Ovvero,
come Adorno profetizzò l'incombere della moderna musica leggera
La storia dell'evoluzione musicale più recente non tollera più la "significativa consistenza dei contrari". Fin dal decennio eroico - gli anni della prima guerra mondiale - essa è, in tutta la sua ampiezza, storia di decadenza, involuzione tradizionalistica.[...] Non altrimenti la musica radicale reagì in origine contro la depravazione commerciale dell'idioma tradizionale: ostacolò cioè l'espansione dell'industria culturale nel suo dominio. [...] Con la strapotenza dei meccanismi di distribuzione, di cui dispongono il Kitsch ed i beni culturali ormai liquidati, e con la predisposizione degli ascoltatori che si era determinata grazie ad un processo sociale, la musica radicale era caduta, nel tardo industrialismo, nell'isolamento completo. Ciò diventa, per gli autori che vogliono vivere, il pretesto morale-sociale per una pace fittizia: si delinea un tipo di stile musicale che, pur continuando a tendere al serio e al moderno, si assimila alla cultura di massa in virtù di una calcolata puerilità.
(Th. W. Adorno, Filosofia della musica moderna, Torino, Einaudi, 1963, pp.11-12)