Bacon espone in queste pagine la
sua teoria sugli idola
(i pregiudizi) che occupano la mente umana e le rendono difficile “l’accesso
alla verità”.
F. Bacon, Novum Organon,
I, XXXVIII-XXXIX, XLI-XLIV
XXXVIII Gli
idoli e le false nozioni che penetrarono nell’intelletto umano fissandosi in
profondità dentro di esso, non solo assediano le menti umane in modo da rendere
difficile l’accesso alla verità, ma addirittura (una volta che quest’accesso
sia dato e concesso) di nuovo risorgeranno e saranno causa di molestia nella
stessa instaurazione delle scienze: almeno che gli uomini, preavvertiti, non si
agguerriscano, per quanto è possibile contro di essi.
XXXIX
Quattro sono le specie degli idoli che assediano le menti umane. Per farci
intendere abbiamo imposto loro dei nomi: chiameremo la prima specie idoli della
tribú; la seconda idoli della spelonca; la terza idoli del mercato; la quarta
idoli del teatro.
XLI Gli
idoli della tribú sono fondati sulla stessa natura umana e sulla stessa tribú o
razza umana. Pertanto si asserisce falsamente che il senso umano è la misura
delle cose ché al contrario tutte le percezioni, sia del senso sia della mente,
derivano dall’analogia con l’uomo, non dall’analogia con l’universo. Rispetto
ai raggi delle cose l’intelletto umano è simile a uno specchio disuguale che
mescola la sua propria natura a quella delle cose e la deforma e la travisa.
XLII Gli
idoli della spelonca sono idoli dell’uomo in quanto individuo. Ciascuno infatti
(oltre alle aberrazioni proprie della natura in generale) ha una specie di
propria caverna o spelonca che rifrange e deforma la luce della natura: o a
causa della natura propria e singolare di ciascuno, o a causa dell’educazione e
della conservazione con gli altri, o della lettura di libri e dell’autorità di
coloro che si onorano e si ammirano, o a causa della diversità delle
impressioni a seconda che siano accolte da un animo preoccupato e prevenuto o
calmo ed equilibrato. Cosicché lo spirito umano (come si presenta nei singoli
individui) è cosa varia e grandemente mutevole e quasi soggetta al caso. Perciò
giustamente affermò Eraclito che gli uomini cercano le scienze nei loro mondi
particolari e non nel piú grande mondo a tutti comune.
XLIII Vi
sono poi gli idoli che derivano quasi da un contratto e dalle reciproche
relazioni del genere umano: li chiamiamo idoli del mercato a causa del
commercio e del consorzio degli uomini. Gli uomini infatti si associano per
mezzo dei discorsi, ma i nomi vengono imposti secondo la comprensione del volgo
e tale errata e inopportuna imposizione ingombra in molti modi l’intelletto.
D’altra parte le definizioni o le spiegazioni, delle quali gli uomini dotti si
provvidero e con le quali si protessero in certi casi, non sono in alcun modo
servite di rimedio. Anzi le parole fanno violenza all’intelletto e confondono
ogni cosa e trascinano gli uomini a controversie e a finzioni innumerevoli e
vane.
XLIV Vi
sono infine gli idoli che penetrano negli animi degli uomini dai vari sistemi
filosofici e dalle errate leggi delle dimostrazioni. Li chiamiamo idoli del
teatro perché consideriamo tutte le filosofie che sono state ricevute o create
come tante favole presentate sulla scena e recitate che hanno prodotto mondi
fittizi da palcoscenico. Non parliamo solo dei sistemi filosofici che già
abbiamo o delle antiche filosofie e delle antiche sètte perché è sempre
possibile comporre e combinare moltissime altre favole dello stesso tipo: le
cause di errori diversissimi possono essere infatti quasi comuni. Né abbiamo
queste opinioni solo intorno alle filosofie universali, ma anche intorno a
molti princípi e assiomi delle scienze che sono invalsi per tradizione,
credulità e trascuratezza.
(Il pensiero di F. Bacon, a
cura di P. Rossi, Loescher, Torino, 1974, pagg. 114-117)