Per Bacone
le incertezze dell’esperienza empirica si risolvono con l’intervento della
matematica. Il risultato della collaborazione fra la matematica e l’esperienza
è una conoscenza certa, senza dubbi.
Opus maius, IV, Dist. 1, cap. 3
1 Le cose piú note per natura vengono da noi
male e imperfettamente conosciute, perché il nostro intelletto sta di fronte a
quelle cose, che sono chiare per natura, come l’occhio del pipistrello di
fronte alla luce del Sole, come dice Aristotele nel libro II della Metafisica;
cosí sono in grado massimo Dio e gli angeli, e la vita futura e le cose celesti
e le altre creature piú nobili delle altre, perché quanto piú nobili sono,
tanto meno ci sono note. Son queste cose ad essere dette note per natura e
assolutamente. Dunque, per opposizione, quando le stesse cose son note per noi
e per natura, abbiamo risultati molto buoni intorno alle cose note per natura e
intorno alle cose che sono nella natura, e possiamo venire in contatto con esse
per conoscerle compiutamente.
2 Ebbene, solo nelle cose matematiche, come
dice Averroè, s’identificano le cose note per noi e quelle note per natura o
assolutamente. Dunque nella matematica cogliamo compiutamente quelle cose che
sono note per noi e quelle che son note per natura e assolutamente. [...]
3 Dato che ciò non è possibile nelle altre
scienze, è chiaro che la matematica è piú nota; e pertanto la genesi del nostro
conoscere va collocata in essa.
4 Nella matematica possiamo pervenire ad una
verità piena senza errore e alla certezza di tutto senza dubbio, perché in essa
è possibile avere una dimostrazione per mezzo della causa propria e necessaria.
[...] E similmente in essa si trova l’esempio sensibile per tutte le cose e
l’esperienza sensibile, facendo figure e numerando, affinché sia tutto chiaro
al senso; ma nelle altre scienze, escluso l’ausilio della matematica, vi sono
tanti dubbi, tante opinioni, tanti errori da parte dell’uomo [...], perché
nelle cose naturali, a causa della generazione e corruzione delle proprie cause
come degli effetti, non si ha necessità. Nelle cose metafisiche non si può fare
la dimostrazione se non per effetto, come le spirituali si dimostrano per mezzo
delle corporee e il Creatore per mezzo della creatura [...]. Nella sola matematica
si hanno le migliori dimostrazioni attraverso la causa necessaria. E perciò
soltanto nella matematica può l’uomo dal valore di quella scienza arrivare alla
verità [...].
5 Pertanto è chiaro che, se nelle altre
scienze dobbiamo arrivare alla certezza indubitata e alla verità senz’errore,
bisogna che poniamo i fondamenti della conoscenza nella matematica; anche da
parte dell’uomo si può dimostrare ciò: la conoscenza umana va dal senso
all’intelletto, e proprio la quantità è massimamente sensibile.
6 Non bisogna esporre le scienze con
argomenti dialettici e sofistici, come si fa comunemente; ma attraverso le
dimostrazioni matematiche, che vengono applicate nelle verità e nelle
trattazioni delle altre scienze.
(Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1966, vol. V,
pagg. 574-575)