KARL RAHNER

 

A cura di M. Lucini



RAHNER

 

Karl Rahner nasce a Friburgo nel 1904.  Segue la sua vocazione ed è ordinato sacerdote della compagnia di Gesù nel 1932.  Si specializza in filosofia con Heidegger e nel 1936 si laurea in teologia. Inizia la sua carriera accademica nella facoltà teologica di Innsbruck, nel 1937.  Interdetto dal regime nazista, si dedica ad attività pastorali fino al 1948 in Baviera. Nel 1948 torna all’Università di Innsbruck come ordinario di teologia dogmatica.  Dal 1939 al 1984 pubblica una serie di opere, raccolte negli Schriften zur Theologie - "Scritti teologici", in 16 volumi, che sono una vera e propria miniera per lo studioso di teologia.  Il suo esordio come docente lo vede dunque nella facoltà di Innsbruck, dove era in elaborazione un "programma di teologia della predicazione" o "teologia kerygmatica" (Verkündigugstheologie o kerygmatische Theologie),che aveva l'obiettivo di sollevare il cristianesimo dall'"arido abitudinario" in cui era caduto, recuperando il carattere salvifico della verità della fede, il kérygma appunto, la lieta notizia del cristianesimo primitivo.
Il giovane teologo assume questa impostazione, ma solo inserendola in un più vasto progetto della teologia cattolica, basato sulla ricerca razionale.  Nel suo scritto del 1941, Uditori della parola, Rahner svolge le linee di una filosofia della religione in prospettiva teologica, come "antropologia teologica fondamentale", differente dalla teologia scientifica, che prendeva le sue mosse dalla considerazione logico sistematica di Dio, considerato come esse subsistens in tribus personis.  L'uomo, come spirito nel mondo, è l'uditore di una possibile rivelazione storica di Dio.  L'uomo viene qui percepito come l'ente che si realizza solo nella storia, mentre questa a sua volta attua la sua presenza solo attraverso l'uomo.  La storia è quindi la sola occasione per l'uomo di incontrare quella "parola" che illumina e fonda l'esistenza e verso la quale è protratta la ragione umana. Nel 1964 Rahner è chiamato alla facoltà d Teologia a Monaco, per insegnarvi filosofia della religione e Weltanschauung - "visione del mondo" - cattolica.  Ma Rahner rimaneva sempre un teologo e dopo soli tre anni dunque ritorna alla teologia dogmatica, presso la facoltà di Münster, dove conclude la sua carriera di docente nel 1971. Fu uno dei periti del Concilio Vaticano II.  Dal 1972 divenne membro della Commissione Teologica internazionale.  Studiò e scrisse fino alla morte, avvenuta nel 1984. Il lavoro di Rahner, è importante soprattutto per il metodo antropologico-trascendentale che egli usa per la ricerca teologica.  Partendo dall'analisi della società degli anni '50, Rahner evidenzia alcuni aspetti:

1           La società è fortemente secolarizzata e pluralista.  Gli enunciati di fede non sono più ovvii.  Nel pluralismo delle idee, la validità degli enunciati teologici è sullo stesso piano di qualsiasi altro.

2           Connessa a questa frammentazione sta la complessità derivante da un ampliamento delle conoscenze in ogni campo del sapere, che rende difficile ogni sintesi.
   

3           A ciò si aggiunga una rigidità (Fixierung) e incrostazione (Verkrustung) dei concetti teologici, che non corrispondono più alla mutata condizione antropologica e culturale dell'uomo moderno.

