Dopo avere esaminato il processo
di formazione delle idee, Berkeley giunge alla conclusione che la “meravigliosa
facoltà” di astrarre le idee non esiste, perché ogni idea rimane sempre legata
all’esperienza empirica.
G. Berkeley, Trattato sui
princípi della conoscenza umana, Disegno dell’Introduzione
Se altri abbiano questa
meravigliosa facoltà d’astrarre le loro idee, essi possono dirlo meglio di
tutti. Quanto a me, oso confessare di non averla, e sono incline a pensare che
alcuni di quelli che immaginano di godere di tal privilegio, se riguardassero
con precisione nei loro pensieri, troverebbero che ne mancano tanto quanto me.
Giacché ci fu un tempo in cui, giocato e ingannato dalle parole, io non avevo
il minimo dubbio di avere quel privilegio. Ma dopo un rigoroso esame delle mie
capacità, io non solo scopro la mia deficienza su tale punto, ma anche
non riesco a concepire possibile che un tal potere sia nell’intelletto anche
piú perfetto ed esaltato. Trovo che ho la facoltà di immaginare, concepire o
rappresentarmi le idee di quelle cose particolari che ho percepito, e di
variamente comporle e dividerle. Riesco a immaginare un uomo con due teste, o
le parti superiori di un uomo unite al corpo di un cavallo. Riesco a considerare
la mano, l’occhio, il naso ciascuno per sé isolato e separato dal resto del
corpo. Ma allora, qualunque occhio o naso io immagini, esso deve avere una
particolare forma e colore. L’idea di uomo che io mi formo deve essere o di un
uomo bianco, o di uno nero, o di uno rosso, diritto o storto, alto o basso o di
media taglia. Io non posso con uno sforzo di immaginazione formarmi un’idea di
uomo prescindente da tutti i particolari e che non abbia niente di particolare
in sé. Per la mia vita! Non riesco a comprendere le idee astratte.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pag. 713)