Antifonte riprende le argomentazioni
di Ippia sulla superiorità delle leggi di natura in confronto a quelle
istituite dall’uomo. Un problema, questo, che ha continuato ad essere discusso
fino ai nostri giorni.
Fr. 87 B 44 A DK (Papiro di
Oxyrinco, XI n. 1364)
[...] giustizia
consiste nel non trasgredire alcuna delle leggi dello Stato di cui uno sia
cittadino; e perciò l’individuo applicherà nel modo a lui piú vantaggioso la
giustizia, se farà gran conto delle leggi, di fronte a testimoni; ma in assenza
di testimoni, seguirà piuttosto le norme di natura; perché le norme di legge
sono accessorie, quelle di natura, essenziali; quelle di legge sono concordate,
non native: quelle di natura, sono native, non concordate. Perciò, se uno
trasgredisce le norme di legge, finché sfugge agli autori di esse, va esente da
biasimo e da pena; se non sfugge, no. Ma se invece violenta oltre il possibile
le norme poste in noi da natura, se anche nessuno se ne accorga, non minore è
il male, né è maggiore se anche tutti lo sappiano; perché si offende non
l’opinione, ma la verità.
(I Presocratici, Laterza,
Bari, 19904, pag. 996)