opere principali
- Über
die vierfache Wurzel des Satzes vom zureichenden Grunde (Sulla
quadruplice radice del principio di ragion sufficiente) 1813
- Die
Welt als Wille und Vorstellung (Il Mondo come volontà e rappresentazione) 18191,
18442, 18593
vita
La sua famiglia era di origine olandese, il padre ricco
commerciante di Danzica (ove Arthur nacque il 22 febbraio 1788)
il giovane Arthur viaggiò molto, per imparare le
lingue e poter proseguire il lavoro del padre: fu così in Francia (Le Havre
1797/9), a Karlsbad, Praga, Olanda, Inghilterra, Svizzera, Austria, Slesia e
Prussia.
Morto il padre per suicidio (1805) ereditò una fortuna
cospicua, che gli permise di vivere di rendita, studiando: prima al ginnasio
(di Gotha, e poi di Weimar), poi all'università di Gottinga (1809/11),
dove conobbe G.E.Schulze, che lo introdusse a Kante a Platone, e Berlino
(1811/13), dove seguì Schleiermacher, Fichte e il filologo F.A.Wolf.
Per la guerra, raggiunse a Weimar la madre, che
(romanziera) vi teneva un salotto letterario, cui veniva anche Goethe, e si
laureò a Jena nello stesso 1813, con una tesi Über die vierfache Wurzel
des Satzes vom zureichenden Grunde, apprezzata da Goethe. Ivi conobbe
anche l'orientalista Friedrich Mayer, estimatore delle Upanišhad.
Ruppe ben presto con la madre, Johanna Henriette, che aveva
accolto in casa un amante, nel 1814.
Si trasferì così a Dresda e qui pubblicò Die Welt als
Wille und Vorstellung, suo capolavoro, scritto nel 1818 e pubblicato nel
1819. Dopo un viaggio in Italia, ottenne la libera docenza a Berlino nel 1820,
discutendo con Hegel, col quale venne a diverbio; e a Berlino rimase,
frustrato per la concorrenza hegeliana, per cui le sue lezioni erano
disertate, fino al 1831, quando vi si diffuse un'epidemia di colera.
Allora si trasferì a Francoforte, dove rimase fino alla morte,
sopraggiunta nel 1860. Di tale periodo sono La volontà della natura (1836),
I due problemi fondamentali dell’etica (1841) e il brillante e
popolare Parerga et paralipomena (1851). Tali opere gli guadagnarono
riconoscimenti pubblici e maggior successo delle opere precedenti.
Come scrive Abbagnano "nessun successo immediato arrise all'opera di Schopenhauer, che dovette
aspettare più di vent'anni per pubblicare la seconda edizione del
Mondo come volontà e rappresentazione, edizione che egli arricchì di
un secondo volume di note e supplementi. (...) Soltanto dopo il 1848, in concomitanza con un'ondata di pessimismo che colpì l'Europa, cominciò la "fortuna" della sua filosofia". E in generale la fortuna della sua filosofia tende ricorrentemente a coincidere con periodi in cui l'umanità occidentale avverte il bisogno di una spiegazione della realtà che ne evidenzi la tragicità.
la critica all'idealismo
Schopenhauer critica in generale "i tre grandi ciarlatani" idealisti, e in particolare Hegel, "sicario della verità", la cui filosofia è mercenaria, al servizio dello Stato:
"Hegel, insediato
dall'alto, dalle forze al potere, fu un ciarlatano di mente ottusa,
insipido, nauseabondo, illetterato, che raggiunse il colmo
dell'audacia scodellando i più pazzi e mistificanti non sensi"
il suo pensiero è "una buffonata filosofica".
i riferimenti del suo pensiero
Furono Kant, da cui prese la distinzione tra fenomeno e noumeno, interpretandola
però in modo difforme dallo stesso Kant, attribuendo al fenomeno una
valenza di illosorietà a quello sconosciuta (dato che al contrario per
il filosofo di Koenigsberg proprio del fenomeno e anzi solo del fenomeno si
piò dare conoscenza rigorosamente scientifica e valida), Platone (da
cui trasse la concezione delle idee, anche qui però intese in modo originale,
"forme eterne sottratte alla caducità dolorosa del nostro mondo" (Abbagnano)
come strato ontologico intermedio tra il centro della realtà, che è
cieca Volontà e l'apparenza fenomenica più superficiale), e la
filosofia indiana, da cui appunto trae la decisiva convinzione del carattere
ingannevole del mondo sensibile, che altri filosofi occidentali avevano sì
in precedenza definito imperfetto, e al limite prossimo al nulla (Parmenide,
Platone, Plotino), ma mai giudicato deformante inganno.
