Lesina, un vecchio ateniese, si rivolge a
quei filosofi che – con le tecniche piú diverse, ma soprattutto con i “discorsi
doppi” – possono insegnargli “l’arte di discorrere” per liberarsi dai creditori
che lo perseguitano. Fra tutti i sofisti presenti sulla piazza di Atene, Lesina
sceglie proprio Socrate e la sua scuola: il Pensatoio. Lo scolaro di Socrate
che illustra a Lesina le grandi capacità del maestro ci offre una rassegna di
sciocchezze ben lontane, non solo dalla vera figura di Socrate, ma anche da
quella di un qualsiasi sofista: Aristofane sembra non tollerare assolutamente
le novità che la filosofia ha portato ad Atene da Anassagora in poi. E non è un caso che – nella sua Autodifesa
– Socrate indichi in Aristofane uno dei calunniatori di vecchia data. Però,
come in tutta la satira – compresa la piú feroce – gli elementi su cui si
ironizza non possono non provenire in qualche modo dalla realtà.
Il riferimento agli “Spartani catturati a
Pilo” evoca la sconfitta subíta in quella località dall’esercito lacedemone nel
425 a.C., e la scena – che gli spettatori e i lettori di Aristofane dovevano
ancora avere negli occhi – dei prigionieri spartani condotti ad Atene. Per
quanto riguarda l’Eubea, si ricordi che nel 445 a.C. si era ribellata ad Atene
e Pericle aveva reagito con una durissima repressione militare.
Aristofane, Le
nuvole, Prologo, vv. 143-273
Lesina
Io caddi, sí, ma non ci resto, a terra!
Chiedo ai Numi assistenza, e me ne vado
al Pensatoio, ad imparare io stesso!
Esitando
Ma vecchio come sono, e smemorato
e tardo, come apprenderò quei trucioli
di discorsi sottili? – Andar bisogna! –
Che sto qui a tentennare? Che non picchio
a quest’uscio? – Ehi di casa! Brava gente!
Picchia all’uscio a piú riprese. Vien
fuori uno
Scolaro di Socrate
Chi è che picchia all’uscio? Alla malora!
Lesina
Con molta dignità
Lesina, figlio di Tirchino, del
comune di Cicinna!
Scolaro
Oh zoticone,
che scalci all’uscio in modo cosí poco
filosofico? M’hai fatta abortire
una bella trovata!
Lesina
Compatiscimi,
vivo laggiú in campagna! Ma raccontami
l’affare dell’aborto!
Scolaro
Non è lecito
comunicarlo meno che ai discepoli!
Lesina
E allora, va’ pur franco! Io vengo, quale
mi vedi, al Pensatoio per discepolo!
Scolaro
Te lo dirò. Ma bada, son misteri!
Testè Socrate chiese a Cherefonte
quanti piedi, dei suoi, saltati avesse
una pulce, che, morso il sopracciglio
a Cherefonte era zompata in capo
a Socrate.
Lesina
Davvero? E come ha fatto
questa misura?
Scolaro
In modo ingegnosissimo.
Ha fatto liquefare un po’ di cera,
e v’ha tuffati i piedi della pulce.
Quando la cera congelò, la pulce
si trovò due scarpine alla persiana
ai piedi. E lui, sfilategliele, prese
la misura del salto.
Lesina
Oh che po’ po’
di sottigliezza, affedidio!
Scolaro
Lo vedi? –
E se ne udissi un’altra, una di Socrate,
delle trovate?
Lesina
Quale? Te ne supplico,
Dimmela!
Scolaro
Cherefonte il calabrone
gli aveva chieso come la pensasse,
se le zanzare cantan con la bocca
oppur col culo!
Lesina
Senti! E che rispose
sulle zanzare, quello?
Scolaro
Che il budello
delle zanzare è angusto: e cosí l’aria
vi s’ingolfa e comprime e va diritta
al coderizzo. E il culo poi, che termina
il budello ad imbuto, per la forza
del soffio echeggia!
Lesina
Ah! Il cul delle zanzare
è una tromba! Com’entra nelle viscere,
beato lui, delle questioni! Poco
ci mette a farla franca, un imputato
che vede nel budello alle zanzare!
Scolaro
Ier l’altro, poi, per via d’una tarantola,
gli è andata male una pensata grande!
Lesina
E in che maniera, me lo dici?
Scolaro
Mentre
investigava le rivoluzioni
e il corso della Luna, a bocca aperta
verso il cielo, di notte, una tarantola
dal cornicione, glie la fece in bocca.
Lesina
Mi piace! Una tarantola che smerda
Socrate!
Scolaro
E poi, iersera non s’aveva
da cena.
Lesina
Be’, che cosa macchinò
per la pagnotta?
Scolaro
Sparse della cenere
fine in palestra, sopra un desco, rese
curvo uno spiedo, cominciò a girarlo
come un compasso, e portò via la vittima!
