Il vero
oggetto della ricerca filosofica è la divinità stessa, anche se, con la nostra
mente, noi possiamo cogliere Dio solo in modo imperfetto. Lo sforzo della mente
per arrivare a Dio divinizza la mente stessa. Non l’anima è nel corpo, ma il
corpo è nell’anima.
G. Bruno, De
gli eroici furori, Dialogo Terzo
Tans. La è oggetto finale, ultimo e
perfettissimo, non già in questo stato dove non possemo veder Dio se non come
in ombra e specchio; e però non ne può esser oggetto se non in qualche
similitudine; non tale qual possa esser abstratta ed acquistata da bellezza ed
eccellenza corporea per virtú del senso; ma qual può esser formata nella mente
per virtú de l’intelletto. Nel qual stato ritrovandosi, viene a perder l’amore
ed affezion d’ogni altra cosa tanto sensibile quanto intelligibile; perché
questa congionta a quel lume dovien lume essa ancora, e per consequenza si fa
un dio: perché contrae la divinità in sé, essendo ella in Dio per la intenzione
con cui penetra nella divinità (per quanto si può), ed essendo Dio in ella, per
quanto dopo aver penetrato viene a conciperla e (per quanto si può) a
ricettarla e comprenderla nel suo concetto. Or di queste specie e similitudini
si pasce l’intelletto umano da questo mondo inferiore, sin tanto che non gli
sia lecito de mirar con piú puri occhi la bellezza della divinitade. Come
accade a colui che è gionto a qualch’edificio eccellentissimo ed ornatissimo,
mentre va considerando cosa per cosa in quello, si aggrada, si contenta, si
pasce d’una nobil maraviglia; ma se avverrà poi che vegga il signor di quelle
imagini, di bellezza incomparabilmente maggiore, lasciata ogni cura e pensiero
di esse, tutto è volto ed intento a considerar quell’uno. Ecco dunque come è
differenza in questo stato dove veggiamo la divina bellezza in specie
intelligibili tolte da gli effetti, opre, magisteri, ombre e similitudini di
quella, ed in quell’altro stato dove sia lecito di vederla in propria presenza.
Dice
appresso: Pascomi d’alt’impresa, perché (come notano gli pitagorici)
cossí l’anima si versa e muove circa Dio, come il corpo circa l’anima.
Cic. Dunque, il corpo non è luogo de l’anima?
Tans. Non; perché l’anima non è nel corpo
localmente, ma come forma intrinseca e formatore estrinseco; come quella che fa
gli membri, e figura il composto da dentro e da fuori. Il corpo dunque è ne
l’anima, l’anima nella mente, la mente o è Dio, o è in Dio, come disse Plotino:
cossí come per essenza è in Dio che è la sua vita, similmente per l’operazione
intellettuale e la voluntà conseguente dopo tale operazione, si referisce alla
sua luce e beatifico oggetto. Degnamente dunque questo affetto de l’eroico
furore si pasce de sí alta impresa.
Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, 1964, vol. VI, pagg. 1381-1382