In questa
pagina Roberto Ardigò traccia una breve storia della filosofia fino allo stadio
positivo, per arrivare alla domanda se la scienza, che ha risolto gli antichi
problemi della filosofia, abbia fatto morire la filosofia stessa. Per Ardigò la
filosofia non può morire: risolti i vecchi problemi, ne sorgeranno sempre di
nuovi, con i quali essa dovrà confrontarsi.
R. Ardigò, Il compito della filosofia e la
sua perennità
La filosofia è il concepimento del problema scientifico. La scienza speciale ne è la soluzione. Per ciò le scienze speciali sono state precedute dalla filosofia, e le succedettero. Ma succedendo le scienze speciali alla filosofia, essa ricomparve sempre ancora, perché l’avvenimento delle scienze speciali produsse il concepimento di problemi nuovi. E cosí sarà in seguito senza fine. La scienza speciale è il distinto mentale preceduto costantemente da un indistinto, che è l’oggetto della filosofia, ed ha quindi con essa una relazione come di posteriore ad anteriore.
Tutto ciò poi è constatato dalla storia della scienza nel passato e dalle condizioni sue nel presente: onde si arguisce ciò che sarà anche in avvenire.
La speculazione greca fino a Platone e ad Aristotele era filosofia, poiché non era altro che il tentativo di sciogliere il problema generale dell’essere, preso indistintamente in tutta la sua estensione. Verso l’essere in generale era 1a scienza allora nella condizione del neonato, alla vista del quale si presenta indistintamente il mondo esterno, in cui poi a poco a poco passa a distinguere cosa da cosa. Le scuole filosofiche greche primitive, tentando di sciogliere il problema generale dell’essere, riuscirono a rappresentarlo sotto diversi aspetti; e ciò condusse a distinguere l’ordine fisico dal logico e dall’etico, e quindi a intravvedere nell’indistinto generale dell’essere i tre distinti dell’essere fisico, dell’essere logico e dell’essere etico, o i nuclei di tre discipline scientifiche speciali, concepite cosí nel seno della filosofia, che le conteneva virtualmente.
La soluzione però per tal modo ottenuto del problema dell’essere generico, quella cioè della sua distinzione nel fisico, nel logico e nell’etico componenti, fece nascere il problema nuovo della ragione superiore, o della unità trascendente di essi; e quindi alla filosofia primitiva succedette la filosofia delle grandi scuole della Grecia. Il problema della filosofia primitiva era il cosmologico, che si domandava quale fosse la materia e la essenza delle cose apparenti del mondo, e la ragione del loro diversificarsi nello spazio e nel tempo: il problema delle grandi scuole sorte dopo fu il metafisico, ricercante l’essere trascendente, pel quale si conciliano gli ordini distinti della fisica, della logica e dell’etica.
Aristotele, come è ben noto, tratta di questo problema nei libri che furono piú tardi chiamati delle cose metafisiche. Ma Aristotele stesso, queste cose, cosí in seguito chiamate, le riferiva a quella, che egli chiamava invece la filosofia prima. E con tutta ragione; perché, fissati già distintamente gli ordini delle cose fisiche, delle logiche e delle etiche, ciò importava che alla trattazione del problema, sorto in seguito alla stessa fissazione distinta, spettasse piú propriamente e per eccellenza il titolo di filosofia.
Siccome però le discipline fisiche, logiche ed etiche per Aristotele non erano ancora divenute delle scienze positive ed autonome, ma rimanevano collegate essenzialmente alla metafisica, partecipando quindi della qualità di sistemi problematici, cosí non si poteva smettere di considerarle tuttavia quali elementi integranti della filosofia, quantunque distinti già e solo subordinati ad una parte fondamentale prima di essa.
Nell’epoca moderna la fisica, come dicemmo, fissò i suoi dati positivamente sulla base sperimentale. Con ciò questi cessarono di essere dipendenti per l’affermazione loro dal concepimento problematico metafisico dell’essere e divennero cognizioni accertate ponentisi per se stesse. E conseguentemente la fisica, già disegnata prima come embrione di scienza nel grembo della filosofia, poté staccarsene ed avere vita propria come dottrina positiva ed autonoma. E cosí si effettuò nella creazione scientifica la prima separazione di un corpo di cognizioni accertate, o di una scienza positiva, dalla nebulosa primordiale delle nozioni problematiche o della filosofia. Rimasero a questa, colla metafisica, la logica e l’etica. E dalla fisica, fattasi indipendente, venne la numerosa famiglia delle scienze naturali di oggi.
Ai nostri giorni poi [...] si va operando una separazione dal corpo della filosofia, analoga a quella, compiutasi secoli fa per la fisica, anche per le discipline psicologiche, logiche ed etiche. Anche queste vanno ora operando il loro scisma dalla filosofia. Resterà essa per ciò, perdute anche queste, senza nessun contenuto, sicché debba venir meno, come la fiamma alla quale sia sottratto fino all’ultimo minuzzolo il combustibile?
No. La scienza moderna va convertendo in cognizioni accertate i concepimenti problematici dell’antichità. Ma queste cognizioni, accertandosi, fanno già concepire dei problemi nuovi, pei quali rivive la ricerca filosofica propriamente detta: che non verrà meno, sciolti anche questi, perché le soluzioni stesse faranno sorgere altri problemi.
La filosofia, in una parola, è la matrice eterna della scienza, come la natura in genere lo è delle sue forme. L’indistinto della natura è un infinito dal quale scaturisce la serie infinita dei distinti. La filosofia del pari, o l’indistinto del pensiero umano, è un infinito dal quale scaturisce la serie senza termine delle dottrine scientifiche determinate.
R. Bortot e V. Milanesi, Il concetto di
filosofia nel pensiero contemporaneo, G. D’Anna, Messina-Firenze, 1984,
pagg. 161-163