Il
filosofo inglese, dopo aver rifiutato l’autorità degli antichi in nome della
luce che viene direttamente dalla natura, condanna la filosofia per essere
stata un sapere sterile, finalizzato non alla verità ma alle discussioni e alle
dispute.
F. Bacon, Temporis partus masculus
Nella sua
grande enciclopedia intitolata De dignitate et augmentis scientiarum che
fu pubblicata nel 1623 Bacone traccia questo breve quadro della civiltà del suo
tempo:
Quando
considero le condizioni di questi tempi nei quali la cultura sembra essere
ritornata per la terza volta fra gli uomini e allorché osservo la grandezza e
la varietà dei mezzi e degli strumenti di cui essa è fornita, la profondità e
l’altezza dei molti ingegni di questa epoca, le opere ammirevoli degli antichi
scrittori che splendono dinanzi a noi come faci, l’arte della stampa che
distribuisce generosamente i libri agli uomini di qualunque condizione, il seno
ormai dischiuso dell’Oceano e il mondo percorso da un capo all’altro onde è
stata portata a nostra conoscenza una quantità di esperimenti sconosciuti agli
antichi e si è grandemente arricchita la storia naturale... la pace di cui
godono la Gran Bretagna, la Spagna l’Italia, la stessa Francia e non poche
altre regioni... quando penso a tutto questo, non posso fare a meno di esser
trasportato dalla speranza che questa terza epoca del sapere supererà di gran
lunga le due epoche precedenti che si verificarono presso i Greci e presso i
Romani.
Ma per
realizzare questa “speranza”, per dar luogo a questa nuova età era anche
necessario chiarire e approfondire le ragioni, le cause, i motivi del
fallimento di tutto il sapere tradizionale. Di fronte alle filosofie del
passato è necessario assumere un atteggiamento di netto rifiuto: cercare di
richiamare in vita la scienza dalle “tenebre dell’antichità” invece che dalla
“luce della natura” appare a Bacone errato e colpevole. Nella critica alla
tradizione non si tratta quindi di andar confutando i singoli errori e le
singole menzogne, non si tratta di gettarsi nella mischia e nella lotta tra le
varie scuole o “sètte” filosofiche prendendo le difese di una delle parti in
lotta, ma occorre disperdere di colpo le tenebre che i secoli hanno addensato e
rendersi conto che la accanita lotta che vien condotta dalle varie scuole
filosofiche è solo una lotta di “larve” e di “ombre”, di una “turba venale di
professori”. Dal punto di vista di questa decisa rottura con il passato tutte
le filosofie trascorse possono, in qualche modo, esser poste sullo stesso
piano; sono tutte degne delle stesse accuse e soggiacciono allo stesso tipo di
critica. La nuova filosofia che dovrà sostituirsi ad esse non potrà piú
muoversi sul loro stesso terreno, non potrà piú accettare i loro principî, i
loro presupposti, i loro argomenti, le loro dimostrazioni; dovrà essere la
conseguenza di un nuovo atteggiamento dell’uomo di fronte alla natura, e questo
atteggiamento nuovo richiederà un nuovo concetto di verità, una nuova moralità
ed una nuova logica.
La dura condanna
di Bacone ha in realtà il tono di una condanna morale. Di quale colpa si sono
resi rei i filosofi del passato? Essi, secondo il nostro Lord Cancelliere,
hanno peccato di superbia intellettuale trasformando la filosofia da paziente e
umile indagine delle “cose” e della natura in uno strumento raffinato di
prevalenza nelle discussioni e nelle dispute. Il sapere filosofico è diventato
cosí tutto verbale, sterile di opere, si è confessato incapace di trasformare
il mondo. Questa sterilità, d’altro lato, è appunto la conseguenza della
duplice pretesa che i Greci lasciarono in eredità al genere umano: la pretesa
di sostituire perfette costruzioni di parole ai faticosi tentativi di sfogliare
le pagine del gran libro della natura e la pretesa di rinchiudere per sempre,
entro una dottrina particolare, la universalità del metodo e la totalità della
natura. La filosofia, quel tipo di filosofia, ha quindi una grande
responsabilità: quella di aver distolto gli uomini dalla riflessione sulle cose
per costringerli ad una sterile riflessione sull’interiorità. In questo modo
essa ha posto la contemplazione al posto delle opere, è diventata una scuola di
rassegnazione invece che uno strumento di possibilità di nuove per il genere
umano.
Il pensiero di F. Bacon,
a cura di P. Rossi, Loescher, Torino, 1974, pagg. 4-6