Secondo la psicologia individuale di Adolf Adler
(1870-1937) la vita mentale di ogni individuo è caratterizzata da processi
dinamici orientati verso un fine. Questo orientamento si forma fin
dall’infanzia attraverso le esperienze vissute e l’influenza della cultura.
Nella formazione del carattere si svilupperà un atteggiamento positivo –
ottimista – se il bambino ha fiducia nelle proprie possibilità di realizzare il
fine che si propone; se invece sente il proprio fine come irraggiungibile si
svilupperà un atteggiamento di sfiducia e di pessimismo.
A. Adler, Conoscenza dell’uomo
Gli impulsi psichici si rendono comprensibili prima di
tutto come movimenti volti a un fine. Perciò è necessario affermare che sarebbe
un inganno figurarsi l'anima umana come una totalità in quiete; ce la possiamo
rappresentare soltanto come un insieme di energie in movimento, che sono però
scaturite da un fondo unitario e tendono verso un fine unitario. Già nel
concetto di adattamento è implicita tale tendenza a un fine. Non possiamo
figurarci una vita psichica senza un fine verso il quale si svolge il movimento
con la dinamica che gli è implicita.
La vita psichica è quindi determinata da un fine. Nessun
uomo può pensare, sentire, volere, addirittura sognare senza che tutto ciò sia
determinato, condizionato, delimitato, orientato da un fine che gli sta
davanti. Ciò risulta quasi evidente quando si consideri le connessioni tra le
istanze dell organismo e del mondo esteriore e le risposte che l’organismo è
costretto a dare loro. Le manifestazioni somatiche e psichiche dell'uomo
corrispondono al punto di vista fondamentale cosí stabilito. Lo sviluppo
psichico non è pensabile altrimenti che nel quadro cosí delineato, ossia come
diretto a un fine predisposto, risultante spontaneamente dalle azioni
descritte, scaturienti da quell'energia. Il fine poi può essere concepito come
mutabile o fisso.
Si può pertanto concepire tutte le manifestazioni come una
preparazione a qualcosa che sta per accadere. Non sembra possibile considerare
un organo psichico se non come diretto a un fine e la psicologia individuale
considera tutti i fenomeni della psiche umana come orientati verso un fine.
Se si conosce il fine di un uomo, anche se si è informati
solo a metà di tutto il resto, è conosciuto il significato dei movimenti in cui
si esprime e si può cogliere il loro senso come una preparazione al
conseguimento di tale fine. Si sa allora anche quali movimenti deve fare
quell'uomo per raggiungerlo, allo stesso modo che si conosce il cammino che è
costretto a fare un sasso quando lo si lascia cadere a terra. Solo che l'anima
non conosce alcuna legge di natura, per il fatto che il fine che le sta davanti
non è fisso ma mutevole. Quando però un fine sta effettivamente davanti a un
individuo, allora il processo psichico si svolge con necessità come se lí
vigesse una legge di natura che costringe ad agire in conformità. Il che
significa che nella vita psichica non vi è alcuna legge di natura, bensí che
l'uomo stesso in questo campo si stabilisce le proprie leggi. Se poi queste gli
appaiono come leggi di natura, ciò avviene per un inganno della conoscenza.
perché quando egli crede di riscontrarvi l'inevitabilità e il determinismo e li
vuole dimostrare, lí vi gioca certamente un ruolo la sua mano. Se uno, per
esempio, vuole dipingere un ritratto, si riscontrerà in lui tutti gli
atteggiamenti propri di un uomo che ha un tale fine davanti agli occhi. Farà
tutti i passi opportuni con incondizionata consequenzialità, come si trattasse
di una legge di natura. Ma deve egli dipingere questo ritratto? Vi è dunque
differenza tra i movimenti della natura e quelli della vita psichica umana. A
questo punto si connettono i discussi problemi sulla libertà della volontà
umana, che oggi si tende a spiegare come se la volontà umana non fosse libera.
È vero che non è libera appena si lega a un fine. E poiché questo è spesso
condizionato dalle situazioni cosmiche, animali e sociali, è fatale che la vita
psichica appaia come sottomessa a leggi invariabili. Se tuttavia per esempio si
rifiuta e si combatte questa propria connessione colla società e non ci si
vuole adattare alla situazione di fatto, allora sono tolte tutte queste
apparenti regolarità della vita psichica e ne subentra una nuova, condizionata appunto
dal nuovo fine. Cosí per un uomo che dispera della vita e che cerca di
eliminare la sua appartenenza all'umanità, non è piú cogente la legge della
società. Dobbiamo dunque ritenere che solo dallo stabilimento di un fine segue
di necessità un movimento nella vita psichica.
