Dopo aver
fatto riferimento ai quattro “predicabili” (la definizione, il proprio di
qualcosa, il genere e l’accidente), Aristotele elenca i generi dei predicati,
cioè le categorie. I predicabili sono definiti elementi costitutivi della
proposizione. In relazione ad essi sono possibili dieci categorie.
Topici, 103b 20-38
1 [103b] Dopo di ciò bisogna dunque definire
i generi dei predicati, nei quali sono presenti i quattro predicati
sopraddetti. Essi generi sono, quanto al numero, dieci: essere il ciò che
qualcosa è, essere di una certa quantità, di una certa qualità, in una certa
relazione, in qualche luogo, in qualche tempo, in una certa posizione, avere
qualcosa, fare qualcosa, subire qualcosa. E infatti sempre l’accidente e il
genere e il proprio di qualcosa e la definizione saranno compresi in uno di
questi predicati, dato che tutte le posizioni costituite mediante questi ultimi
indicano o il ciò che qualcosa è o l’essere di una certa quantità, o qualità, o
qualcuno degli altri predicati.
2 È chiaro dalle cose stesse che chi indica
il ciò che qualcosa è qualche volta indica l’essere, qualche volta l’essere di
una certa quantità, qualche volta l’essere di una certa qualità e qualche volta
qualcuno degli altri predicati. E infatti quando, essendo proposto un uomo come
oggetto, uno dica che l’oggetto propostogli è l’uomo o vivente,
dice il ciò che è e indica l’essere di quello. Quando invece,
essendo proposto come oggetto un colore bianco, uno dica che l’oggetto propostogli
è bianco o colore, dice il ciò che è e indica la
qualità. E ugualmente anche se, essendo proposta come oggetto una grandezza
di un cubito, dica che l’oggetto propostogli è una grandezza di un
cubito, dice il ciò che è e indica la quantità, e parimenti
per le altre cose; infatti ciascuna delle simili cose, sia che si dica essa di
se stessa, sia che di essa si dica il genere, essa indica il ciò che è; quando
invece essa si dica di altro, allora non indica il ciò che è, ma la quantità,
la qualità o uno degli altri predicati.
(Aristotele, I
Topici, Loffredo, Napoli, 1974, pagg. 93-94)