto retorico, particolarmente in voga ai suoi tempi: l'educazione umanistica non ha avuto per fine di farci buoni e saggi, "non ci ha insegnato a seguire e ad abbracciare la virtù e la prudenza, ma ce ne ha impartite le radici grammaticali e le etimologie; noi sappiamo declinare la virtù, ma non amarla". Di sapore accentuatamente stoico é invece il suo disprezzo per la morte, che gli suggerisce alcune delle considerazioni più profonde e vissute degli Essais: "la premeditazione della morte é premeditazione della libertà. Chi ha appreso a morire, ha disappreso a servire; non c'é nulla di male nella vita per chi ha ben compreso che la privazione stessa della vita non é un male". Inoltre, quella sua indifferenza per la vita sociale é espressione di un atteggiamento conservatore: "è dubbio se vi sia profitto nel mutamento di una legge ricevuta, quale che sia: perchè una costituzione é come una costruzione di vari pezzi uniti insieme con un tal legame che é impossibile rimuovere uno senza che tutto il corpo ne risenta. Io per me sono disgustato delle novità, qualunque faccia esse abbiano". Per Montaigne non é lecito fare una stabile e dommatica professione di non sapere: la formula perfetta non é quella degli antichi "io non so", ma "che so io?". Non abbiamo nessuna comunicazione col vero essere delle cose: chi si ostina a voler attingere l'essere, fa come chi volesse, nel pugno, stringere l'acqua, che, più la stringi e più scorre dappertutto.

 


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