Viceversa, è possibile dedurre dai movimenti di un uomo il
fine che gli sta davanti. Propriamente questa sarebbe la cosa piú importante,
perché vi sono uomini che non hanno ben chiaro davanti il proprio fine.
Effettivamente questa è la via normale che dobbiamo percorrere per favorire la
conoscenza dell'uomo. Non è una via cosí facile come l'altra, perché i
movimenti di un uomo sono polivalenti. Ma noi possiamo considerarne parecchi,
confrontarli, tracciare delle linee. Si può arrivare alla comprensione di un
uomo cercando di unire tra loro con una linea i comportamenti e le forme
espressive di due momenti diversi della sua vita. Si segue cosí un procedimento
sistematico dal quale si ricava l'impressione di un orientamento unitario. Con
tal mezzo si può scoprire, talvolta in modo sorprendente, come un’abbozzo
infantile sia riscontrabile sempre uguale fino agli ultimi giorni della vita.
Un esempio lo può chiarire: Un uomo di trent’anni, straordinariamente
diligente, aveva raggiunto, nonostante le difficoltà incontrate nel suo
sviluppo, reputazione e buon successo. Si presenta al medico in uno stato di
estrema depressione e si lamenta di aver perduto il gusto del lavoro e della
vita. Racconta che si dovrebbe fidanzare, però guarda all'avvenire che gli sta
davanti con grande sfiducia. È tormentato da una violenta gelosia e non è
escluso il pericolo che il fidanzamento vada presto a monte. I dati di fatto
che adduce non sono del tutto convincenti; alla ragazza non va fatto alcun
rimprovero. La sfiducia che egli mette chiaramente allo scoperto fa vivamente
sospettare che sia uno di quegli uomini che soggiacciono all'influsso di altri
da cui si sentono attratti; ma nello stesso tempo assumono una posizione
aggressiva, e in preda alla sfiducia distruggono ora quello che volevano,
costruire. Per poter tracciare la linea a cui accennavamo, vogliamo scegliere
un episodio della sua vita passata e tentare di confrontarlo colla sua presa di
posizione attuale. Seguendo la nostra esperienza lo scegliamo tra le
impressioni da lui avute nella prima infanzia, anche se sappiamo che quanto ci
tocca ascoltare non sempre va preso come prova obbiettiva. Ecco il suo primo
ricordo d'infanzia. Si trovava al mercato colla mamma e col fratello piú
piccolo. A causa della calca che lo premeva, la mamma prese lui, che era il piú
grande, in braccio. Come s'accorse dell'errore, lo ripose a terra e sollevò
l'altro, mentre ora lui turbato, si metteva a correrle appresso. Aveva allora
quattro anni. Come possiamo notare, nella rievocazione di questo ricordo,
risuonano le medesime corde che abbiamo sentite nella descrizione delle sue
attuali sofferenze: egli non è sicuro di essere il preferito, e non può
tollerare di dover pensare che qualche altro possa esserlo al suo posto. Richiamata
la sua attenzione su ciò, rimane molto meravigliato e riconosce immediatamente
la connessione.
Il fine verso cui dobbiamo pensare siano orientate tutte le
manifestazioni di un uomo è il risultato dell'influsso delle impressioni che
arrivano al bambino dal mondo esteriore. L'ideale, lo scopo di un uomo si forma
già nei primi mesi della sua vita, perché già allora entrano in gioco quelle
sensazioni a cui il bambino risponde con gioia o con dispiacere. Già allora
emergono le prime tracce di un'immagine del mondo, sia pure soltanto nelle sue
linee piú elementari. Equivale a dire che vengono posti fin dal periodo
dell'allattamento i fondamenti di quei fattori della vita psichica che ci sono
accessibili. Essi saranno in seguito ulteriormente elaborati; sono variabili,
influenzabili. Si verificano i piú svariati influssi che costringono il bambino
a rispondere alle esigenze della vita con una presa di posizione.
Non possiamo quindi non giustificare quei ricercatori che
sottolineano come i tratti di carattere di un uomo siano già riscontrabili nel
periodo del suo allattamento, per cui molti affermano che il carattere è
innato. Si può però affermare che la concezione secondo cui il carattere di un
uomo viene ereditato dai genitori è socialmente dannosa, perché impedisce
all'educatore di applicarsi al proprio compito con fiducia. Una convalida di
tale tesi l'abbiamo nella circostanza che la concezione dell’inattività del
carattere viene per lo piú adoperata da chi vi ricorre per esimersi dalle
proprie responsabilità; il che ovviamente è in contrasto con i compiti
dell'educatore.
