Aristotele, sulla filosofia
Fu chiamata sapienza nel senso che è una specie di chiarezza, in quanto chiarisce ogni cosa. Questa chiarezza è stata così chiamata, in quanto è qualcosa di luminoso, dalle parole che esprimano luce, per il fatto che porta alla luce le cose nascoste. Poiché, dunque, le realtà intelligibili e divine, come dice Aristotele, anche se sono chiarissime nella loro essenza, a noi sembrano tenebrose e oscure in causa della caligine corporea gravante su di noi, chiamarono a ragione sapienza la scienza che ci porta alla luce quelle realtà. [...]
Si faccia l’ipotesi di uomini che avessero sempre abitato sotto terra in dimore splendide e ben illuminate, e inoltre abbellite da statue e da quadri e provviste di tutte le suppellettili possedute in copia da coloro che sono giudicati ricchi. E si supponga che costoro, per altro, non fossero mai usciti sulla terra, ma fossero stati informati da notizie e da testimonianze dirette dell’esistenza di una divina potenza causatrice. E che, poi, a un dato tempo, spalancatesi le fauci della terra, essi fossero potuti da quella dimora recondita fuggire e salire in queste terre abitate da noi. E, a un tratto, avessero visto terra, mare e cielo e si fossero fatta un’idea dell’imponenza delle nubi e dell’impeto dei venti, e avessero fissato il loro sguardo sul sole e ne avessero conosciuto tanto l’ampiezza e lo splendore, quanto del pari la potenza, per il fatto che è causa del giorno mediante la diffusione della sua luce in tutto il cielo; quindi, dopo che la notte aveva oscurato la terra, essi godessero la vista di tutto il cielo ricamato e ornato di astri, e delle fasi luminose della luna crescente e calante; e ancora del sorgere e tramontare di tutti questi astri e delle loro orbite stabilite e immutabili in tutta l’eternità. Quando essi vedono questi spettacoli, credono che certamente esistono gli dei e che queste grandi meraviglie sono manifestazioni [opera] degli dei.
(Aristotele, Sulla filosofia)