Bettetini, Comunicazione e interpretazione

Il passo che riportiamo è tratta da La conversazione audiovisiva, il libro in cui il semiologo Gianfranco Bettetini espone il suo modello teorico. Il saggio è espressione del dibattito che nei primi anni Ottanta coinvolge gli studi sulla comunicazione e che è relativo alla possibilità di pensare al testo come a una zona di incontro e di interazione tra tutto ciò che in esso è attivo e il lettore. Una simile ipotesi, da una parte libera il testo dal vincolo del significato oggettivo e univoco facendo risaltare l’importanza del lavoro interpretativo, dall’altra però predispone la crisi dell’idea stessa di verità e il suo superamento proprio nell’interpretazione (come molti autori della corrente ermeneutica in quegli anni sostengono). Bettetini, in un simile contesto, pur sforzandosi di accettare la nuova scena teorica, prova a difendere il concetto tradizionale di verità usando polemicamente il concetto di nominalismo iconico per indicare la posizione teorica di che invece intende liquidarlo.

 

La nuova situazione del consumo audiovisivo ha invece sostituito la nozione di immaginario con quella di una pura e semplice registrazione di accadimenti, di un accumulo ipertroficamente progressivo di notizie e di dati, tutti equivalenti, tutti omogeneizzati dalla quantità e dall’inserimento in un flusso temporale continuo e inarrestabile. Il corpo-sapere del soggetto dell’enunciazione è esploso o, meglio, ha assunto l’informe aspetto di una trascrizione universale, di una registrazione continua di fenomeni e di eventi, di una moltiplicazione speculare. Il saper-essere si riduce ad un accumulo non razionalizzabile di dati; il saper-fare, allora, si trasforma in un gioco, spesso pigro e passivo con simulacri privi di senso. La nozione di memoria collettiva, ora praticata, si distacca da ogni funzione immaginativa e assume sempre più la forma del magazznino di dati, del repertorio di conoscenze non strutturate: il sapere-memoria del nuovo consumo audiovisivo ha le stesse caratteristiche della memoria informatica, della memoria del calcolatore. Il corpo del soggetto enunciatore, sia empirico sia simbolico, si è suddiviso in una costellazione di stimoli consumati casualmente; il corpo del soggetto destinatario si è ridotto allo “hard-ware” di una macchina registratrice, il cui “soft” potrebbe essere programmato solo da un soggetto consapevole e capace di rigorose selezioni già nella fase di ingresso dei dati[1]. La rinuncia al controllo, la disponibilità al trascinamento nel flusso dei simulacri schermici, possono comportare non solo il distacco da un rapporto diretto e organico con la realtà, ma una curiosa trasformazione dello stesso rapporto con il significante audiovisivo. La testualità tipica del cinema tradizionale e della televisione delle origini comportava comunque, già lo si è detto, una dialettica continua fra fiducia acritica e consapevolezza, fra illusione e smontaggio di finzione; oggi questo problema appare come superato, perché non si pone più alcun interesse ai meccanismi della finzione e si vivono le immagini, i segni, non tanto nel loro riferimento a una realtà rappresentata o comunque coinvolta, quanto nella loro autonomia e nel loro reciproco intreccio[2]. Già si è parlato, a proposito di questa situazione, di “nominalismo iconico”, di riduzione dell’icona, che per Ch.S.Peirce era il segno dell’essenza, al ruolo di simbolo, di segno arbitrario: queste icone si costruiscono allora nell’uso al quale sono sottoposte, oggetti di riferimenti arbitari e immotivati, collocandosi in un complicato mondo possibile, alla cui produzione collabora e addirittura presiede il consumatore. Quando scompaiono i corpi e la realtà, la conoscenza si trasforma in gioco gratuito. I fantasmi non fanno che giocare, ma almeno rispettano un orario di ludica autonomia. La fantasmatizzazione del mondo sta invadendo tutte le ore della giornata comprese quelle del lavoro e del sonno.

 

 



[1]Quanto viene descritto è la trasformazione che il soggetto, l’uomo, subisce nel contesto della nuova cultura dell’informazione e dell’immagine elettronica, In particolare si sottolineano due aspetti di questa trasformazione: la trasformazione del concetto di memoria, che da luogo dell’immaginazione diviene semplice magazzino di dati, e la frantumazione dell’identità del soggetto, che tende a lasciarsi ricomprendere come la somma di una serie di stimoli provenienti dall’esterno,

[2]Ecco il punto che più ci interessa: la realtà attuale dell’immagine tende a risolversi in se stessa senza più rinviare alla realtà, come è tipico della tradizione rappresentativa in Occidente, É a proposito di questo fenomeno che viene utilizzata la categoria del nominalismo iconico: come il nominalismo scolastico  tendeva a considerare gli universali puri nomi, così il moderno nominalismo tende a considerare le immagini come forme di realtà in sé, senza porsi più il problema del rapporto che esse possono o non possono intrattenere con le cose,