Nasce quindi, dall'incrocio di questi problemi, la crisi di fede.  Per fronteggiare questa crisi la Teologia deve  dotarsi di un nuovo metodo, in grado di trasmettere i contenuti di fede non soltanto come enunciati puri e semplici, ma anche in connessione con l'esperienza che l'uomo ha di sé.  Dal metodo scolastico, che procede dall'alto con una sorta di indottrinamento, bisogna passare a un metodo che parte dall'esperienza dell'uomo e si interroghi come la verità cristiana possa corrisponderle, e non viceversa. L'originalità di Rahner è quindi quella di aver introdotto un metodo che possa accostare le tematiche della fede anche nella condizione di complessità e frammentazione tipica dell'uomo del ventesimo secolo. L'approccio antropologico di Rahner è però caratterizzato da un aggettivo: trascendentale.  Vediamo che cosa significhi.  Questo passaggio dell’impianto filosofico della teologia di Rahner, rimanda direttamente a Kant e al razionalismo, da cui Rahner prende le mosse. Nell'esperienza dell'uomo bisogna distinguere un  apriori e un aposteriori.  Il contenuto dell'esperienza è l'aposteriori, il dato acquisito che è anche categoriale, riflesso, tematizzabile e tematizzato.  Il dato aposteriori però risulta sotteso da un apriori, non acquisito ma dato con l'esistenza, e trascendentale, cioè dato in modo irriflesso e a-tematico, ma che solo rende possibile la realtà categoriale, e cioé la conoscenza, l'azione, l'esperienza in genere.  Il trascendentale riguarda appunto la condizione della possibilità dell'esperienza categoriale: senza l'apriorità e la trascendenza, non è possibile dunque categorizzare le esperienze. La condizione aprioristica e trascendente dunque è costituita dalla struttura dello spirito finito nel mondo (Geist im Welt).  L'esperienza umana è appunto esperienza della finitezza che rimanda per antinomia a un orizzonte infinito.  Esperienza della assolutezza della verità e della responsabilità che rimanda all'assoluto, esperienza della radicalità dell'amore e della fedeltà che rimanda all'incondizionato. E' dunque apertura dello spirito finito all'infinito. Rahner quindi, prendendo le mosse dal razionalismo kantiano, e in una moderna impostazione della gnoseologia, recupera la via metafisica della filosofia classica di S.Agostino.  Non è dunque l'originalità di Rahner, tanto quella di aver elaborato la filosofia trascendentale, quanto quella di aver introdotto un metodo che possa accostare le tematiche della fede anche nella condizione di complessità e frammentazione tipica dell'uomo moderno, con debita attenzione ai problemi della fede, ma anche alla soggettività dell'uditore ed ai suoi problemi esistenziali. Ne consegue che le prove dell'esistenza di Dio non possono essere cercate all'esterno, negli enunciati teologici, ma all'interno di ognuno, e non secondo un metodo che parta dal presupposto che Dio sia ignoto all'uomo, ma partendo dal presupposto che all'uomo l'esistenza di Dio è nota, seppur in maniera trascendentale, implicita e atematica. Il metodo antropologico trascendentale, trova il suo complemento nella dottrina rahneriana dell'"esistenziale soprannaturale".  Esistenziale, dall'"existential" di Heidegger, è la determinazione dell'esserci dell'essere, a differenza delle cose.  Rahner lo assume solo per l'uomo (Seinsbestimmung des Menschen) e parla della grazia come di "esistenziale soprannaturale".  La grazia viene da Dio in un rapporto dialogico e libero ed è quindi indebita e soprannaturale.  Una realtà data da sempre, e può essere accettata o rifiutata.  L'uomo non può mai uscire da questa caratteristica.  Da qui il suo "cristianesimo anonimo" e la convinzione che in ogni religione sia presente la grazia e quindi la chiamata di Dio.  Da qui deriva quello che Rahner chiama "il momento trascendentale” della rivelazione storica.  De facto dunque, la grazia rimane una permanente determinazione dell'essere dell'uomo, che comunica con Dio e che può rifiutare di comunicare (una scelta, dunque). Perciò l'"uomo naturale" non esiste.  L'uomo ha una vocazione soprannaturale, al di là del fatto che sia cristiano o no.  La grazia è quindi soprannaturale ed è con l'uomo da sempre, è trascendentale, e accompagna il divenire a posteriori della vita di ognuno, segnandolo in profondità nelle decisioni. Il metodo antropologico trascendentale si presta, per queste caratteristiche, ad una analisi del rapporto fra la storia del mondo, la storia profana, e la salvezza che Dio concede all'uomo, con l'obiettivo di chiarirne implicazioni e distinzioni, agire di Dio e agire dell'uomo, ruolo della salvezza e della grazia e ruolo della libera volontà dell'uomo.  