Aristotele, L’uomo e la politica (etica nicomachea)

La filosofia sente costantemente la necessità di esaminare il fenomeno politico, prodotto dalla esigenza per l’uomo di vivere in società. Nella politica il filosofo osserva come l’attitudine e l’esperienza abbiano un ruolo fondamentale. Perciò se ne deve tener conto. Egli osserva che il prodotto dell’attività politica sono le leggi, lo studio delle quali diviene quindi l’obiettivo della ricerca filosofica. Il progetto di ricerca qui accennato si concretizzerà in una grande raccolta di leggi e costituzioni, greche e non, di cui però ci rimane molto poco (La costituzione di Atene  e qualche frammento).

 

Eth. nic., 1180b 23-1181b 23

 

1      [1180b] Verosimilmente anche chi vuol rendere migliori gli uomini, molti o pochi che siano, mediante la sua cura, deve cercare di diventare esperto della scienza del legislatore, se è per mezzo delle leggi che possiamo divenire uomini dabbene. Infatti mettere una qualunque persona, di fatto colui che ci è proposto, in una condizione moralmente buona non è alla portata del primo venuto; ma, se spetta a qualcuno, spetta a chi possiede scienza, come in medicina e nelle altre discipline di cui vi sono una certa cura e saggezza.

2      Non bisogna dunque esaminare, dopo ciò, da quale fonte e come si può diventare esperti della scienza del legislatore?

3      Non è forse, come nel caso delle altre scienze, dagli uomini politici? Infatti, come abbiamo visto, tutti ammettono che la scienza legislativa è parte della scienza politica.

4      Ma non è forse evidente che non è uguale la situazione della politica e delle altre scienze e capacità? Infatti nelle altre scienze sono in tutta chiarezza le stesse persone che trasmettono le capacità e da esse esercitano un’attività: ad esempio i medici, i pittori; invece le cose della politica sono i Sofisti che professano di insegnare, [1181a] ma nessuno di loro le pratica, bensí coloro che fanno politica, i quali – tutti ne converranno – praticano questo compito per una certa capacità e per esperienza piú che per un pensiero astratto: ché manifestamente essi né trattano per iscritto né trattano oralmente di tali argomenti (eppure sarebbe senz’altro piú bello che pronunciare discorsi davanti ai tribunali e all’assemblea del popolo), né inoltre hanno reso uomini politici i loro figli o quelli di qualche loro amico. E sarebbe stato ben logico che l’avessero fatto, se avessero potuto: né infatti alle loro città avrebbero lasciato niente di migliore, né a se stessi avrebbero potuto scegliere che nulla appartenesse piú di siffatta capacità, né di conseguenza alle persone che sono loro piú care.

5      Ma tuttavia non sembra che l’esperienza apporti un aiuto di poco conto: ché essi non sarebbero diventati uomini politici senza una consuetudine con la politica. Per questo coloro che aspirano ad avere conoscenza della politica sembra che abbiano inoltre bisogno di esperienza.

6      Quelli dei Sofisti che lo professano, sono in tutta chiarezza molto distanti dall’insegnare la politica, giacché in generale non sanno né qual è la sua natura né quali sono i suoi oggetti. Infatti non la porrebbero identica alla retorica né ad un rango inferiore, né penserebbero che è cosa facile il legiferare, raccogliendo quelle leggi che hanno trovato l’approvazione pubblica. Ché – essi dicono – è possibile scegliere le leggi migliori, come se la scelta non fosse opera d’intelligenza ed il discernere correttamente non fosse cosa di grandissima importanza, come avviene nelle faccende di musica. Sono infatti i competenti che in ogni campo discernono correttamente le opere e capiscono con quali mezzi e come sono portate a perfezione, e quali s’accordano con quali persone. Invece i non competenti devono esser già contenti del fatto che non sfugga loro se l’opera è stata fatta bene o male, come nella pittura. Ora, le leggi assomigliano ad opere della politica. [1181b] Come dunque da queste si potrebbe diventare esperti nella scienza del legislatore, o discernere quelle che sono le migliori? Ché non risulta che neppure si diventa medici dalle raccolte dei trattati. Eppure essi si sforzano di dire non soltanto i trattamenti terapeutici, ma anche come si guarisce e come si devono curare le diverse specie di malati, distinguendo le differenti disposizioni. Ma questi procedimenti – tutti ne convengono – sono utili per coloro che sono competenti, mentre sono inutili per coloro che non sono competenti. Senza dubbio, dunque, anche le raccolte delle leggi e delle costituzioni saranno ben utili per coloro che sono capaci di studiarle e di discernere che cosa è buono e il contrario e quali prescrizioni sono adatte a quali persone; ma a coloro che percorrono questo genere di raccolte senza la disposizione richiesta non competerà il discernere bene, a meno che non sia per caso, ma verosimilmente diventeranno piú capaci di comprendere in questa materia.

7      Poiché dunque i nostri predecessori hanno lasciato inesplorato ciò che concerne la scienza della legislazione, è senz’altro molto meglio fare noi stessi questa ricerca, ed indagare dunque sul problema complessivo del regime politico, perché, secondo le nostre capacità, sia portata a compimento la filosofia delle cose dell’uomo. In primo luogo, quindi, se da coloro che ci hanno preceduto qualcosa è stato in parte detto bene, cercheremo di accostarcene. In seguito dalle costituzioni che abbiamo raccolto cercheremo di vedere quali cose conservano e rovinano le città e quali ciascun tipo di costituzione, e per quali cause alcune città sono ben governate, altre il contrario. Infatti quando siano state viste queste cose, forse comprenderemo meglio quale costituzione è la migliore, come ciascuna deve essere ordinata, di quali leggi e costumi deve far uso.

 

(Aristotele, Etica Nicomachea, Bur, Milano, 1986,  vol. II, pagg. 887-891)