40
Puoi
tu prendere con l'amo il leviatano
e con funi legarne la lingua?
Metterai
forse un giunco nelle sue narici
e con un uncino bucherai la sua
mascella?
Ti
porgerà forse molte suppliche,
ti rivolgerà dolci parole?
Stringerà
forse con te un patto,
perché tu lo prenda
qual servo per sempre?
Giocheresti
forse con lui
come un uccelletto, lo
legheresti
per trastullare le tue bambine?
Ne
faranno commercio i soci della pesca,
spartendolo fra i rivenditori?
Forse
crivellerai con dardi la sua pelle
e con fiocina la sua testa?
Mettigli
addosso la tua mano,
pensa alla lotta, non tornerai a
farlo.
41
Ecco la sua speranza
[del cacciatore] è fallita,
ché appena lo vede, è atterrito.
Non v'è cosí ardito che voglia
eccitarlo,
e chi può stare tranquillo
innanzi a lui?
Chi mai lo assalí e ne andò
salvo?
sotto i cieli un tale non v'è!
Né voglio tacere delle sue
membra,
della forza e della meravigliosa
struttura.
Chi mai ha scoperto il suo
manto,
nella doppia sua dentatura chi è
penetrato?
Le porte della sua bocca chi mai
le aperse?
attorno alle sue zanne è il
terrore!
Il suo dorso è di lamine di
scudi,
saldate con forte sigillo,
sono strette l'una con l'altra
e aria non passa fra loro.
L'una con l'altra si combacia,
aderiscono, né si distaccano.
Il
suo starnuto fa risplendere la luce,
gli occhi sono come le ciglia
dell'aurora!
Dalla
sua bocca escono faci,
scintille di fuoco schizzano
fuori.
Dalle
sue narici viene fuori fumo,
come da caldaia riscaldata dal
fuoco;
il
suo respiro accenderebbe i carboni
e una fiamma gli esce dalla
bocca.
Nel collo suo risiede la forza,
e davanti a lui sorge il
terrore!
Le giogaie della sua carne sono
compatte,
salde su di lui, non si muovono,
il suo cuore è duro come pietra,
duro come la mola inferiore.
Quando si alza si spaventano i
valorosi,
dalla costernazione sono fuori
di sé.
La spada che lo assale non
resiste,
non la lancia, o il dardo o il
giavellotto.
Per lui è paglia il ferro, legno
marcio il bronzo;
non lo mette in fuga la saetta,
di stoppa son per lui le pietre
della fionda.
Una canna è per lui la mazza,
se la ride del fragore delle
lance.
Sotto di lui vi son cocci
acuminati,
sono un erpice che scorre sul
pantano.
Fa bollire quale pentola il
gorgo,
riduce il mare come un vaso
d'unguento.
Dietro di sé fa risplendere la
via,
si crederebbe che l'abisso sia
canuto!
Non v'è sulla terra uno a lui
somigliante,
fatto per non aver paura.
Tutti i piú forti lo temono,
egli è il re di tutte le bestie
feroci.
(Giobbe, 40-41)