Bulgakov, All’intelligencija manca il concetto del peccato

L’antropologia dell’intelligencija si rifà a Rousseau e all’Illuminismo. Le manca il concetto del peccato, che ne rivela l’infantilismo di fondo.

 

S. Bulgakov, L’eroe laico e l’asceta

 

Anzitutto manca il concetto del peccato e il senso del peccato, tanto che la parola peccato suona all’orecchio dell’intellettualoide quasi ugualmente barbara e strana come la parola umiltà. Tutta la forza del peccato, il suo peso tormentoso, la complessità e profondità del suo influsso su tutta la vita umana, in una parola tutta la tragedia della peccaminosità dell’uomo, alla quale nell’eterno piano Divino poteva dare una soluzione solo il Golgota, tutto ciò rimane estraneo alla coscienza dell’intelligencija, che si trova come in un’infanzia religiosa, non al di sopra del peccato ma al di sotto della coscienza di esso. Essa ha creduto, assieme a Rousseau e a tutto l’illuminismo, che l’uomo naturale è buono per natura e che la dottrina sul peccato originale e sulla radicale corruzione della natura umana è un mito superstizioso che non trova nessuna corrispondenza nell’esperienza morale. Perciò non vi deve né vi può essere alcuna cura speciale nel coltivare a personalità (il tanto disprezzato autoperfezionamento), mentre tutta l’energia deve essere interamente spesa nella lotta per migliorare l’ambiente. Dichiarando che la personalità è interamente prodotto di quest’ultimo, a questa stessa personalità affidano il compito di migliorare l’ambiente, similmente al barone di Münchhausen che si tirò fuori dallo stagno afferrandosi per i capelli.

 

AA. VV., La svolta. Vechi, L’intelligencija russa tra il 1905 e il 17, Jaka Book, Milano, 1970, pagg. 52