1a) il mondo come rappresentazione
Noi non conosciamo le cose
in sé stesse ("vediamo non il sole né la terra"), ma in quanto sono
rapportate al soggetto, dipendenti dal soggetto, "interne" ad esso (conosciamo
"l'occhio che vede il sole, la mano che sente il contatto con la
terra"), e il soggetto filtra la realtà con le tre categorie
(una sorta di a-priori, che il soggetto pone mediante l'intelletto,
analogamente a Kant, con la differenza che per Sch. le categorie hanno una
matrice fisiologica, piuttosto che trascendentale)
- (spazio
e tempo (che rendono molteplice l'oggetto)
- la causalità (che lo rende un
"cosmo conoscitivo"), poste come per Kant,
dall'intelletto
la
causalità a sua volta, in quanto principio di ragion
sufficiente, assume quattro forme, ossia |
causa fiendi (cioè del divenire; regola i rapporti
causali);
causa cognoscendi (regola i rapporti tra i giudizi);
causa essendi (regola i rapporti tra le parti del tempo e dello
spazio);
causa agendi
(regola i rapporti tra le azioni);
|
Essa
è perciò fenomeno, nel senso di apparenza, in parentela
stretta col sogno, analogamente a Pindaro ("l'uomo è il sogno di un'ombra"),
Sofocle, Shakespeare ("noi siamo di tale stoffa, come quella di cui son fatti i sogni, e la nostra breve vita è chiusa in un sonno"), Calderòn, o, con espressione di derivazione indiana, "velo di Maya".
" è Maya, il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa
loro vedere un mondo del quale non può dirsi nê che esista, nê che non
esista; perchê ella rassomiglia al sogno, rassomiglia al riflesso del
sole sulla sabbia, che il pellegrino da lontano scambia per acqua; o
anche rassomiglia alla corda gettata a terra che egli prende per un
serpente (Il mondo come volontà ..., paragrafo 3)
ma c'è il modo per giungere alla realtà in sé
stessa:
1b)
e come volontà
esistenza della Volontà
Ne posso essere certo in quanto
a)ho accesso diretto alla mia volontà, che sperimento essere la
mia più intima essenza, facente tutt'uno con il moto del mio
corpo (che posso infatti conoscere o oggettivandolo, o dall'interno, come mosso dalla volontà).
Io sono volontà, Wille zum Leben, impulso prepotente;
b)per
analogia estendo questo a tutto il reale:
osservando nei fenomeni naturali "l'impeto violento e irresistibile con
cui le acque si precipitano negli abissi, ... l'ansia con cui il ferro vola
verso la calamita, la violenza con cui i poli elettrici tendono a riunirsi ...[riconosciamo]
quell'identica essenza che in noi persegue i suoi fini al lume della conoscenza,
ma che qui non ha che impulsi ciechi, sordi, unilaterali e invariabili"
(§ 23 Il mondo come volontà e rappresentzione)
sua essenza
La Volontà è inconscia...
Come ricorda Abbagnano: "essendo al di là del fenomeno, la Volontà presenta
caratteri contrapposti a quelli del mondo della rappresentazione, in quanto
si sottrae alle forme proprie di quest'ultimo: lo spazio, il tempo e la causalità.
Innanzitutto la Volontà primordiale è inconscia, poichê la consapevolezza e
l'intelletto costituiscono soltanto delle sue possibili manifestazioni secondarie.
Di conseguenza, il termine Volontà, preso in senso metafisico-schopenhaueriano,
non si identifica con quello di volontà cosciente, ma con il concetto più generale
di energia o di impulso (e in questo senso si comprende perchè Schopenhauer
attribuisca la volontà anche alla materia inorganica e ai vegetali)."
