Aristotele, La struttura del sillogismo (analitici primi)

Il linguaggio di Aristotele rispetto ai problemi della logica non è sempre chiaro, e implica la conoscenza del significato specifico di certi termini; le traduzioni in italiano di cui disponiamo spesso lo complicano ulteriormente. Questi due brani, soprattutto il secondo, risultano comunque facilmente comprensibili.

 

a) Analitici primi, 25b 28-38

1             [25b] [...] Una volta stabilite queste precisazioni, possiamo dire ormai attraverso quali elementi, in quali occasioni e in qual modo si produca ogni sillogismo; in seguito si dovrà parlare della dimostrazione. [...]

2             Orbene, quando tre termini stanno tra loro in rapporti tali, che il minore sia contenuto nella totalità del medio, e il medio sia contenuto, o non sia contenuto, nella totalità del primo, è necessario che tra gli estremi sussista un sillogismo perfetto. Da un lato, chiamo “medio” il termine che tanto è contenuto esso stesso in un altro termine, quanto contiene in sé un altro termine, e che si presenta come medio anche per la posizione; d’altro lato, chiamo “estremi” sia il termine che è contenuto esso stesso in un altro termine, sia il termine in cui un altro termine è contenuto. In effetti, se A si predica di ogni B, e se B si predica di ogni C, è necessario che A venga predicato di ogni C.

b) Analitici secondi, 98b 5-16

[98b] [...] Poniamo, invero, che A indichi “caduta delle foglie”, che B indichi “possesso di foglie larghe”, che C indichi “vite”. In tal caso, se A appartiene a B (tutto ciò che ha le foglie larghe perde infatti le foglie), e se B appartiene a C (dato che ogni vite ha le foglie larghe), senza dubbio A appartiene a C, ossia ogni vite perde le foglie. Il medio B è la causa. D’altro canto, risulta pure possibile dimostrare, mediante la nozione “caduta delle foglie”, il fatto che la vite abbia le foglie larghe. Poniamo invero che D indichi “possesso di foglie larghe”, che E indichi “caduta delle foglie”, che F indichi “vite”. In tal caso, E appartiene a F (dato che ogni vite perde le foglie), e d’altro canto D appartiene a E (tutto ciò che perde le foglie ha infatti le foglie larghe): di conseguenza ogni vite ha le foglie larghe. Ora è invece causa la nozione “caduta delle foglie”.

 

(Aristotele, Opere, vol. I, Laterza, Bari, 1973, pagg. 90-91; pag. 366)