Aristotele, nome e verbo (De interpretatione)

 

Occorre stabilire, anzitutto, che cosa sia nome e che cosa sia verbo, in seguito, che cosa sia negazione, affermazione, giudizio e discorso. Dunque, i suoni della voce sono simboli delle affezioni che hanno luogo nell’anima, e le lettere scritte sono simboli dei suoni della voce. Allo stesso modo poi che le lettere non sono le medesime per tutti, così neppure i suoni sono i medesimi ; tuttavia, suoni e lettere risultano segni, anzitutto, delle affezioni dell’anima, che sono le medesime per tutti e costituiscono le immagini di oggetti, già identici per tutti. […]. D’altro canto, come nell’anima talvolta sussiste una nozione, che prescinde dal vero o dal falso, e talvolta invece sussiste qualcosa, cui spetta necessariamente o di essere vero o di essere falso, così avviene pure per quanto si trova nel suono della voce. In effetti, il falso ed il vero consistono nella congiunzione e nella separazione. […]. Ciò è provato dal fatto, ad esempio, che il termine becco-cervo significa bensì qualcosa, ma non indica ancora alcunché di vero o di falso, se non è stato aggiunto l’essere oppure il non essere, con una determinazione assoluta o temporale. Il nome è così suono della voce, significativo per convenzione, il quale prescinde dal tempo ed in cui nessuna parte è significativa, se considerata separatamente. [...] I verbi, come tali, detti per sé, sono dunque nomi e significano qualcosa (chi li dice arresta infatti il suo animo, e chi ascolta acquieta il proprio), ma non significano ancora se questo qualcosa è o non è. In effetti, l’essere o non essere non costituisce un segno dell’oggetto, neppure quando tu dica per sé, semplicemente come tale : ciò che è. Ciò che è, difatti, in sé non è nulla, ma esprime ulteriormente una certa congiunzione, che non è possibile pensare senza i termini congiunti. [...] Ogni discorso è poi significativo, non già alla maniera di uno strumento naturale, bensì, secondo quanto si è detto, per convenzione. Dichiarativi sono, però, non già tutti i discorsi, ma quelli in cui sussiste un’enunciazione vera oppure falsa. […] la preghiera, ad esempio, è un discorso, ma non risulta né vera né falsa. […] Il discorso dichiarativo spetta invece alla presente considerazione. [...] L’affermazione è il giudizio, che attribuisce qualcosa a qualcosa. La negazione è invece il giudizio, che separa qualcosa da qualcosa. […] risulterà così possibile sia negare tutto ciò che qualcuno ha affermato, sia affermare tutto ciò che qualcuno ha negato. E’ dunque evidente, che ad ogni affermazione risulta contrapposta una negazione, e ad ogni negazione un’affermazione. E la contraddizione dovrà considerarsi appunto questo, ossia l’affermazione e la negazione contrapposte. Dico d’altronde che un giudizio si contrappone ad un altro, se afferma o nega una medesima determinazione rispetto ad un medesimo oggetto. [...] Poiché tra gli oggetti alcuni sono universali, altri invece singolari (chiamo universale ciò che per natura si predica di parecchi oggetti, e per contro singolare ciò che non si predica di parecchi oggetti: uomo, ad esempio, fa parte degli oggetti universali, mentre Callia fa parte di quelli singolari), è così necessario dichiarare che qualcosa appartiene, o non appartiene, ora ad un oggetto universale ed ora ad un oggetto singolare. Se qualcuno dichiarerà dunque che qualcosa appartiene, e d’altro lato che non appartiene, ad un oggetto universale, presentato in forma universale, tali giudizi risulteranno contrari. […]: ogni uomo è bianco, nessun uomo è bianco. […] Orbene, dico che un’affermazione è contrapposta in modo contraddittorio ad una negazione, quando una di esse esprime un oggetto in forma universale, e l’altra esprime lo stesso oggetto in forma non universale, ad esempio: ogni uomo è bianco - qualche uomo non è bianco; nessun uomo è bianco - qualche uomo è bianco. Dico invece che un’affermazione è contrapposta in modo contrario ad una negazione, quando sia l’affermazione che la negazione presentano l’oggetto in forma universale, ad esempio: ogni uomo è giusto - nessun uomo è giusto. Non è possibile perciò, che tali giudizi contrari siano veri al tempo stesso […] In tutte le contraddizioni, d’altro canto, che si riferiscono ad un oggetto universale, presentato in forma universale, è necessario che uno dei giudizi sia vero e l’altro falso; del pari avviene per tutte le contraddizioni, che si riferiscono ad un oggetto singolare, ad esempio: Socrate è bianco - Socrate non è bianco.

 

(Aristotele, De interpretatione, passim)