Giordano Bruno
Spaccio de la bestia trionfante
Epist. esplicatoria
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EPISTOLA ESPLICATORIA SCRITTA AL MOLTO ILLUSTRE ED ECCELLENTE CAVALLIERO SIGNOR FILIPPO SIDNEO DAL NOLANO.
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Cieco chi non vede il sole, stolto chi nol conosce, ingrato chi nol ringrazia; se tanto è il lume, tanto il bene, tanto il beneficio; per cui risplende, per cui eccelle, per cui giova; maestro de sensi, padre di sustanze, autor di vita. Or non so qual mi sarei, eccellente Signore, se io non stimasse il vostro ingegno, non onorasse gli vostri costumi, non celebrasse gli vostri meriti; con gli quali vi siete scuoperto a me nel primo principio ch'io giunsi a l'isola Britannica, per quanto v'ha conceduto il tempo; vi manifestate a molti, per quanto l'occasione vi presenta; e remirate a tutti, per quanto vi mostra la vostra natural inclinazione veramente eroica. Lasciando, dunque, il pensier dei tutti ai tutti, ed il dover de' molti a' molti, non permetta il fato, che io, per quel tanto che spetta al mio particolare, come tal volta mi son mostrato sensitivo verso le moleste ed importune discortesie d'alcuni; cossì avanti gli occhi de l'eternità vegna a lasciar nota d'ingratitudine, voltando le spalli a la vostra bella, fortunata e cortesissima patria, prima ch'al meno con segno di riconoscenza non vi salutasse, gionto al generosissimo e gentilissimo spirito del signor Folco Grivello. Il quale, come con lacci di stretta e lunga amicizia, con cui siete allevati, nodriti e cresciuti insieme, vi sta congionto: cossì nelle molte e degne, esterne ed interne perfezioni v'assomiglia; ed al mio riguardo fu egli quel secondo, che, appresso gli vostri primi, gli secondi offici mi propose ed offerse: quali io arrei accettati, e lui certo arrebe effettuati, se tra noi non avesse sparso il suo arsenito de vili, maligni ed ignobili interessati l'invidiosa Erinni.Dial. 1, parte 1
Interlocutori: Sofia, Saulino, Mercurio. Prima parte del primo dialogo.
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\ SOFIA\ Talché, se ne li corpi, materia ed ente non fusse la mutazione, varietade e vicissitudine, nulla sarrebe conveniente, nulla di buono, niente delettevole.Dial. 1, parte 2
Seconda parte del primo Dialog
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Con questo dire, di passo in passo suspirando, il gran padre de la patria celeste, avendo finito il suo raggionamento con Venere, il proposito di ballare converse in proponimento di fare il gran conseglio con gli dei de la tavola ritonda: cioè tutti quei che non sono apposticci, ma naturali, ed han testa di conseglio, esclusi gli capi di montone, corna di bue, barbe di capro, orecchie d'asino, denti di cane, occhi di porco, nasi di simia, fronti di becco, stomachi di gallina, pancie di cavallo, piedi di mulo e code di scorpione. Però, data la crida per bocca di Miseno, figlio di Eolo (perché Mercurio sdegna l'essere, come anticamente fue, trombettiero e pronunziator di editto), que' tutti dei, ch'erano dispersi per il palaggio, si trovorno ben presto radunati. Qua dopo tutti, essendo fatto alquanto di silenzio, non men con triste e mesto aspetto che con alta presenza e preeminenza maestrale, menando i passi Giove, prima che montasse in solio e comparisse in tribunale, se gli appresenta Momo; il quale, con la solita libertà di parlare, disse cossì con voce tanto bassa che fu da tutti udita: - Questo concilio deve essere differito ad altro giorno ed altra occasione, o padre, perché questo umore di venir in conclave adesso, immediate dopo pranso, pare che sia occasionato dalla larga mano del tuo tenero coppiero; perché il nettare, che non può essere dal stomaco ben digerito, non consola o refocilla, ma altera e contrista la natura e perturba la fantasia, facendo altri senza proposito gai, altri disordinatamente allegri, altri superstiziosamente devoti, altri vanamente eroici, altri colerici, altri machinatori di gran castegli, sin tanto che, col svanimento di medesime fumositadi, che passano per diversamente complessionati cervelli, ogni cosa casca e va in fumo. A te, Giove, par che abbian commosse le specie di gagliardi e fluttuanti pensieri, e t'abbia fatto dovenir triste; per ciò che inescusabilmente ognuno ti giudica, benché io solo ardisca di dirlo, vinto ed oppresso da l'atra bile, perché in questa occorrenza che non siamo convenuti provisti a far conseglio, in questa occasione che siamo uniti per la festa, in questo tempo dopo pranso, e con queste circonstanze d'aver ben mangiato e meglio bevuto, volete trattar di cose tanto seriose, quanto mi par intendere ed alcunamente posso annasare col discorso. - Ora, perché non è consuetudine, né pur molto lecito a gli altri dei di disputar con Momo, Giove, avendolo con un mezzo ed alquanto dispettoso riso remirato, senza punto rispondergli, monta su l'alta catedra, siede, remira in cerchio la corona de l'assistente gran Senato. Da quel sguardo convien ch'a tutti venesse a palpitar il core e per scossa di maraviglia e per punta di timore e per émpito di riverenza e di rispetto, che suscita ne' petti mortali ed immortali la maestade quando si presenta; appresso, avendo alquanto bassate le palpebre, e poco dopo allunate le pupille in alto, e sgombrato un focoso suspiro dal petto, proruppe in questa sentenza:Dial. 1, parte 3
Terza parte del primo Dialogo.
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\ SOFIA\ Venuto il quarto giorno, ed essendo appunto l'ora di mezo dì, convennero di bel novo al conseglio generale, dove non solamente fu lecito d'esser presenti gli prefati numi più principali, ma oltre tutti quelli altri, ai quali è conceduto, come per lege naturale, il cielo. Sedente dunque il Senato e Popolo de gli dei, e con il consueto modo essendo montato sul solio di safiro inorato Giove, con quella forma di diadema e manto con cui solamente ne gli sollennissimi concilii suol comparire, rassettato il tutto, messa in punto d'attenzion la turba, ed inditto alto silenzio, di maniera che gli congregati sembravano tante statue o tante pitture; si presenta in mezzo con gli suoi ordini, insegna e circonstanze il mio bel nume Mercurio. E gionto avanti il conspetto del gran padre, brevemente annunziò, interpretò ed espose quel che non era a tutto il conseglio occolto, ma che, per servar la forma e decoro de statuti, bisogna pronunziare. Cioè come gli dei erano pronti ed apparecchiati senza simulazione e dolo, ma con libera e spontanea voluntade, ad accettare e ponere in esecuzione tutto quello che per il presente sinodo verrebe conchiuso, statuto ed ordinato. Il che avendo detto, si voltò a gli circonstanti dei, e gli richiese che con alzar la mano facessero aperto e ratificato quel tanto ch'in nome loro aveva esposto in presenza de l'altitonante. E cossì fu fatto.