Vladimir
Bukovskij (n. 1942), dissidente sovietico, piú volte arrestato e condannato al
lager, è noto in Occidente soprattutto per essere stato scambiato con il
segretario del partito comunista cileno Corvalàn (1976). Dopo l’esilio in
Occidente, egli ha pubblicato un libro di memorie dal titolo Il vento va e
poi ritorna (1978), ricco di riflessioni originali e profonde. In questa
lettura egli afferma che le idee degli utopisti si sono effettivamente
realizzate, ma nella misura in cui ciò è possibile fra gli uomini. Inoltre il
mito della trasformabilità degli uomini attraverso l’educazione, proprio degli
illuministi del Settecento, ha portato ai lager del XX secolo. Bukovskij
sottolinea infine la carica di violenza che sta dietro alla parola uguaglianza.
V. Bukovskij, Il vento va, e poi ritorna
Con grande interesse continuai a leggere, e mi rilessi tutti i socialisti utopisti, tutti quelli che riuscii a procurarmi. E rimasi sbalordito, in effetti tutte le loro utopie si erano realizzate nel nostro paese! O meglio si erano realizzate per quanto possibile tra gli uomini. Noi semplicemente fummo i piú zelanti e coerenti esecutori di queste utopie. Notate che tutte queste teorie presuppongono degli uomini straordinari, uomini onesti, obiettivi, che si preoccupano del bene comune, chissà dove sono andati a finire tutti i furfanti? Per questo è necessario isolare il nuovo stato dalle influenze esterne, ed eccovi cosí la cortina di ferro.
[...]
E infine, il principio piú importante di tutti gli utopisti: si ritiene sia sottinteso, che gli uomini nati e cresciuti sotto i nuovi ordinamenti saranno completamente diversi, uomini cioè adatti a questo regime. Ecco il loro errore fondamentale: credevano seriamente che l’uomo venga al mondo vuoto come un recipiente e malleabile come la cera, per cui, affermavano, non ci sarebbero stati piú delitti, scontentezza, invidia e cattiveria.
La fiducia straordinaria, ingenua e disumana di tutti i socialisti nella forza dell’educazione ha trasformato i nostri anni di scuola in un tormento, e ha coperto il paese di campi di concentramento. Nel nostro paese educano tutti, piccoli e grandi, e tutti debbono educarsi l’un l’altro. Riunioni, comizi, dibattiti, informazione sulla situazione politica internazionale, sorveglianza, controlli, misure collettive, subbotniki e competizioni socialiste. Per i casi piú difficili, lavoro fisico duro nei campi di concentramento, quello stesso lavoro cui aspirava Tolstoj. E come edificare in altro modo il socialismo? A quindici anni, io già capivo tutto questo. Chiedete anche adesso a un qualsiasi socialista occidentale: che fare in regime socialista con coloro che dissentono? Educarli, risponderà.
[...]
È straordinario, terribile e disumano questo sogno dell’assoluta uguaglianza di tutti. Appena esso s’impossessa delle menti degli uomini, subito sangue a fiumi e montagne di cadaveri, subito si comincia a raddrizzare i gobbi e a scorciare i lunghi.
V. Bukovskij, Il vento va, e poi ritorna,
Feltrinelli, Milano, 1978, pagg. 104-105