Lesina
Al colmo dell’entusiasmo
E ci andiamo a stupire di Talete!
Apri, sbrígati, apri il Pensatoio,
e senza metter tempo in mezzo, fammi
veder Socrate. Muoio dalla fregola
di diventar discepolo! Su, apri!
Lo Scolaro apre l’uscio e si vede l’interno
della casa di Socrate. Socrate è dentro un corbello sospeso in aria; molti discepoli
sono in atto di editazione buffonescamente esagerata, e alcuni contemplano il
suolo a capo chino.
Lesina
Eracle mio! Che bestie sono quelle?
Scolaro
Ti meravigli? A chi ti rassomigliano?
Lesina
Agli Spartani catturati a Pilo!
Durante tutta la scena alcuni scolari escono
via via incuriositi a guardare
Lesina
Ma perché dunque guardano giú in terra,
codesti cosi?
Scolaro
Cercano, codesti
cosi, le cose di sotterra!
Lesina
Ho inteso,
cercano porri. – Non vi confondete
piú: lo so io dove ce n’è di grossi
e di belli! – E quegli altri a capo sotto,
che cosa fanno?
Scolaro
Scrutano i misteri
d’Erebo, giú nel Tartaro.
Lesina
E che cosa
contempla il culo, volto verso il cielo?
Scolaro
Impara per suo conto astronomia!
Agli scolari che si sono oramai addensati
intorno a Lesina
Entrate, voi, che lui non vi ci colga!
Lesina
No, ancora, ancora no! Restino: voglio
comunicargli un affaruccio mio!
Scolaro
Non è permesso, a questi, rimanere
troppo tempo di fuori, all’aria aperta!
Gli scolari entrano, seguiti da Lesina e dal
suo introduttore.
Lesina
Ammira via via i vari strumenti astronomici,
geografici, geometrici, che si trovano nel Pensatoio.
Oh santi Numi! E di’, che roba è questa?
Scolaro
Questa è l’astronomia!
Lesina
E questa, che?
Scolaro
È la geometria!
Lesina
Senti! E a che serve?
Scolaro
A misurar la terra.
Lesina
Quale? Quella
da spartire?
Scolaro
No no! Tutta la terra!
Lesina
Utile e popolare, è la pensata!
Mi garba assai quello che dici!
Scolaro
Questa,
vedi, è la pianta dell’intera Terra:
questa è Atene ...
Lesina
Che dici? Non ci credo!
I giudici in seduta non li vedo!
Scolaro
E questo è proprio il territorio attico.
Lesina
E i Cicinnesi, borghigiani miei,
dove sono?
Scolaro
Son qui. Vedi l’Eubea
che si distende per sí lungo tratto?
Lesina
Eh, il brutto tratto glie l’ha fatto Pericle
insieme con noialtri! E dov’è Sparta?
Scolaro
Cercando un po’
Dov’è? ... Eccola qui!
Lesina
Quanto è vicina
a noialtri! Bisogna allontanarla
d’un buon pezzo! Pensateci sul serio!
Scolaro
Perdio, mica è possibile!
Lesina
E voialtri
ve ne dovrete accorgere!
Leva gli occhi e vede Socrate appeso in aria
Ma dimmi,
chi è quell’uomo dentro a quel corbello
sospeso?
Scolaro
E’ lui!
Lesina
Chi lui?
Scolaro
Socrate!
Lesina
Ehi, Socrate!
Socrate non risponde: Lesina si volge allo
Scolaro
Da bravo, amico, chiamamelo tu!
Scolaro
Chiàmatelo da te: io non ho tempo!
Se ne va
Lesina
Ehi, Socrate!
Ehi, Socratuccio!
Socrate
Riscuotendosi dalla profonda
meditazione
A che, mortal, m’appelli?
Lesina
Dimmi prima che fai, fammi il piacere!
Socrate
Per l’etra muovo, e il Sol dall’alto
io guardo!
Lesina
E stando in terra, i Numi non li puoi
guardar dall’alto? Ci vuole il
corbello?
Socrate
I celesti fenomeni scrutare
giammai potrei dirittamente, senza
tener sospesa la mia mente, e mescere
il sottile pensier nell’omogeneo
etra. Se dalla terra investigassi,
di giú le cose di lassú, non mai
le scoprirei; poiché la terra a forza
attira a sé l’umore dell’idea.
Anche il crescione ha la virtú
medesima.
Lesina
Sbalordito
Che dici?
L’idea tira l’umore nel crescione?
Andiamo, Socratino, vieni giú
qui da me, senti perché son venuto.
Socrate
Discende
A che venisti?
(Aristofane,
Le commedie, trad. di E. Romagnoli, Istituto Editoriale Italiano,
Milano, s. d., vol. II, pagg. 28–37)