Ovvero come si filosofa col martello
Il "Crepuscolo degli idoli" appartiene a quei mesi brucianti del 1888 che videro l'ultima fioritura degli scritti di Nietzsche. In questo libretto leggero, sinuoso, acuminato, Nietzsche sembra cercare una pausa di temibile "ozio", un respiro all'interno della laboriosa formazione della sua grande opera incompiuta: la "Trasvalutazione". E' un gioco guerresco, teatrale, che vuole aggirare, auscultare e rovesciare tutti quegli idoli che accompagnano la nostra storia. Il Nietzsche che qui racchiude in una abbagliante parabola la millenaria vicenda attraverso la quale "il mondo vero divenne favola" é lo stesso che, superata la soglia iniziatica nella sua critica della décadence, ne annuncia la conclusione paradossale: che l'unica critica adeguata della décadence é quella che ci obbliga ad "andare avanti, voglio dire un passo dopo l'altro più in là nella décadence". Nietzsche stesso scrive a proposito del "Crepuscolo degli idoli" in "Ecce homo", la sua autobiografia: "Questo scritto, che non arriva a 150 pagine, sereno e fatale nell'intonazione- un demone che ride- scritto in così pochi giorni che io esito a dirne il numero, é fra i libri, una vera eccezione: non c'é nulla di più sostanzioso, di più indipendente, di più rivoluzionario: di più cattivo. Se ci si vuole fare rapidamente un'idea del modo in cui erano capovolte tutte le cose, prima di me, si cominci da questo scritto. Ciò che sulla copertina é chiamato idolo é semplicemente quello che finora si é chiamato verità. Crepuscolo degli idoli; in lingua povera: la vecchia verità si avvicina alla sua fine... Non c'é realtà, non c'é idealità che non sia toccata in questo libro (toccata: che prudente eufemismo!). Non solo gli idoli eterni, ma anche i più recenti e, conseguentemente, i più caduchi: le idee moderne, ad esempio. Un gran vento soffia tra gli alberi e dappertutto cadono a terra dei frutti: delle verità. Vi é in esso la soverchia abbondanza di un autunno troppo ricco: si inciampa tra le verità, se ne schiaccia anche qualcuna: ce ne sono troppe... Ma ciò che si finisce per avere in mano non sono più cose problematiche, sono cose precise". Nietzsche arriva anche a definire quest'opera come la somma di tutte le sue principali eterodossie filosofiche; non gli idoli dell'epoca, ma gli ideali, gli idoli eterni vengono qui ausculati e sfiorati col martello come con un diapason. Sicchè il martello con cui Nietzsche filosofeggia sembra piuttosto il martelletto di un mineralogo che un rozzo strumento distruttore; é anzi un diapason grazie al quale gli idoli eterni, gli ideali, emettono quel sordo rumore che tradisce viscere enfiate. Già in "Umano, troppo umano" Nietzsche aveva potuto pronunciarsi contro gli ideali, suoi eterni nemici: "Dove voi vedete cose ideali, io vedo cose umane,ah! troppo umane... ". Il "Crepuscolo degli idoli" rappresenta una "fisiologizzazione" del pensiero del filosofo tedesco, che ha al suo centro il concetto di décadence. La decadenza nella filosofia (da Socrate), nella religione e nella morale (cristianesimo), nella politica (democrazia e socialismo) nell'arte e nella letteratura é condizionata fisiologicamente. Ciò vuol dire che essa é espressione del decadere della vita. Il pessimismo non é un problema, ma solo un sintomo, il nome giusto per esso é nichilismo, ma il nichilismo a sua volta non é la causa ma la logica stessa della décadence. Sotto i nomi più rispettati e venerati, i valori nichilistici, i valori del declino della vita, si sono imposti e dominano la modernità. E il processo di decadenza non può nè deve essere arrestato, checchè ne pensino i vari filosofi e i preti. L'umanità, sotto il grande peccato originale della ragione, l'immortale