Berkeley professa un empirismo
radicale, che lo avvicina alla tradizione iniziata da Hobbes e continuata da
Locke: tutte le nostre idee derivano dalle sensazioni.
G. Berkeley, Trattato sui
princípi della conoscenza umana, Parte prima
È evidente a ognuno che dia uno
sguardo agli oggetti dell'umana conoscenza, che essi sono o idee impresse
presentemente dai sensi, o quali sono state percepite facendo attenzione alle
passioni e operazioni della mente, o finalmente idee formate con l'aiuto della
memoria e dell'immaginazione, o componendo e dividendo, o semplicemente
rappresentando quelle originalmente percepite nelle maniere anzidette. Con la
vista io ho le idee della luce e dei colori con i loro diversi gradi e
variazioni. Con il tatto percepisco, per esempio, il duro e il molle, il caldo
e il freddo, il movimento e la resistenza, e di tutte queste cose il piú e il
meno per la quantità e per il grado. L'odorato mi fornisce di odori; il palato
di gusti, e l'udito porta i suoni alla mente in tutta la loro varietà di tono e
di composizione. E come parecchie di queste idee si osserva che si accompagnano
l'una all'altra, vengono ad essere segnate con lo stesso nome, e cosí ad essere
reputate come una cosa sola. Per esempio, poiché si è osservato che un certo
colore, gusto, odore, figura e consistenza vanno insieme, sono state
considerate per una sola cosa distinta da altre e significata con il nome mela.
Altre collezioni di idee costituiscono una pietra, un albero, un libro, e
simili cose sensibili; le quali, secondo che siano piacevoli o sgradevoli,
eccitano le passioni di amore, odio, gioia, dolore, e cosí via.
(Grande Antologia Filosofica,
Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pag. 716)