Il Dhammapada
(“Parole della Legge”) appartiene al gruppo dei cosiddetti “Discorsi minori”
del Buddha, che si ritiene contengano le testimonianze piú antiche e genuine
del suo insegnamento (probabilmente posteriori al III secolo a.C.). Nei
ventisei capitoli che costituiscono l’opera è raccolta la dottrina buddista
nelle sue peculiarità, la piú importante delle quali è senz’altro il carattere
etico ed essenzialmente pratico, avulso da contenuti esoterici.
Riportiamo
per intero il primo capitolo del Dhammapada, nel quale è delineato lo
scopo fondamentale della ricerca, cioè il problema della felicità e della
infelicità, create dalla mente che deve essere opportunamente disciplinata e
purificata attraverso l’uso costante dell’attenzione. Discriminando, dunque,
tra giusto e ingiusto, superando cioè l’opinione errata (ignoranza), e
distinguendo odi e bramosie per oggetti che appartengono al mondo
dell’apparenza, si perverrà all’eliminazione delle cause principali della
sofferenza.
6)
La ricerca della felicità e la purificazione della mente
Nel brano che segue è indicato un momento significativo
del processo e del cammino per giungere alla felicità e alla purificazione
della mente.
Dhammapada, I, 1-20
1
Precorsi dalla mente sono gli elementi,
originati dalla mente, creati dalla mente,
Se con mente corrotta
alcuno parla o agisce,
L’inquietudine lo segue
come una ruota trainata segue il piede.
2
Precorsi dalla mente sono gli elementi,
originati dalla mente, creati dalla mente,
Se con mente pura
alcuno parla o agisce,
La felicità lo accompagna
aderente come un’ombra.
3
Mi insultò, mi maltrattò,
mi sorpassò, mi derubò.
Cosí si impregnano di malevolenza:
di questi l’odio non svanisce.
4
Mi insultò, mi maltrattò,
mi sorpassò, mi derubò.
Ma non albergano malevolenza:
in questi l’odio scompare.
5
Non davvero con l’odiare
svaniranno mai i rancori.
Svaniscono non odiando:
questa è una legge eterna.
6
Altri, anche, non pensano
che cosí andiamo in rovina.
Coloro che a ciò pensano,
calmano i loro litigi.
7
Chi vive contemplando cose piacevoli,
incontrollato nei sensi,
Smodato nel cibo,
indolente e senza energia,
Questi, davvero, è in balía di Maro [Dio del male o del
mondo],
come un’esile pianta lo è del vento.
8
Chi vive contemplando cose spiacevoli,
controllato nei sensi,
Moderato nel cibo,
fiducioso ed energico,
Questi, davvero, non è in balía di Maro,
come un monte roccioso non lo è del vento.
9
Chi indossa la veste gialla [del monaco buddista],
non libero da impurezze mentali,
Senza il dominio della Verità:
questi non merita la veste gialla.
10
Chi, rigettate le impurezze mentali,
controllato nella sua condotta,
Ha il dominio della Verità:
questi, davvero, merita la veste gialla.
11
Considerando l’essenziale nel non essenziale,
e vedendo il non essenziale nell’essenziale,
Non otterranno l’essenziale,
alimentando errati pensieri.
12
Riconoscendo l’essenziale nell’essenziale,
e il non essenziale nel non essenziale,
Otterranno l’essenziale,
alimentando retti pensieri.
13
Proprio come nella dimora mal soffittata
penetra la pioggia,
Cosí nella mente non ben sviluppata
penetra la passione.
14
Proprio come nella dimora ben soffittata
non penetra la pioggia,
Cosí nella mente ben sviluppata
non penetra la passione.
15
Qui si lamenta, dopo la morte si lamenta,
nei due casi si lamenta chi fa il male.
Si lamenta e si affligge
vedendo la impurezza delle sue azioni.
16
Qui gioisce, dopo la morte gioisce,
nei due casi gioisce chi fa il bene.
Gioisce e si rallegra
vedendo la purezza delle sue azioni.
17
Qui si rimorde, dopo la morte si rimorde,
nei due casi si rimorde chi fa il male.
“Sono state commesse da me azioni errate”
ripetutamente si rimorde trovandosi in rovina [Niraya].
18
Qui è felice, dopo la morte è felice,
nei due casi è felice chi fa il bene.
“Sono state fatte da me opere meritorie”
ripetutamente si rallegra, trovandosi beato.
19
Pur recitando continuamente i Testi,
se l’uomo è negligente e inoperoso
Come un bovaro che ha bestiame altrui,
non fa parte della comunità degli adepti [seguaci del
Buddha].
20
Pur recitando raramente i Testi,
se l’uomo vive la legge della Dottrina [Dhamma],
Avendo lasciato bramosie, astii ed illusioni,
conoscendo rettamente con mente ben aperta,
Non attaccato né a questo né all’altro mondo,
egli farà parte della comunità degli adepti.
(Dhammapada, Mondadori, Milano,
1990, pagg. 18-21)