Al-Farabi riprende
dal platonismo un tema che era stato caro anche ad Agostino, e mostra come
spesso la comunità degli uomini dia luogo alla “città della stoltezza”: il
contrario della “Città perfetta”, o “Città dell’Ideale” (dove “ideale” ha il
significato dato da Platone: conforme alle Idee, cioè ai valori eterni e
assoluti, svincolati dall’opinione e dal mondo sensibile).
La Città dell’Ideale
La Città ideale è
l’opposto rispetto alla città della stoltezza e della sopraffazione, e alla
città della corruzione e della rovina; e spesso stanno all’opposto anche gli
uomini che rappresentano le città. La città della stoltezza è una tale i cui
abitanti non conoscono la felicità e neppure viene loro in mente di cercare la
via che vi conduce. Essi non se la prefiggono e non vi credono. Essi sanno del
bene solo qualcosa di cui dalle apparenze essi credono che sia il bene, che
alcuno ritiene spesso lo scopo di questa vita, cioè la salute del corpo, la
ricchezza, il piacere delle passioni, la libertà di seguire la propria
inclinazione, ed anche di essere onorato e lodato. Ognuna di queste cose vale
come felicità nella città della stoltezza; e la suprema e perfetta felicità
riposa nella riunione di tutto questo. E l’opposto di tali cose è la sventura,
cioè il danno del corpo, la povertà, la mancanza di piacere, il non potere
seguire liberamente la propria inclinazione, restare senza onore.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1966, vol. IV,
pag. 1066)