Tema che Rahner affronta nel suo saggio Weltgeschichte und Heilsgeschichte - "Storia del mondo e storia della salvezza", del 1962. Nella storia non è dato trovare la salvezza.  La salvezza è trascendente, proviene direttamente da Dio,  è un obiettivo della fede, della speranza e della preghiera.  Sono erronee le dottrine intramondane sulla salvezza.  Eppure, la dottrina cristiano-cattolica della storia, non può fare a meno di affermare che la storia della salvezza si realizza nella storia del mondo.  Per il cristiano la salvezza non è in un futuro, ma si realizza nell'hic et nunc, perché la grazia di Dio viene accordata ora, come autocomunicazione di Dio all'uomo.  L'autentica libertà spirituale in questo mondo di Dio, della grazia e di Cristo è sempre libertà di scelta di fronte a salvezza o perdizione: in altro modo non potrebbe essere libertà.  La realizzazione di questa dimensione di libera scelta, può realizzarsi solo nell'incontro col mondo, nella relazione con altre persone umane: non solo nella dimensione privata del rapporto uomo-Dio (pietà, preghiera), ma anche nella partecipazione alle vicende storiche e sociali. C'è un altro aspetto da tener presente: la storia della salvezza non è sempre chiaramente percepibile nelle pieghe ambigue della storia del mondo.  Si fa fatica a capire il senso di certi avvenimenti della storia mondana in relazione all'atto salvifico di Dio.  In realtà non deve questa essere una preoccupazione del credente, perché l'uomo, in qualunque momento della sua vicenda storica, può incontrare sempre la profferta di salvezza.  La trasparenza della storia della salvezza nelle maglie della storia mondana può essere captata con gli occhi della fede.  In realtà la storia profana abbonda di segni, di accenni che indicano questa salvezza come già attuata: la storia salvifica si realizza quindi proprio nella storia profana. Ciò non vuol dire che le due realtà storiche coincidano, anzi, sono ben distinte, anche se parallele. Innanzitutto la storia profana non permette alcuna interpretazione circa la salvezza.  Vi sono solo uomini che scelgono di accettarla o rifiutarla, ma il carattere di questa accettazione o rifiuto è un fattore di libertà personale. Un atto libero non è passibile di riflessione morale o giudizio intellettuale, perché il contenuto della coscienza è molto più profondo di quanto non siano le nozioni conosciute.  Ogni riflessione sulla libertà è solo un resoconto incapace di esprimerne l'essenza.  La salvezza inoltre non rappresenta affatto il risultato di una libera decisione dell'uomo, ma il risultato della profferta gratuita di Dio che viene accolta con libertà.  L'azione, parte da Dio.  Ma Dio che si comunica può essere conosciuto solo alla fine della storia dell'uomo: la salvezza quindi è un frutto che matura nel corso della storia e giunge a maturazione alla fine della storia dell'uomo.  E' quindi nella storia, ma solo come affermazione creduta e sperata, non come realizzazione salvifica tout court. Ma anche a questo punto, storia della salvezza e storia profana differirebbero solamente per il grado di giudicabilità di quella profana e l'ingiudicabilità di quella della salvezza. Occorre pertanto fra le due esaminare le differenze e le identità. La volontà salvifica di Dio, dicevamo, si estende a tutti gli uomini.  A tutti viene esibita la grazia.  L'offerta di salvezza è quindi estesa quanto è estesa la storia. La grazia va intesa come cambiamento della struttura cosciente dell'uomo.  L'elevazione soprannaturale dell'uomo, prodotta e concessa da Dio, attua di per se stessa già il concetto di una rivelazione, nel senso di un cambiamento della coscienza (non di conoscenza).  Basta che l'uomo accetti questa trascendenza, per mezzo della fede. Da questo fatto si deduce che esiste una storia della salvezza.  E non è una storia che fluttui in una regione metempirica che non abbia nulla a che vedere con la storia, perché influenza le concezioni della Religione, dell'autocomprensione dell'uomo, della filosofia, dell'etica, anche se tale orizzonte non si tramuta in certezza.  