...unica...
In secondo luogo, la Volontà risulta unica, poichò esistendo al di fuori
dello spazio e del tempo, che dividono gli enti, si sottrae costituzionalmente
a ciò che egli chiama "principio di individuazione". Infatti la Volontà non
è qui più di quanto non sia là, più oggi di quanto non sia stata ieri o sarà
domani. Essa, dice Schopenhauer, "è in una quercia come in un milione di querce".
...eterna...
Essendo oltre la forma del tempo, la Volontà è anche eterna e indistruttibile,
ossia un Principio senza inizio nè fine. Per questo, Schopenhauer scrive che
"alla Volontà è assicurata la vita" e paragona il perdurare dell'universo
nel tempo ad un "meriggio eterno senza tramonto refrigerante", oppure
all'"arcobaleno sulla cascata", non toccato dal fluire delle acque (op.cit.,
paragrafo 54).
...assurda e cieca.
Essendo al di là della categoria di causa, e quindi di ciò che Schopenhauer
denomina "principio di ragione", la Volontà si configura anche come una Forza
libera e cieca, ossia come un'Energia incausata, senza un perchè e senza uno
scopo. Infatti noi possiamo cercare la "ragione" di questa o quella manifestazione
fenomenica della Volontà, ma non della Volontà in se stessa, esattamente come
possiamo chiedere ad un uomo perchè voglia questo o quello, ma non perchè voglia
in generale. Tant'è che a quest'ultima domanda l'individuo non potrebbe rispondere
che "voglio perchè voglio", ossia, traducendo la frase in termini filosofici,
" perchè c'è in me una volontà irresistibile che mi spinge a volere". Infatti,
la Volontà primordiale non ha una mèta oltre se stessa: la vita vuole la vita,
la volontà vuole la volontà, ed ogni motivazione o scopo cade entro l'orizzonte
del vivere e del volere (op.cit., paragrafo 29).
consegnenze etiche
Vi è in Schopenhauer un rifiuto di ogni ottimismo:
- cosmico (quello delle religioni, con la loro idea di Provvidenza)
"Ogni volere scaturisce da bisogno, ossia da
mancanza, ossia da sofferenza. A questa dà fine l'appagamento; tuttavia
per un desiderio che venga appagato, ne rimangono almeno dieci
insoddisfatti; inoltre la brama dura a lungo, le esigenze vanno
all'infinito; l'appagamento è breve e misurato con mano avara. Anzi, la
stessa soddisfazione finale è solo apparente: il desiderio appagato dà
tosto luogo a un desiderio nuovo: quello è un errore riconosciuto,
questo un errore non ancora conosciuto. Nessun oggetto del volere, una
volta conseguito, può dare appagamento durevole... bensì rassomiglia
soltanto all'elemosina, la quale gettata al mendico prolunga oggi la sua
vita per continuare domani il suo tormento" (op.cit., paragrafo 38).
La realtà è una '"arena di esseri tormentati e angosciati, i quali esistono solo a patto
di divorarsi l'un laltro, dove perciò ogni animale carnivoro è il sepolcro
vivente di mille altri e la propria autoconservazione è una catena di morti
strazianti"
"Se si conducesse il più ostinato ottimista attraverso gli ospedali, i
lazzaretti, le camere di martirio chirurgiche, attraverso le prigioni, le
stanze di tortura, i recinti degli schiavi, i campi di battaglia e i
tribunali, aprendogli poi tutti i sinistri covi della miseria, dove ci si
appiatta per nascondersi agli sguardi della fredda curiosità, e da ultimo
facendogli ficcar l'occhio nella torre della fame di Ugolino, certamente
finirebbe anch'egli con l'intendere di qual sorte sia questo meilleur des
mondes possibles. Donde ha preso Dante la materia del suo Inferno, se
non da questo mondo reale? E nondimeno n'è venuto un inferno bell'e buono.
