Nel quarto
capitolo delle Categorie
è formulato un elenco di dieci categorie (géne kategoríon,
letteralmente “generi delle predicazioni”). Esse sono i generi massimi a cui
sono riconducibili i differenti tipi di predicati. Aristotele li presenta con
una serie di esempi esplicativi. Le categorie non rientrano nel campo
dell’affermare e del negare, pur essendone il fondamento.
Categorie, 1b 25-2a 10
[1b] I termini che si dicono
senza alcuna connessione esprimono, caso per caso, o una sostanza, o una
quantità, o una qualità, o una relazione, o un luogo, o un tempo, o l’essere di
una situazione, o un avere, o un agire, o un patire. Orbene, per esprimerci
concretamente, sostanza è, ad esempio, “uomo”, “cavallo”; quantità è “lunghezza
di due cubiti”, “lunghezza di tre cubiti”; qualità è “bianco”, “grammatico”;
relazione è “doppio”, “maggiore”; [2a] luogo è “nel Liceo”, “in piazza”;
tempo è “ieri”, “l’anno scorso”; essere in una situazione è “si trova disteso”,
“sta seduto”; avere è “porta le scarpe”, “si è armato”; agire è “tagliare”,
“bruciare”; patire è “venir tagliato”, “venir bruciato”. Ciascuno dei suddetti
termini, in sé e per sé, non rientra in alcuna affermazione; un’affermazione si
presenta invece quando tali termini si connettono fra loro. Pare infatti, che
ogni affermazione debba essere o vera o falsa; per altro, nessuno dei termini,
che si dicono senza alcuna connessione, ad esempio “uomo”, “bianco”, “corre”,
“vince”, è vero oppure falso.
(Aristotele, Opere, vol. I, Laterza, Bari, 1973, pagg. 7-8)