Data la struttura unitaria dell'esistenza, la vocazione dell'intero uomo alla salvezza, l'intima dinamica della grazia capace di agire in modo salvifico, è da pensare che tutto ciò tenda a tematizzarsi. La storia della salvezza e la storia profana infine sono diverse, perché Dio attraverso la sua parola, che è elemento costitutivo di questa salvezza, ha spiegato un brano di questa storia, che altrimenti sarebbe stata ambigua, per farne una vera e propria storia della salvezza, con la parola di Cristo.  Cristo, il lògos incarnato, non si manifesta coi miracoli, non solo, ma soprattutto con la parola.  Senza parola i miracoli non avrebbero senso, perché non spiegano nulla, sono, empiricamente, e basta. Secondo Rahner la storia della salvezza costituisce la chiave di spiegazione della storia profana, perché essa rappresenta la sua profonda essenza e substrato basilare, offrendo un'interpretazione della storia profana.  Toglie da sé ogni carattere mitologico e quindi distingue da sé la storia profana.  La creazione e la storia non rappresentano la salvezza che invece si identificano con Dio e la sua grazia.  La storia non è quindi una teogonia, ma una creatura di Dio. Per il Cristiano la storia del mondo va interpretata in modo cristocentrico.  Dio si è espresso col suo logos e ha creato il mondo, questo logos esiste differenziato in natura e grazia, storia della salvezza e storia profana.  Cristo riassume e congloba tutto questo.  Dio non ha fatto la storia perché ne aveva bisogno, ma per amore sempre in atto di donarsi.  La storia per antonomasia quindi abbraccia le due storie, del mondo e della salvezza, e Cristo è colui che in questo atto sta al centro incarnandolo. Ma allora, se Dio manifesta la sua profferta di salvezza nella storia, questa profferta è sempre stata esibita all'uomo o solo all'uomo cristiano?  Esiste possibilità di salvezza fuori dal cristianesimo?  Il pensiero di Rahner, fondato sulla trascendentalità, giunge conseguentemente a  riconoscere valore salvifico anche alle altre religioni.  E' il tema che Rahner affronta nel suo saggio Über die Heilsbedeutung der nichtchristlischen Religionen - "Sul significato salvifico delle religioni non cristiane", del 1975. Per estrapolare i principi in base ai quali Rahner riconosce valore salvifico alle religioni mondane occorre partire da alcuni presupposti.  Rahner prende spunto dai documenti del Concilio Vaticano II, i quali riconoscono nelle varie religioni esiste qualcosa di "vero" e qualcosa di "santo" (concetto che già Nikolaus Krebs, il Card. Cusano, implicitamente riconosceva nella sua opera "Esame critico del Corano”), e che quindi anche queste dottrine devono essere considerate con sincero rispetto.  Anche i non-cristiani hanno possibilità di salvezza in quanto anche in essi vi è la ricerca di una risposta agli enigmi dell'esistenza umana.  Nel Concilio viene però lasciato insoluto il problema decisivo: la qualità propriamente teologica delle religioni non cristiane. "L'ottimismo salvifico del concilio promette la salvezza soprannaturale nel possesso diretto di Dio a tutti coloro che non si chiudono liberamente con una colpa personale nei suoi confronti". Da questa dottrina della volontà salvifica universale si Dio, segue una concezione del rapporto tra grazia da un lato e uomo, umanità e storia dall'altro.  La grazia viene spesso intesa come "abituale" e "attuale": abituale in quanto data antecedentemente (si pensi al bambino battezzato) e non accolta dal libero consenso dell'uomo; attuale, perché pensata come un evento cronologicamente puntiforme, dato qui e là in determinate situazioni. Al contrario, essa dovrebbe essere pensata come un'"esistenza permanente" dell'uomo, dell'umanità e della storia, dato sempre e dappertutto, come una possibilità sempre attiva di un rapporto salvifico della libertà verso Dio.  La grazia è l'essenza della rivelazione e la storia della rivelazione non è immune dalla possibilità, non solo di venir soggettivata in modo incompleto nei concetti e nelle azioni, ma anche di risultare depravata contro la sua natura più intima. La tesi dell'imperfezione e del fallimento di una storia della rivelazione è confermata dal fallimento dell'antica alleanza del popolo di Israele che si definisce come "religione istituzionalizzata quale oggettivazione della rivelazione del divino nel sociale".  Questa situazione vale anche per tutte le altre religioni, che non vanno pensate soltanto come:
     