Quando invece gli toccò di descrivere il cielo e le sue gioie, si trovò
davanti a una difficoltà insuperabile: appunto perchê il nostro mondo non
offre materiale per un'impresa siffatta" (op.cit., paragrafo 59)
"A diciassette anni, ancora privo di ogni cultura, fui colpito dalla
miseria della vita così profondamente come Buddha nella sua gioventù,
quando vide per la prima volta la malattia, la vecchiaia, il dolore e la
morte. La verità che del mondo mi parlava chiaro e tondo, ebbe presto il
sopravvento sui dogmi ebraici che mi erano stati inculcati; e la mia
conclusione fu che questo mondo non poteva essere l'opera di un ente
assolutamente buono... "
"Verrà un tempo in cui la dottrina di un Dio come creatore sarà
considerata in metafisica, come ora, in astronomia, si considera la
dottrina degli epicicli"
“Dei mali della vita ci si consola con al morte, e della morte con i mali della vita. Una gradevole situazione”
“Noi ci consoliamo delle sofferenze della vita pensando alla morte, e della morte pensando alle sofferenze della vita”
“...alla fine tutti quanti siamo e restiamo soli”
“Alla natura sta a cuore solo la nostra esistenza, non il nostro benessere”
“Ogni sera siamo più poveri di un giorno”
“Dal punto di vista della giovinezza la vita è infinita; dal punto di vista della vecchiaia è un brevissimo passato”
“Si può dire quello che si vuole! Il momento più felice di chi è felice è quando si addormenta, come il momento più infelice di chi è infelice è quando si risveglia”
“A parte poche eccezioni, al mondo tutti, uomini e animali, lavorano con tutte le forze, con ogni sforzo, dal mattino alla sera solo per continuare ad esistere: e non vale assolutamente la pena di continuare ad esistere; inoltre dopo un certo tempo tutti finiscono. È un affare che non copre le spese”
“Se è stato un Dio a creare questo mondo, non vorrei essere lui: la sofferenza nel mondo mi spezzerebbe il cuore”
“Chi ama la Verità odia gli dèi, al singolare come al plurale”
- storico (il progresso, come in Hegel, Comte, Marx e altri):
in realtà la
storia ci inganna facendoci credere che le cose cambino
sostanzialmente, mentre ha ragione l'Ecclesiaste: non vi è
nulla di nuovo sotto il sole in ogni tempo fu, è e sarà
sempre la stessa cosa (Il mondo come volontà e rappresentazione, II, 38)
"Mentre la storia
ci insegna che in ogni tempo avviene qualcosa di diverso, la filosofia si
sforza di innalzarci alla concezione che in ogni tempo fu, è, e sarà sempre
la stessa cosa" (Supplementi, capitolo 38)
- sociale (secondo cui l'uomo è naturalmente buono verso gli
altri):
"Ogni giubilo eccessivo nasce sempre dall’illusione di aver trovato nella vita qualcosa che è impossibile trovarvi, e cioè la pacificazione definitiva del tormento"
"chi considera bene
.. scorge il mondo come un inferno, che supera quello di Dante in
questo, che ognuno è diavolo per l'altro."