Una circostanza importante che coopera alla formazione di
un fine è costituita dall'influsso della cultura. Per suo mezzo viene
per cosí dire eretta una barriera contro cui di continuo viene a cozzare la
forza del bambino, finché non trova una via percorribile che gli prometta
soddisfazione ai suoi desideri, e nello stesso tempo sicurezza e adattamento
per l'avvenire. Non ci vuol molto a riconoscere quanto solida sia la sicurezza
desiderata dal bambino e quanta sia quella che gli è garantita dal suo impegno
nella cultura. Non si tratta semplicemente di sicurezza dal pericolo ma, come
succede per una macchina ben costrutta, vi è l'aggiunta di un ulteriore
coefficiente di sicurezza, atto a garantire ancor meglio la conservazione
dell'organismo umano. Il bambino se l'assicura oltre la misura effettiva di
sicurezza e di soddisfazioni istintuali, esige un soprappiú che vada al di là
di quanto sarebbe necessario per il suo tranquillo sviluppo. Ma con ciò si
introduce nella sua vita psichica un nuovo movimento. La linea di movimento che
qui rileviamo è chiaramente quella della superiorità. Il bambino vuole,
similmente all'adulto, realizzare piú degli altri, punta su una superiorità
atta a ottenergli e a conservargli quella sicurezza e quell'adattamento, che
fin da principio gli si pongono come fine. Subentra cosí un'esitazione, penetra
nella vita psichica un'irrequietezza che va crescendo in forme molteplici. È
sufficiente considerare come gli influssi cosmici lo sollecitino a una piú
consistente risposta. Nel tempo del bisogno poi quando l'anima è in angoscia e
non si ritiene all'altezza dei suoi compiti, si possono osservare deviazioni
che chiariscono anche di piú l'esigenza di una superiorità.
In tali circostanze può succedere che il fine sia
prefissato in modo da permettere all'individuo di sottrarsi alle piú gravi
difficoltà, a evadere da esse. Possiamo allora renderci conto di un tipo
d'uomo che è quanto di piú umano noi possiamo immaginare, quel tipo d'uomo che
indietreggia terrorizzato davanti alle difficoltà, o cerca un rifugio in cui
possa per lo meno provvisoriamente sottrarsi alle incombenze che gli vengono
poste. Cosí abbiamo la possibilità di capire come le reazioni dell'anima umana
non possiedano mai un valore definitivo, ma possano essere soltanto risposte
provvisorie che non dobbiamo mai pretendere che siano definitivamente giuste.
In modo del tutto particolare questo vale per lo sviluppo psichico del bambino,
per il quale non possiamo applicare la misura valevole per gli adulti; dobbiamo
tener presente che qui abbiamo a che fare con fini che sono soltanto
provvisori. Dovremo sempre in seguito tener sott'occhio il bambino e
rappresentarci dove la forza che vedremo in opera lo vorrà in definitiva
portare. E se ci trasferiremo nella sua anima, ci diventerà chiaro che queste
manifestazioni dell'energia psichica sono interpretabili solo come decisioni da
lui prese nella prospettiva di un definitivo adattamento alle situazioni
presenti e future come lui le sente. La modalità dell'accordo che ne consegue
assume indirizzi diversi: l'uno si manifesta sotto il profilo dell'ottimismo;
il bambino confida di poter risolvere anche speditamente i compiti che vanno
crescendo con lui. Egli sviluppa allora i tratti di carattere tipici di un uomo che ritiene risolubili i suoi
impegni. Si sviluppano cosí il coraggio, l'apertura, il senso di fiducia, la
diligenza, e cose simili. Opposti sono invece i tratti del pessimismo.
Si pensi al fine di un bambino che non ha fiducia nella capacità di risolvere i
propri problemi, e si potrà immaginare quali saranno i suoi tratti psicologici.
Vi troveremo indecisione, timidità, chiusura, diffidenza, e tutti quegli altri
tratti mediante cui quel debole cerca di difendersi. Il suo fine cadrà al di là
del raggiungibile.
Freud - Adler - Jung, Psicoanalisi
e filosofia, a cura di A. Crescini, La Scuola, Brescia, 1983, pagg. 99-107