-            o completamente oggettivazione della rivelazione e della grazia divina
   

-            o un'invenzione umana "dal basso"
   

-            o una deformazione perversa della rivelazione divina.
  

Nell'uomo il rapporto trascendentale verso Dio è sempre mediato da realtà categoriali della sua vita che non sono tematicamente religiose.  Una simile mediazione può eventualmente verificarsi, ad esempio, nella fedeltà alla propria coscienza da parte dell'ateo.  Non è da escludere però la realtà religiosa verbalizzata e istituzionalizzata che se profferta all'uomo, qualunque essa sia, questi ne usufruirà come mediazione per il suo rapporto con Dio, a meno che essa non contraddica tale rapporto. Secondo la teologia morale cattolica, anche oggetti di per se contrari alla volontà di Dio possono, tuttavia, fungere da mediatore per un atto morale e religioso positivo. Secondo Rahner dunque le religioni non cristiane, nelle loro istituzioni e oggettivazioni teoretiche, possono essere delle mediazioni categoriali di genuini atti salvifici, sia perché contengono sempre qualcosa di vero (anche soltanto la trascendenza dell'uomo), sia perché, anche se oggettivamente errate e deformate, possono ancora essere una mediazione della trascendentalità soprannaturale genuina dell'uomo. Rimane però ovvio che supereranno la loro ambivalenza solo a partire da Cristo quale parola escatologica di Dio. Ma se la salvezza è in tutte le religioni, come possiamo noi dire che la religione cristiana sia quella che "più vera", la migliore?  Che differenza esiste fra cristianesimo e le altre religioni? Nel saggio Cristianesimo e  religioni non cristiane, Karl Rahner affronta il problema. Un tempo la religione era riferita alle abitudini e tradizioni di una popolazione ristretta, e quindi le "altre religioni" erano considerate straniere.  Oggi, la maggior comunicazione e l'interscambio culturale, mettono in discussione la pretesa di assolutezza avanzata dal cristianesimo (neppure l'Islam si pone come religione assoluta). Secondo l'autore, una religione per definirsi istituzionalizzata deve essere una religione sociale, cioè integrata nella struttura sociale della popolazione. Esiste poi un'unica storia del mondo, comune ai cristiani e ai non cristiani.  Da queste premesse parte l'autore, e suddivide la sua analisi in quattro tesi, nelle quali approfondisce separatamente il corpus del cristianesimo, messo poi a confronto con le religioni pre-cristiane (culti mitici antichi), l'ebraismo e l'islamismo.

  

Tesi 1 : IL CRISTIANESIMO RELIGIONE ASSOLUTA.  Questa dichiarazione si esplica nel Nuovo Testamento ed è assunta a concezione basilare che non necessita di dimostrazione e spiegazione.  Dio infatti opera a favore dell'uomo, si rivela con l'incarnazione, la morte e la resurrezione dell'"unico Verbo di Dio fatto carne".  Cristo si pone pertanto come il mediatore che ha attuato realmente, e non solo teoricamente, la riconciliazione del mondo con Dio. La presenza storica di Dio si manifesta dunque nella realtà attraverso la Chiesa, vista come la religione per antonomasia, che vincola l'uomo a Dio.  

E' possibile identificare con Gesù la risposta all'istanza di assolutezza della religione?  Secondo Rahner il momento del riconoscimento non può essere previsto, ma sicuramente il cristianesimo è la religione assoluta, che deve essere colta non solo come precetto, ma come mezzo necessario per arrivare a Dio.

  

Tesi 2 : OGNI RELIGIONE CONTIENE TRACCE D GRAZIA E DI ELEMENTI NUOVI.  Soprattutto in questa seconda tesi Rahner approfondisce il confronto fra il cristianesimo e le altre religioni.  Divide la tesi in due parti, nelle quali afferma che anche nelle religioni non cristiane si possono riscontrare le tracce soprannaturali della Grazia di Dio, e non solo, ma anche un modo naturale di credere in Lui.  

