Remo
Bodei, partendo da metafore utilizzate dallo stesso Hegel, traccia una linea di
demarcazione fra la mentalità kantiana e quella hegeliana. Si deve notare che
anche Kant è tentato dall'avventura nel mare aperto della libertà, ma che egli
non dimentica mai la differenza fra l'altopiano, la pianura e il mare. Mentre
Hegel attenua e annulla le differenze, Kant, al contrario, le sottolinea, e -
per inserirci nella metafora - utilizza mezzi diversi per muoversi nei diversi
ambienti, ma mette in guardia: che non si usino velieri per muoversi
sull'altopiano.
R.
Bodei, Scomposizioni
La
separazione tra saldo regno terrestre della verità e inconsistente dominio
marino dell'apparenza - ossia, nel senso specifico che questi termini assumono
nella Critica della ragion pura, tra “analitica” e “dialettica” - è in
Kant netta e invalicabile. Da un lato la verità, che poggia sulle solide
fondamenta del corretto funzionamento di facoltà umane immutabili, dall'altro
l'apparenza della verità, l'illusione, che fluttua e si dissolve nel nulla non
appena sottoposta al rigoroso esame della critica.
Con
una sorta di navigatio rationis [navigazione della ragione] - che può
essere considerata, secondo i punti di vista, frutto di coraggio, di orgoglio o
di incoscienza - Hegel abbandona la sicurezza della kantiana isola
dell'intelletto, il mondo dell'analitica, delle forme compiute e delimitate del
vero, e affronta i pericoli del “vasto oceano tempestoso” della dialettica. Ma
la “terra della verità” e il marittimo “impero dell'apparenza” non sono per lui
piú separati e nemici. Si presuppongono e si integrano vicendevolmente, seppure
in gradi diversi. La verità non scaturisce infatti intera e compiuta sin
dall'origine: appare e si sviluppa conflittualmente nel tempo. Il dispiegarsi
delle sue manifestazioni è parte integrante della forma a cui, di volta in
volta, perviene.
Hegel
ha definitivamente abbandonato i modelli fondazionistici della verità
filosofica [...]. Essa è in itinere, anche se questo viaggio la conduce,
nel suo allontanarsi, piú vicina a se stessa e, nel suo apparente muoversi nel
tempo, a successive apparizioni e configurazioni dell'eterno. Ha natura
particolare, di sistema, ma aperta in quanto correlata non a evidenze
immediate, puntuali, autoriferenziate, ma a processi e percorsi. [...]
L'uso
frequente di alcune metafore e lo stesso schema geopolitico dell'avanzare delle
civiltà dagli altopiani interni al mare permettono di gettare, immediatamente,
uno sguardo piú penetrante sulla concezione hegeliana della verità e della
dialettica, offrono cioè le precondizioni di intelligibilità di una teoria ben
altrimenti complessa e mostrano, nello stesso tempo, come immagini e concezioni
persistenti - che operano sin dagli ultimi anni di Francoforte - si proiettino
e si articolino nelle opere della maturità.
Alle
metafore architettoniche, per loro natura statiche, Hegel contrappone cosí
quelle nautiche o comunque relative a tormentati percorsi. Definisce la Fenomenologia
dello spirito i propri “viaggi di scoperta” e ne paragona notoriamente le
“figure” a stazioni della via crucis. Considera, di nuovo, la storia
della filosofia come una serie di “viaggi di scoperta” che conducono alla
“presa di possesso del mondo intelligibile” e assimila l'opera dei filosofi -
che rispondono, talvolta senza saperlo, ai problemi posti dai loro predecessori
è all'impresa di “Colombo che scopr' l'America e la scambiò per una parte
dell'Asia”.
Sul
piano geografico, ritiene inoltre che il progresso spinga i popoli a spostarsi
dagli altopiani alle pianure fluviali, e da qui alle zone costiere. Le civiltà
proiettate sul mare - elemento unificante, di apertura all'alterità e
all'universalità - sono considerate le piú evolute e le piú moderne:
rappresentano il terzo e ultimo stadio di evoluzione, quello del commercio e
dell'industria su scala planetaria (che si sovrappone, senza cancellarli, al
nomadismo e all'agricoltura delle fasi precedenti). Da questo punto di vista, e
solo da esso, si potrebbe dire che la forma mentis di Kant - nella sua
lotta per esorcizzare l'indeterminatezza dello scetticismo di Hume e i sogni
della metafisica - è, anche per polemica, tipicamente “agricola”, sedentaria,
interessata alla ripartizione della “fertile bassura dell'esperienza”, eppure
già sensibile al pericoloso fascino marino dell'avventura, al desiderio, tenuto
a freno, di espandere il sapere verso ignoti spazi.
(R.
Bodei, Scomposizioni, Einaudi, Torino, 1987, pagg. 181-182)