"l'uomo è
l'unico animale che faccia soffrire gli altri al solo scopo di far
soffrire"
“Ciò che rende gli uomini socievoli è la loro incapacità di sopportare la solitudine e se stessi. [...] Tutti i pezzenti sono socievoli, da far pietà”
"Vi è dunque, nel cuore di
ogni uomo, una belva, che attende solo il momento propizio per scatenarsi
ed infuriare contro gli altri" (Parerga, 2, 114)
"Come l'uomo si comporti con l'uomo, è mostrato, ad esempio, dalla
schiavitù dei negri. Ma non v'è bisogno di andare così lontani: entrare
nelle filande o in altre fabbriche all'età di cinque anni, e d'allora in
poi sedervi prima per dieci, poi per dodici, infine per quattordici ore
al giorno, ed eseguire lo stesso lavoro meccanico, significa pagar caro
il piacere di respirare. Eppure questo è il destino di milioni, e molti
altri milioni ne hanno uno analogo"
"la vita è un continuo oscillare tra dolore e noia"
2) la liberazione
/
Schopenhauer rifiuta il suicidio come via alla
liberazione per due motivi :
\ |
1) perchè "il suicidio, lungi dall'essere negazione della volontà, è
invece un atto di forte affermazione della volontà stessa" in quanto il
suicida "vuole la vita ed è solo malcontento delle condizioni che gli
sono toccate" (ivi, paragrafo 69), per cui anzichê negare veramente la
volontà egli nega piuttosto la vita; |
2) perchê il suicidio sopprime unicamente l'individuo, ossia una
manifestazione fenomenica della Volontà di vivere, lasciando intatta la
cosa in sé, che pur morendo in un individuo rinasce in mille altri, simile
al sole che, appena tramontato da un lato, risorge dall'altro." (Abbagnano)
|
Essa ha come momenti principali
a)l'arte:
"mentre la conoscenza, e quindi la scienza, è continuamente irretita
nelle forme dello spazio e del tempo, ed asservita ai bisogni della volontà,
l'arte, secondo Schopenhauer, è conoscenza libera e disinteressata, che si
rivolge alle idee, ossia alle forme pure o ai modelli
eterni delle cose." (Abbagnano)
"Mentre per l'uomo comune, il proprio patrimonio conoscitivo è la lanterna
che illumina la strada, per l'uomo geniale è il sole che rivela il mondo".
b) la compassione, che rompe la catena di egoismi che mette ogni individuo contro l'altro, causando inutile e assurda sofferenza.
“L’amore autentico è sempre compassione; e ogni amore che non sia compassione è egoismo”
c) l'ascesi
essa nasce dall'"orrore" dell'uomo "per l'essere di cui è
manifestazione il suo proprio fenomeno, per la volontà di
vivere, per il nocciolo e l'essenza di un mondo riconosciuto pieno
di dolore" (ivi, paragrafo 68), è l'esperienza per la quale l'individuo,
cessando di volere la vita ed il volere stesso, si propone di estirpare il
proprio desiderio di esistere, di godere e di volere: "Con la parola
ascesi... io intendo, nel senso più stretto, il deliberato infrangimento
della volontà, mediante l'astensione dal piacevole e la ricerca dello
spiacevole, l'espiazione e la macerazione spontaneamente scelta, per la
continuata mortificazione della volontà" (ivi).
comporta la perfetta castità, la rinuncia ai piaceri, l'umiltà,
il digiuno, la povertà, il sacrificio e l'automacerazione
Fino ad arivare alla noluntas
"il deliberato infrangimento della volontà,... per la
continuata mortificazione della volontà"
"Quel che rimane dopo la soppressione completa
della volontà - dice Schopenhauer alla fine della sua opera - è certamente
il nulla per tutti coloro che sono ancora pieni della volontà. Ma per gli
altri, in cui la volontà si è distolta da se stessa e rinnegata, questo
nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee è,
esso, il nulla" (ivi, paragrafo 71).
Note
- Nota 1
Secondo Abbagnano "dell'Illuminismo lo interessano il filone materialistica e quello dell'ideologia, da cui eredita la tendenza a considerare la vita psichica e
sensoriale in termini di fisiologia del sistema nervoso. Inoltre da
Voltaire desume lo spirito ironico e brillante e la tendenza
demistificatrice nei confronti delle credenze tramandate. Dal Romanticismo
Schopenhauer trae alcuni temi di fondo del suo pensiero, come ad esempio
l'irrazionalismo, la grande importanza attribuita all'arte e alla musica,
e, soprattutto, il tema dell'infinito, cioè la tesi della presenza, nel
mondo, di un Principio assoluto di cui le varie realtà sono manifestazioni
transeunti. Altro motivo indubbiamente romantico è quello del dolore.
Tuttavia mentre il Romanticismo, sul piano filosofico, mostra una
tendenza globalmente ottimistica, che si concretizza in un tentativo di
dialettizzare o riscattare il negativo tramite il positivo (Dio, lo
Spirito, la storia, il progresso eccetera) Schopenhauer appare decisamente
orientato verso il pessimismo, di cui è uno dei maggiori teorici.
Decisiva importanza, anche se indiretta, gioca pure l'idealismo, vera
"bestia nera" e "idolo polemico" dello schopenhauerismo."