Viene
sviluppato il principio metafisico che ciò che si muove sia sempre mosso da
qualcosa. A questo punto Aristotele afferma l’impossibilità di procedere
all’infinito e introduce la figura del Motore Immobile.
Phys., 241b 20-242b 5
1 [241b]
È necessario che tutto ciò che si muove sia mosso da qualcosa; difatti se non
ha in sé il principio del movimento, è evidente che è mosso da altro, poiché un
altro sarà il motore; se invece l’ha in sé, si prenda AB, che si muova per se
stesso, ma non perché si muova una delle sue parti. Per prima cosa dunque il
supporre che AB sia mosso da se stesso perché è mosso tutto intero e da nulla
di esterno è lo stesso che se si negasse, qualora KL muovesse LM e fosse esso
stesso mosso, che KM sia mosso da qualcosa perché non risulta evidente quale è
il motore e quale il mosso. Inoltre ciò che non è mosso da qualcosa non è
necessario che cessi di esser mosso perché un’altra cosa è in quiete; [242a] ma
se una cosa è in quiete perché un’altra ha cessato di esser mossa, è necessario
che essa sia mossa da qualcosa.
2 Infatti, ammesso questo, tutto ciò che si
muove risulterà mosso da qualcosa; difatti, poiché si è supposto AB mosso, è
necessario che esso sia divisibile, poiché tutto ciò che si muove è divisibile.
Lo si divida in C: orbene, se CB non è mosso, AB non sarà mosso, poiché se
fosse mosso, è chiaro che AC sarebbe mosso mentre BC starebbe in quiete; sicché
AB non risulterà mosso per se stesso e primieramente. Ma si supponeva che si
muovesse per se stesso e primieramente; di qui la necessità che, qualora CB non
sia mosso, AB stia in quiete. D’altra parte ciò che è in riposo perché qualche
cosa non si muove, è stato riconosciuto che è mosso da qualche cosa. D’altra
parte è stato ammesso che ciò che è in quiete, perché qualcosa non si muove, è
mosso da qualcosa; sicché è necessario che tutto ciò che si muove, sia mosso da
qualcosa; difatti ciò che si muove sarà sempre divisibile, e, qualora la parte
non sia mossa, è necessario che anche l’intero resti in quiete.
3 Ma, poiché è necessario che tutto ciò che
si muove sia mosso da qualcosa, se una cosa è mossa di movimento locale da
un’altra che a sua volta sia mossa, e il motore a sua volta è mosso da un altro
anch’esso mosso e questo da un altro, e cosí di seguito, è necessario che vi
sia un primo motore e che non si proceda all’infinito. Si ammetta infatti che
non sia cosí, ma che il procedimento divenga infinito. Sia A mosso da B, B da
C, C da D e sempre il contiguo dal contiguo. Poiché si suppone che il motore
muova perché mosso, è necessario che il movimento del mosso e quello del motore
avvengano contemporaneamente; infatti contemporaneamente il movente muove e il
mosso vien mosso. È evidente che sarà contemporaneo il movimento di A, di B, di
C e di ciascuno dei motori e dei mossi. Si prenda ora il movimento di ciascuno
e sia E quello di A, F quello di B, G e H quelli di C e D; difatti se ciascuno
è mosso sempre da ciascuno, tuttavia si potrà nondimeno prendere il movimento
di ciascuno come uno numericamente; poiché ogni movimento procede da un termine
ad un altro e non è infinito nelle estremità. Dico pertanto che è uno
numericamente un movimento che si effettua da ciò che è identico in ciò che è
identico numericamente nel tempo identico numericamente. Un movimento infatti
può essere identico per genere, per specie e per numero: è identico per genere
quello che appartiene alla medesima categoria, ad esempio, di sostanza o di
qualità; per specie quello che va dall’identico per la specie all’identico per
la specie, ad esempio, dal bianco al nero o dal buono al cattivo, qualora non
sia differente per la specie; per numero quello che va da ciò che è uno per il
numero a ciò che è uno per il numero nel medesimo tempo, ad esempio, da questo
bianco a quel nero oppure da questo luogo a quel luogo in questo tempo; difatti
se fosse in un altro tempo, il movimento non sarebbe piú uno per numero, bensí
per specie.
(Aristotele,
La Fisica, Loffredo, Napoli, 1967, pagg. 179-181)