Le religioni pre-cristiane sono permeate di elementi falsi, erronei, "malformati e dovuti alla depravazione umana, che vengono poi accettati dall'Islam".  Il nucleo centrale della religione islamica è costituito dal fatto che, non essendoci nessuna istanza istituzionale infallibile, per distinguere le profezie vere da quelle false i fedeli devono farlo attraverso la loro coscienza individuale nell'hic et nunc, col rischio di essere affascinati dai falsi profeti. 

L'affermazione che ogni religione contiene una traccia di grazia, è sostenuta dal ritenere che essa sia dono di Dio per tutti gli uomini, un dono che però viene individualizzato.  L'uomo, per salvarsi, deve allora divenire "homo religiosus", deve rifarsi alla religione imperante e legittima della sua cultura e professata dalla gente del suo tempo.  Al contrario, l'uomo non cristiano professa una religione interiore ed instaura un rapporto con Dio al di fuori della religione offertagli dall'ambiente sociale in cui vive.

  

Tesi 3 :           OGNI UOMO E' UN CRISTIANO ANONIMO, OBBLIGATO PERO' A DIVENIRE CRISTIANO EFFETTIVO.  

In questa tesi Rahner espone la sua concezione del credente, che anche se non cristiano, è ugualmente un cristiano anonimo, in quanto ha ricevuto la Grazia e la salvezza di Dio attraverso il Cristo.  Egli è in parte consapevole della sua situazione, non è in fondo un "teista" ma è necessario che riceva il sacramento del battesimo e della penitenza perché possa diventare cristiano effettivo: non sono sufficienti gli atti di fede e di pentimento.  Il cristianesimo diventa quindi un'esigenza, poiché insieme alla Grazia tende ad incarnarsi ed a socializzarsi ed inoltre afferma prospettive di salvezza migliori di quelle che l'uomo avrebbe restando cristiano anonimo.

  

Tesi 4 : LA CHIESA E' L'AVANGUARDIA DELL'ESERCITO DI DIO. Rahner afferma che il cristiano deve rapportarsi agli altri sempre in veste di missionario-  La Chiesa non è considerata unità esclusiva dei candidati alla salvezza, ma è vista come un esercito in marcia.  L'autore è convinto che il pluralismo religioso non sparirà entro breve tempo, anche perché è scritto nel Vangelo che l'opposizione a Cristo e alla Chiesa non cesserà mai fino alla fine dei tempi.  

Siccome la Chiesa non si limita a vivere in un campo privato e ristretto ma si diffonde in tutto il mondo, tale opposizione è destinata a serpeggiare ovunque.  La Chiesa può fronteggiarla tramite la fede, la speranza, la carità.  Essa non si oppone ai cristiani anonimi ma anzi, attende che essi si riconoscano nella sua istituzione.  I cristiani anonimi, dal canto loro, possono criticare la comunità solo superficialmente, perché non sono ancora giunti a sentirsi parte integrante di essa. 

Taluni potrebbero accusare il cristiano di presunzione.  Questa è una critica infondata, secondo Rahner, perché il Cristiano riconosce Dio come infinitamente più grande dell'uomo e della Chiesa.  Per Rahner i cristiani anonimi hanno già in loro tracce di elementi cristiani.  La sua ipotesi è confermata da quanto afferma S. Paolo negli Atti degli Apostoli (17,23): "quello che voi non conoscete, eppure già venerate (eppure già venerate!), io lo annunzio a voi!".

Concludendo, ci sembra di poter affermare che siano soprattutto queste ultime 4 tesi (e forse più per il loro linguaggio e per le metafore che esse evocano, vagamente imperialiste), quelle più contestate di tutto l’impianto teologico di Rahner che, nella loro sostanza, sono assunte dal Concilio Vaticano II e, quindi, possono essere identificate come pensiero teologico “ufficiale”, per così dire, della Chiesa Cattolica.  Sono tesi che in effetti sollevano parecchie perplessità e sembrano, dopo le affermazioni importanti e il riconoscimento del valore salvifico in tutte le religioni, un muro ancor più difficile da superare, proprio perché filosoficamente più agguerrito, rispetto alla “vecchia” concezione di salvezza, riconosciuta solo alla Chiesa Cattolica..

 

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