Bergson illustra in questo brano la nozione di slancio vitale, criticando
come riduzionismo ogni forma di finalismo e determinismo nell’interpretazione
della realtà.
È necessario comparare la vita ad uno slancio, perché nessun'altra
immagine, tratta dal mondo fisico, vale a esprimerne con altrettanta
approssimazione l'essenza. Tale è la mia vita interiore e tale è pure la vita
in generale. Se, nel suo contatto con la materia, la vita è paragonabile a un
impulso o a uno slancio, considerata in se stessa, essa è un'immensità di
virtualità, un compenetrarsi reciproco di migliaia di tendenze: le quali,
tuttavia, saranno " migliaia " solo quando verranno rese esteriori le
une alle altre, ossia spazializzate. Allo stesso modo, di un sentimento poetico
esprimentesi in strofe, in versi, in parole distinte, si può dire che esso
conteneva in sé tale molteplicità di elementi particolari, e che tuttavia, chi
l'ha prodotto è stata la materialità del linguaggio. Ma attraverso le parole, i
versi, le strofe, circola l'ispirazione indivisibile che costituisce l'unità
del poema […]
Il finalismo radicale è altrettanto inaccettabile. Nella sua forma
estrema la dottrina della finalità riposa sul postulato che le cose e gli
esseri non facciano che attuare un piano prestabilito. Qui, come nell'ipotesi
meccanicistica, tutto è dato. E perciò il finalismo così inteso non è che un
meccanicismo rovesciato. Esso muove dallo stesso postulato del meccanicismo,
con questa sola differenza: che, nella corsa delle nostre intelligenze finite
lungo la successione apparente delle cose, esso pone davanti a noi, anziché
dietro, la luce con cui pretende di guidarci. All'impulso del passato esso
sostituisce un'attrazione dell'avvenire: ma la successione resta ugualmente, come
la cosa stessa, una mera apparenza.
Bergson, L'evoluzione creatrice