irrazionalità, che ha fondato la morale, é giunta alle forme attuali della decadenza. Nietzsche non ha da contrapporre alcun antidoto, intende solo descrivere la decadenza, andarne a caccia, farla vedere dietro ogni idolo, ogni ideale. La sua é solo una diagnosi, non vi é un solo imperativo volto al miglioramento. Un'infinita scala di individui, di infinite volontà di potenza, ciascuna con la loro prospettiva, ciascuna separata e in tensione con tutte le altre; questa sembra essere la visione finale. Dopo l'annullamento del dualismo "mondo vero-mondo apparente" tutte le prospettive di tutte le volontà di potenza non sono nè vere nè false: sono però reali, e restituite all'innocenza del divenire. E sul finire del "Crepuscolo degli idoli" troviamo anche la concezione dell'eterno ritorno e dell'amor fati, tipiche della filosofia nietzscheana, espresse come "fede di Dioniso": "Io, l'ultimo discepolo del filosofo Dioniso, io il maestro dell'eterno ritorno...". E poi vi é la celebre sintesi dell'argomento del Crepuscolo degli idoli: "La volontà di sistema é una mancanza di onestà". Non un sistema della volontà di potenza, ma la negazione e il superamento della volontà di potenza nel pensiero dell'eterno ritorno dell'identico é il significato filosofico del Crepuscolo degli idoli.
Nella prefazione, Nietzsche esordisce sostenendo amaramente che "vi sono nel mondo più idoli che realtà", e sono proprio questi idoli, ossia questi ideali, che hanno fatto imboccare al mondo la strada della décadence, dalla quale non si può tornare indietro; certo, il pensatore tedesco sa che non tutti comprenderanno le sue teorie e preferiranno aggrapparsi agli idoli, senza staccarsene per nulla al mondo: e così Nietzsche può dire: "Uomini postumi- ,come me, ad esempio- vengono compresi peggio di quelli attuali, ma ascoltati meglio. Più esattamente: noi non siamo mai compresi- di qui la nostra autorità..." (af. 15). Nietzsche dichiara così guerra a tutti gli ideali, una guerra che lo vede combattere da solo contro tutti quanti gli uomini, che non riescono a capirlo; e così egli si avvia a smascherare uno dei più gradi creatori di ideali: Socrate, con cui ha esordio la grande decadenza. Il suo errore consisterebbe nell'aver introdotto l'ideale della virtù e della dialettica e se i suoi precetti furono accolti dagli Ateniesi, fu solo perchè egli "affascinava: sembrava essere un medico, un salvatore". Il ragionamento socratico viene da Nietzsche così riassunto: "Ragione = virtù = felicità significa solamente che si deve imitare Socrate e stabilire in permanenza contro gli oscuri appetiti una luce diurna, la luce diurna della ragione": Nietzsche riprende qui il tema caratteristico della "Nascita della tragedia", secondo il quale Socrate introducendo a tutti i costi la razionalità avrebbe ucciso il senso del tragico, il dionisiaco. Nietzsche non può che disapprovare Socrate anche per il fatto che egli volle morire, andando contro la morte con animo tranquillo: l'intera sua vita non fu altro che un "no" alla vita, in attesa di una vita ultraterrena. Ma i velenosi strali di Nietzsche sono indirizzati a molti altri filosofi dell'antichità e l'unico a salvarsi é Eraclito, da cui Nietzsche stesso riprende lo stile aforismatico e con cui ha in comune il profondo senso aristocratico: "Eraclito avrà ragione in eterno ad affermare che l'essere é una vuota finzione. il mondo 'apparente' é l'unico mondo: il 'vero mondo' é solo un'aggiunta mendace". E poi, come al solito, Nietzsche muove aspre critiche al Cristianesimo sostenendo che, un pò come per Socrate, "attaccare le passioni alla radice significa attaccare alla radice la vita: la prassi della Chiesa é ostile alla vita". Dopo di che il pensatore tedesco procede mettendo in luce "4 grandi errori" commessi dall'uomo nel corso della storia, 4 idoli da lui innalzati e venerati: il primo errore consiste nello scambiare la causa con l'effetto, il secondo consiste invece nella falsa causalità, il terzo nell'immaginare cause che in realtà non esistono, e il quarto nella convinzione del libero arbitrio. Dopo aver mosso qualche critica alla presente società tedesca, Nietzsche passa ad esaminare i concetti di bello e brutto, sottolineando come nella realtà non vi siano un bello e un brutto in sè, come aveva sostenuto Platone: "Nel bello l'uomo pone se stesso come misura della perfezione; [...] l'uomo in fondo si rispecchia nelle cose, considera bello tutto ciò che gli rimanda la sua immagine; [...] l'uomo ha umanizzato: ecco tutto". Le considerazioni nietzscheane poi volgono alla politica ed egli attacca gli anarchici, quei riottosi che rifiutano ogni autorità e incitano gli altri a comportarsi come loro, nella convinzione che ognuno debba essere responsabile del fatto che loro se la passano male... essi sono perennemente in collera e sono un "no" netto alla vita; da qui il pensatore tedesco prende lo spunto per muovere una critica alle rivoluzioni che muovono dal principio secondo il quale "se io sono una canaglia, dovresti esserlo anche tu". L'anarchico, il socialista e il cristiano sono tutte forme di decadenza, di insozzatori del mondo. Nel mare magnum delle critiche, Nietzsche non rinuncia però a elogiare anche qualche personaggio del passato: per esempio, egli nutre simpatia per Tucidide e Machiavelli, affini "per l'assoluta volontà di non crearsi delle mistificazioni e di vedere la ragione nella realtà- non nella ragione e meno ancora nella morale": essi hanno rifiutato ogni ideale, mettendo perfino in discussione l'idea di bene e di male.
Riportiamo qui qualche aforisma del Crepuscolo degli idoli: - E che? l'uomo è soltanto un errore di Dio? Oppure Dio è
soltanto un errore dell'uomo? - Diffido di tutti i sistematici e li evito. La volonta' di
sistema è una mancanza di onesta'. - Chi non sa' porre la propria volonta' nelle cose, vi pone
almeno un senso: crede, cioè, che in esse esista gia' una volonta' - Che non si commettano vilta' verso le proprie azioni! Che
non le si pianti poi in asso! Il rimorso è sconveniente. - "Ogni verita' è semplice". Non è questa una doppia
menzogna? - E che? tu cerchi? vorresti decuplicarti, centuplicarti?
cerchi seguaci? Cerca zeri! - "Spirito tedesco": da diciott'anni una contradictio in
adjecto. - Quando la donna ha virtù virili, c'è da scappare: e se non
ha alcuna virtù virile, è lei stessa a scappare. - Il verme calpestato si rattrappisce. E questo è
intelligente. Diminuisce infatti la probabilita' di venir calpestato un'altra
volta. Nel linguaggio della morale: umiltà. - Erano gradini per me, li ho saliti; a tal fine ho dovuto
oltrepassarli. Ma quelli credevano che volessi riposarmi su di
loro...
Come il "mondo vero" finì per diventare favola
(La più antica
forma dell'idea, relativamente intelligente, semplice, convincente.
Parafrasi della proposizione "Io, Platone, sono la verità".)
(Progresso dell'idea: diventa più sottile, più insidiosa,
meno comprensibile - diventa donna, diventa cristiana...)
(Il vecchio sole, in fondo, ma attraverso la nebbia e
scetticismo; l'idea divenuta sublime, pallida, nordica,
konigsberghese.)
(Grigio mattino. Primo sbadiglio della ragione. Canto del
gallo del positivismo.)
(Giorno chiaro; prima colazione;
ritorno del bon sens e della serenità; rossore di vergogna di Platone;
baccano indiavolato di tutti gli spiriti liberi.)
(Mezzogiorno; momento dell'ombra più corta; fine
dell'errore più lungo; culmine dell'umanità; INCIPIT
ZARATHUSTRA.)